Since 1908 the n.1 source of all things Italian featuring Italian news, culture, business and travel
Issue link: https://italoamericanodigital.uberflip.com/i/648480
GIOVEDÌ 3 MARZO 2016 www.italoamericano.org 37 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | CULTURA ARTE LIBRI PERSONAGGI In 'Last words' un testamento che lascia senza parole " Mi hai strappato l'anima. Non ho più ragione di respi- rare. Volevo solo amore. Ho fatto tutto per te. Lavoravo per noi due. Ma tu non sei mai stato con me. Il mio futuro è distrutto, la felicità mi è stata portata via". M orire per amore. O per disinganno, vergogna, paura, solitudine, morire di dolore, di abbandono, per malattia o dis- perazione. Ci sono tante delu- sioni, troppe forze che mancano per sopportare la vita, le respon- sabilità, guardarsi in faccia e affrontare il mondo o un nuovo giorno, per voltare pagina, per es s ere s e s tes s i. M a ci s ono anche tante parole che restano soffocate in gola se qualcuno sceglie quel gesto estremo che è un colpo al cuore della coscienza di ciascuno. "Last words" è una raccolta di found poems. Gabriele Tinti lo ha composto per restituire il lirismo degli istanti ultimi. In una collettanea, in un unico, lungo, doloroso, com- movente, poema della realtà, ha messo insieme le ultime parole di persone comuni che hanno scelto di suicidarsi. Parole orga- nizzate dall'autore in forma di epitaffio collettivo e riportate fedelmente, senza alcuna modifi- ca di comodo, privandole così di qualsivoglia patetico tentativo d'immedesimazione, di finzione, di artificiosità letteraria. Letali, terribili, lucide, scritte come urlo, come grido, in seren- ità, con consapevolezza, in pace. Sono parole che contengono tutta la complessità terribile della vita. Nel loro essere ultime, conclus ione d'ogni comuni- cazione, d'ogni slancio vitale, testimoniano la più autentica dif- ficoltà dell'essere uomini. "Faccenda straziante, crudele, stravolta, faccenda dolorosa, il morire.Esperienza della coscien- za che ne parla prima di viverla. Talvolta ne scrive, ne lascia trac- cia. Altre volte ne comunica a parole. Altre ancora ne tace. In ogni caso sarà per un'ultima volta. Perché la 'realtà' quale noi la s p erimentiamo, non è più accettata. Non è più. Perché da lì in poi c'è soltanto la morte. Che è definitiva. Rapendo ogni cosa, scinde, lacera, finisce, risolve. Perché si è sfondata quella porta per andare di là. Là dove non v'è più coscienza, conoscenza, con- s apev olezza. Là d ove prima c'era tutto, ora più nulla". Ne parla così Gabriele Tinti, autore marchigiano che ha pub- blicato "New York Shots" nel 2011 (Allemandi&C.) e "The w ay of the cros s " nel 2012 (Allemandi&C.) collaborando con l'attore Michael Imperioli, e "All over" nel 2013 (Mimesis Publishing). Il poeta e scrittore Gabriele Tinti ha appena pubblicato "Last Words" (Ph. Sergio Marcelli) I suoi libri sono stati presen- tati al Queens Museum of Art, al Bronx Museum of the Arts di N ew Y ork, alla Triennale di Milano, al Macro e al Museo Nazionale di Roma, al Boston Center for the Arts e al J. Paul Getty Museum di Los Angeles. I suoi libri di poesia sono con- servati nei maggiori centri inter- nazionali: Poets House di New York, Poetry Center di Tucson, Poetry Foundation di Chicago, Poetry Collection di Buffalo e Poetry Library di Londra. Le sue poes ie s ono s tate lette da A les s andro H aber, M ichael Imperioli, Burt Young, Edoardo Ballerini, Franco Nero e Robert Davi. Il libro, "Last words" si apre con un saggio del sociologo e guru dell'era digitale Derrick de Kerchkove che ammette subito la difficoltà di trattare l'argomento: "Tendo a evitare i pensieri sul suicidio. Troppi amici se ne sono andati così. Un tempo l'idea mi s paventava. Tuttora quando sento di qualcuno che si è sui- cidato devo reprimere un brivi- do, un'inquietudine passeggera, ma è tutto. Nondimeno, è una vera s fida s crivere una pre- fazione a ques to libro. H o accettato perché ho conosciuto personalmente almeno trenta amici o colleghi o parenti di questi che si sono tolti la vita. S entivo in qualche modo di dover loro l'attenzione che ques to tragico libro dedica all'ultimo istante riflesso prima del togliersi la vita". Ma de Kerchkove invita il let- tore a non rinunciare al confron- to con il tema: "È una s fida persino leggere attentamente queste parole. Oltre a essere toc- canti e profondamente avvincen- ti, sono anche un invito a fissare la morte negli occhi, qualcosa che a pochi di noi piace fare. La Rochefoucauld scrisse tra le sue celebri massime che "Due cose non si possono guardare in fac- cia: il sole e la morte". L'io lirico, in questo lavoro di Gabriele Tinti che è accompag- nato dalle immagini forti del fotografo statunitense Andres Serrano tratte dalla scandalosa serie "The Morgue", diventa un noi immerso nel panico, nell'an- goscia che si fa disperazione ed infine dramma. Per le persone a cui è stata restituita l'ultima parola, talvolta la ragione del suicidio, il dram- ma è reale, imminente. Accadrà, presto. Il lettore sente il dolore, è palpabile, crudo, sconvolgente. Sapere in anticipo come va a finire, colpisce, disturba, mette in crisi le ragioni che governano la vita quotidiana. Non a caso, nella postfazione che accompagna questa edizione curata da S kira, il filos ofo Umberto Curi mette in evidenza come la relazione interrotta con la vita, anche se altrui, crea uno squilibrio interiore: "Ha ragione Jack London. Se senti arrivare il dolore, fino al punto da sentirti soffocare, non puoi avere dubbi: non è la morte, è la vita. La morte non fa male. Fa male la vita, 'con i suoi spasimi, con le sue terribili sensazioni'". Invita tutti a dare più peso alle sensibilità altrui. I testamenti verbali raccolti da Tinti, scrive Curi, "dovrebbero insegnarci ad ascoltare le parole che ci ven- gono indirizzate finché si è anco- ra in tempo per ascoltarle. Dovrebbero ammonirci a cor- rispondere col logos al logos, anziché lasciare che anche solo una parola si perda come un rim- bombo indistinto". Un richiamo chiaro contro l'imperante indifferenza, il diffu- so egoismo, la sordità di una società superficiale. Il problema è che questi "messaggi nella bot- tiglia" troppo spesso sono "desti- nati a restare senza riscontro, lasciano - dice Curi - chi le legga senza parole". A patto che si abbia la forza di leggerle. Perchè nella maggior parte dei casi si rifugge il fine vita, qualunque esso sia. Eppure servirebbe pensarci, a mente lucida, quando non soffri- amo, quando la morte non ci tocca, per vivere meglio, per ritrovare la strada, per ridare val- ore a tutto quello di cui ci cir- condiamo e di cui spesso ci si rende conto solo quando manca. BARBARA MINAFRA Il sociologo Derrick de Kerchkove nella prefazione: 'È una sfida persino leggere attentamente queste parole'