L'Italo-Americano

italoamericano-digital-2-4-2016

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GIOVEDÌ 4 FEBBRAIO 2016 www.italoamericano.org 23 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | Ma che inverno è? GIORGIO BICOCCHI M a che inverno è? Gli ita- liani hanno scrutato – quasi sorpresi – le immagini diffuse dai network provenienti dalla Costa Est degli Stati Uniti, flagellata, nei giorni scorsi, da tempeste di neve. Ghiaccio sulle strade, talvolta elettricità assente, macchine coperte da centimetri di coltre. Il Generale Inverno alla riscossa, pure col triste corredo di vittime a rimorchio. Immagini e istanta- nee che gli italiani, invece, hanno registrato con sorpresa, in rapporto soprattutto alle attuali condizioni atmosferiche del Belpaese. Con picchi di 16-18 gradi di massima sulle Coste del Sud che registrano, ad esempio, peschi in fiore. La natura stra- volta da un'ondata di caldo ano- malo: non c'è più una notte, ormai, in cui il termometro sprofondi sotto lo zero. I commessi dei negozi di abbigliamento – in fretta e furia – hanno rimesso mano alle vetri- ne. Inutile esibire cappotti, giac- coni: meglio invogliare la clien- tela con impermeabili agili, quasi primaverili. In difficoltà la grande industria della montagna: alberghi con prenotazioni disdet- te, non nevica più e la neve che è caduta è tristemente diventata poltiglia. I termosifoni, dentro casa, sono stati portati a un massimo di diciannove gradi erogabili: l'inquinamento cresce, l'aria diventa irrespirabile nelle grandi città. Per via dell'aria che non punge, delle precipitazioni assenti. Al pari dei venti di tra- montana che potrebbero spazza- re ogni impurità. Macchè, l'in- quinamento è una morsa che aggredisce. E così ecco misure per (provare) a contrastarlo. Domenica 31 gennaio, ad esem- pio, è andato in vigore il blocco totale delle automobili, sia pure parcellizzato in due fasce orarie. Largo alle biciclette – veicoli ecologici per eccellenza – tutti a piedi, provando nuovamente a respirare. Palliativi, inutile negarlo, perché l'inverno non c'è praticamente mai stato: a gennaio, ad esempio, tanto per farvi un'idea, ha fatto freddo per due-tre giorni soltanto. Poi tem- perature sopra la media, con gente che, al Sud, la domenica, ha oziato sulle spiagge, respiran- do aria primaverile. Natura sconvolta – dicevamo – e con essa le coltivazioni. Preoccupazioni in serie di coloro (tanti) che in Italia coltivano la terra, esportando i loro prodotti, vendendoli e vivendo dei rispet- EDITORIALE BREVI RUBRICHE NEWS MAESTRO BRAND ITALIAN SAUSAGE Also served at many of your favorite restaurants! www.maestrosausage.com Find us exclusively at the following retailers: Sorrento Italian Market 5518 Sepulveda Blvd. Culver City, CA 90230 Beef Palace Butcher Shop 5895 Warner & Springdale HunƟngton Beach, CA 92649 The Butchery 415 South Associated Rd Brea, CA 92821 The Butchery 103 E. 17th Street Costa Mesa, CA 92627 The Meat House 23982 Alicia Parkway Mission Viejo, CA 92691 Vicente Foods 12027 San Vicente Blvd. Los Angeles, CA 90049 Roma Italian Deli & Grocery 918 North Lake Avenue, Pasadena, CA 91104 Bay CiƟes Imports 1517 Lincoln Blvd. Santa Monica, CA 90401 Eastside Market Italian Deli 1013 Alpine St. Los Angeles, CA 90012 Eagle Rock Italian Bakery 1726 Colorado Blvd. Los Angeles, CA 90041 CavareƩa's Italian Deli 22045 Sherman Way Canoga Park, CA 91303 Mickey's Deli 101 Hermosa Beach Ave. Hermosa Beach, CA 90254 Grand View Market 12210 Venice Blvd Mar Vista, CA 90291 Venice Ranch Market 425 Rose Ave Venice, CA 90291 tivi proventi. Tutto sconvolto: pochi gli affari dei negozi. A cosa servono scarponi da neve, giacche a vento, sciarpe e guanti? Una volta, quando andavamo a scuola e le stagioni seguivano regolar- mente il loro corso – senza rivolu- zioni – pareva tutto più facile. Anche, e soprattutto, vestirsi. Temperature elevate alimentano invece, all'alba, pericolosi banchi di nebbia. L'altra mattina, dalla terrazza del Gianicolo, dove Roma – quando, c'è il sole, pare un qua- dro – ti pareva di toccare le nuvo- le con un dito. Non si vedeva nulla, c'era solo nebbia. Poi, a mattino inoltrato, grazie a diciotto gradi, tutto è evaporato. Si gira in giacca all'ora di pranzo, se ti infili un giaccone hai caldo e certo non conviene. I giorni della merla, chiamavano le nostre nonne i periodi di fine gennaio-inizio feb- braio. Contraddistinti dal freddo più pungente dell'anno. Quello che ti entrava nelle ossa e ti scuo- teva come fossi un fuscello. Ricordi sbiaditi, ormai. Ci volgia- mo verso la primavera: per un'in- dustria – quella della montagna – che conta i danni e le perdite ce ne sarà un'altra – quella marina – che già si strofina le mani. BARBARA MINAFRA Continua da pagina 1 Quanto vi sentite parte (e partecipi) della comunità italoamericana? spesso è più importante di quel che si è davvero. Abbiamo in fondo, spesso for- tunatamente, la libertà di essere ciò che preferiamo. La domanda per tutti è questa: sentite anche di appartenere a una comunità? Il nostro giornale usa spesso, volutamente, questa parola per una serie di motivi. A partire dal- l'auspicio di contribuire a costruire questo senso di apparte- nenza e aggregazione di interessi culturali e in parte linguistici. Lo facciamo senza dimenticare la storia di un giornale nato per aiu- tare gli emigrati come un salva- gente, dando loro uno spazio e una voce dentro un'altra comu- nità a cui ancora non appartene- vano. Di un giornale che, con il tempo, ha cercato di dare voce a una società italo-americana che si andava costruendo e voleva affermare la propria, nuova, identità di gruppo. Lo facciamo ancora ora che ci sforziamo soprattutto di "ascoltare" quanto arriva dalla trama italoamericana intrecciata profondamente con l'essere americano e coloro che si inseriscono, da nuovi innesti, nel melting pot Usa. Ci sforziamo di essere una rete che filtra, capta, raccoglie e soprattutto condivide quel che ha un cuore, una mente, una radice o un germoglio tricolore. Promuovere questa comunità di interessi parte dal presupposto che esiste questo gruppo, pur se allargato e variopinto, che è accomunato da una serie di ele- menti collettivi in cui ci si rico- nosce. Ciascuno di noi può avere una percezione diversa di questo gruppo, può fornire in base alle esperienze personali e regionali impressioni differenti ma se è indubbio che esista, quel che manca da sapere è se ci si sente parte o meno. Definire il nostro senso perso- nale di appartenenza non è un esercizio di stile. Forse è qualco- sa di istintivo al punto che non si mettono in campo scelte raziona- li oppure, al contrario, si prende una decisione netta e consapevo- le: sì mi riconosco nelle attività, nei momenti e luoghi di incontro della comunità, continuo a sce- gliere prodotti alimentari e ricette ereditate con le abitudini familia- ri, uso o imparo la lingua di Dante oppure no, non mi piac- ciono le occasioni di ritrovo della comunità, non voglio sentirmi in un ghetto, legato a un retaggio, a un'eredità culturale che non ho scelto o non mi interessa. Semplicemente ciascuno può farsi questa domanda per valuta- re il proprio livello di italianità, italoamericanità e americanità. L'Italo-Americano parla a tutti e tre i gruppi o meglio, non vuole creare queste distinzioni. A prescindere dall'identità culturale e linguistica dei suoi lettori, si rivolge a tutti indistintamente per promuovere la conoscenza di quella che comunque è una por- zione numericamente importante nel contesto americano. Non lo si fa con campanili- smo ma per contribuire a non perdere un patrimonio, una memoria, una esperienza ricchi di storia e valore. Se non si cono- sce non si ha nemmeno la possi- bilità di verificare affinità o anti- patie, identificazioni o disconoci- menti, accettazioni e rifiuti. Si perde in fondo un po' di quel fondamentale spirito critico che ci consente di aderire liberamen- te e in piena coscienza, come si fa in un matrimonio, a una condi- zione. Essere o non essere è sì una scelta che legittima entrambe le definizioni a patto però che si conosca di cosa si sta parlando non per sentito dire ma, possibil- mente, per quell'esperienza per- sonale che nella maggior parte dei casi fa davvero la nostra, per- sonale, differenza.

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