L'Italo-Americano

italoamericano-digital-3-23-2017

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GIOVEDÌ 23 MARZO 2017 www.italoamericano.org 27 L'Italo-Americano IN ITALIANO | " Il momento dell'arrivo era euforico, poi in un certo qual modo calava il silenzio, per- chè tutti avevano timore di non entrare. La domanda che tutti si facevano era 'Entriamo o non entriamo? Ci fanno passare o no?' Questa è la scena che Maurizio Igor Meta mi ha rac- contato essere quella in cui è ripetutamente entrato nei tanti diari che ha letto, scritti da immi- grati europei che venivano a New York con i piroscafi nel tardo 1800. I sentimenti che hanno pro- vato, di eccitazione e speranza, erano intrecciati con incertezza e timore quando la loro nave si dirigeva verso Ellis Island. Oh, le storie che avevano sentito della grandezza che li attendeva in America! Ma il loro fato era sospeso in aria, doveva essere determinato dagli ispettori del- l'immigrazione. Loro avrebbero esaminato la loro postura, usato le loro dita con invadenza, una forcina, o un allacciascarpe per rivoltare le palpebre del nuovo arrivato per diagnosticare il tra- coma, ed ispezionare le unghie, pelle e scalpo per trovare infezio- ni fungine. Se loro non erano ritenuti fisicamente buoni per passare, sarebbero stati di nuovo deportati al loro paese di origine. La ricerca di Meta è parte importante di un progetto assolu- tamente personale in cui rintrac- cia i passi del suo bisnonno, Domenico Meta, fatti quando lui emigrò attraverso l'Oceano Atlantico da Napoli, Italia, a New York, in terza classe. Come molti immigrati, allora come ora, anche lui cercava una vita migliore. Poiché viaggiare oggi in terza classe non è possibi- le, Meta ha rifatto la migrazione del suo bisnonno attraverso il mare usando un moderno mezzo di trasporto: la nave da carico. Il 19 novembre 2015 si imbarcò su una nave da carico a Napoli, e 21 giorni più tardi, il 9 dicembre 2015, sbarcò a New York. Registrò il suo viaggio da Napoli a New York attraverso poetiche note di diario, fotografie, e filma- ti, tutti finiti nella creazione del suo film documentario intitolato Ellis Island, come nella perfor- mance teatrale che debutterà al Napoli Teatro Festival Italia nel "Cortile delle Carrozze" del Palazzo Reale di Napoli, venerdì 30 giugno 2017. Tutto è cominciato quando Meta ereditò un appezzamento di terreno dal suo bisnonno a San Giorgio a Liri, situato vicino a Montecassino. "Pensai che dove- vo guadagnarmi la terra in qual- che modo", ha detto. Nello sforzo di trovare il suo antenato e capire che uomo era stato, ha comincia- to a cercare il suo nome su siti come LibertyEllisFoundation.org ed Ascendenza.com. Pochi click della tastiera e sul mouse e Meta fu spedito a navigare in un viag- gio nel passato. Dopo un metico- loso confronto tra i registri di immigrazione e gli elenchi dei passeggeri arrivati, Meta ha loca- lizzato sei viaggi, e più recente- mente un settimo, che suo bisnonno fece da Napoli a New York (e viceversa) tra gli anni di 1890 e 1916. "E' come un grande viaggio che è stato molto emo- zionante. Ogni piccola cosa era come un segno, che questa era la strada giusta, che il lavoro che stavo facendo era il lavoro giu- sto" ha detto Meta. Non era la prima volta che Meta tentava di andare a New York, ma come se fosse per destino, tutti i suoi tentativi pre- cedenti erano andati a vuoto. "Per quanto riguarda me, almeno un paio di volte, in passato, sono stato vicino a partire per gli Stati Uniti. In aereo, come tutti. Ma, per un motivo o per un altro, alla fine non sono mai partito. Il tempo riesce sempre a dare una spiegazione autentica degli even- ti che ci capitano: la prima volta doveva essere in questo modo...dovevo salpare!" ha scrit- to nella campagna di crowdfun- ding che ha creato per cercare di raccogliere fondi per il suo pro- getto. Emigrare in America via piro- scafo nel 1800 era senza dubbio lo stesso che viaggiare via nave cargo nel mondo moderno di oggi. Le navi degli emigranti, che in media erano approssimati- vamente lunghe 400 piedi e lar- ghe 42 piedi, portavano fino a 1,500 passeggeri alla volta. Ottocento di loro erano spesso tutti ammassati nella terza classe, che poi è come il suo bisnonno aveva attraversato l'oceano. "Il mare lo conosceva perchè lo vedeva dalla montagna, però la maggior parte di quegli emigranti non conoscevano il mare. Quindi pensate cosa poteva essere!" ha detto Meta. Meta ha richiamato note del diario che ha trovato nella sua ricerca che dipingono storie di balli e divertimento, amicizie e fratellanza nata a bordo. "Quando ci sono tante perso- ne, non è detto che non diventino 'fratelli.' Condividono gli stessi problemi, le stesse paure, le stes- se aspettative" ha detto Meta. Altri racconti rivelano le con- dizioni antigieniche che i passeg- geri di terza classe hanno soffer- to. Anche le provviste più basila- ri, come l'acqua da bere, li mette- vano a rischio. "Quelle navi di una volta, sbattevano a destra e sinistra, su e giù, per cui l'acqua che era nei recipienti di cemento diventava inquinata perchè il cemento si staccava, l'acqua andava a con- Maurizio Igor Meta: "Siamo tutti nati viaggiatori. Apparteniamo alla Terra, non ad una Nazione" tatto con il freddo e quindi diven- tava tutta arruginita. Quindi loro bevevono l'acqua che spesso li faceva stare male." Ha spiegato Meta. Un altro racconto spiega il processo che usavano per sanifi- care i compartimenti di terza classe sulle navi. Di mattina i pas- seggeri erano evacuati dai com- partimenti e cloruro di calcio e zolfo erano usati per "sanificare" le baracche viventi, rendendo l'a- ria troppo tossica da respirare. Costretti a stare fuori sul ponte, i passeggeri prendevano la polmo- nite per il freddo. L'esperienza di Meta, di navi- gare su una nave cargo che era più del doppio della stazza delle navi a vapore per emigrati, e che al massimo tengono solamente tre persone a bordo, era un lontano ricordo delle condizioni antigieni- che e anguste che suo grande nonno aveva dovuto sopportare nel viaggio. "Io tante volte me lo domandavo, 'Mi sto vicinando davvero a lui?' E' diverso il viag- gio, non è uguale. Per quanto può essere cattivo, è sicuramente più accettabile di quello che mangia- vano loro" ha detto Meta. Lui ha preso certe misure per assicurarsi che la sua esperienza fosse il più simile possibile al suo antenato. E' rimasto disconnesso dal suo telefono e da Internet mentre era in mare ed addirittura dopo che è sbarcato. Quando la sua nave attraccava nei porti, lui stava sul molo senza avventurarsi nella città, a parte una volta in cui ha dovuto prendersi cura di un importante problema riferito al suo progetto. Alla fine, anche se i loro viag- gi sono stati diversi, Meta ha incontrato il suo bisnonno, in qualche luogo là nel mezzo. "Non è tanto sul sapere, ma sul sentire." Ha detto: "Ci sono momenti in cui ho avuto dei punti di contatto, in cui mi sono sentito nel posto giusto". Lui ha sentito di averlo incon- trato nell'umidità scomoda del suo abbigliamento che si attacca- va al corpo mentre filmava sul ponte, pioggia fredda ed acqua marittima che schizzano spietata- mente sulla sua pelle nel mezzo di un temporale furioso. A terra, ha sentito che lo aveva incontrato nel congelamento delle punte delle dita mentre armeggiavano con la macchina fotografica, mentre tentava di trovare lo scatto delle linee ferroviarie abbandona- te. Erano le stesse linee di cento anni prima, su cui suo bisnonno lavorò accuratamente per undici ore al giorno, nel freddo gelido della stagione invernale. Lavorare sulla ferrovia era uno dei lavori meno remunerativi, eppure quei miseri $1.00 - $1.50 che il bisnonno guadagnava in America al giorno era più di quello che avrebbe potuto guadagnare a casa. Il progetto di Meta è opportu- no, dato tutto il discorso sull'im- migrazione in corso ultimamente. L'America, e più specificamente, New York, hanno funzionato come un faro di speranza per gli immigranti che venivano da Paesi di tutto il mondo in cerca di sicu- rezza e della mera possibilità di un futuro. I loro viaggi sono diversi, per alcuni di loro oggi sono anche peggiori, ma forse alcuni dei sentimenti che sentono sono gli stessi.. "Quelle persone all'epoca erano disposte a morire pur di vivere. Perchè non riuscivano a vivere dignitosamente nel loro paese e quindi questo è forse un po' il sentimento di coloro che vengono qua. Cercano tutti una vita migliore." Ha detto Meta. "Sia se sono rifugiati che vengo- no da Paesi in guerra per stabilirsi in Europa, sia se sono messicani che attraversano il confine per trovare l'America, "tutti loro stan- no cercando una vita migliore", ha detto Meta. E noi tutti non abbiamo forse il diritto di trovare quella vita? Meta pensa di sì. "Nella mia idea, tutti noi nasciamo, 'viaggiatori'. Apparteniamo alla Terra e non ad una Nazione. È il nostro naturale diritto di muoverci", ha detto. 'Ellis Island Storming' - 5 febbraio, 2016. © Maurizio Igor Meta LA COMUNITÀ DI NEW YORK

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