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GIOVEDÌ 6 APRILE 2017 www.italoamericano.org 25 L'Italo-Americano IN ITALIANO | N on serve dire che man- giare bene è la cosa per cui la mag gior parte degli italiani non sarebbe mai disposta a scendere a compro- messi. Infinite messe in scena hollywoodiane, con pranzi di famiglia simili a banchetti, ha aiutato a consolidare l'immagine collettiva che da tempo abbiamo costruito: essere (discutibilmen- te) autorità mondiali in fatto di mangiare bene e nel miglior modo. E non serve nemmeno dire che non puoi semplicemente mangiar bene senza anche bere bene. Questo potrebbe suonare come l'applicazione della logica di Carroll o un paradosso alla rovescia, ma da noi lo prendia- mo molto seriamente e lo rispet- tiamo doverosamente. Questi valori e queste tradizioni sono trasmessi nelle generazioni più giovani con metodi inesorabili; sono fatti per permeare tutti gli as petti della vita italiana. Chiunque è cresciuto in Italia avrà sentito qualche nonno (più probabilmente i propri nonni) dire che "l'acqua fa male, il vino fa cantare!". Questa passione nazionale che, bona-fide, abbiamo per il mangiare, rappresenta una com- ponente inseparabile del nostro essere italiani. Per questa ragio- ne, tutti gli appas s ionati di autentica cucina italiana a Los Angeles dovrebbero gioire al ricevere la notizia a lungo attesa che Eataly aprirà uno dei suoi giganteschi paradisi culinari a Los Angeles. Stiamo parlando di un merca- to virtualmente interminabile, circondato di ristoranti di alta cucina, negozi di bevande, panetterie, vendite al dettaglio di articoli, una scuola di cucina e molto altro! Tutto questo, ope- rerà sotto lo stesso tetto ed in sintonia con la stessa filosofia: "la ricerca della cucina italiana di alta qualità e sostenibile". Così è come Alex Peirano riassume l'approccio e la missio- ne Slow Food di Eataly. Alex ha lavorato come Specialista del vino italiano ed Educatore a Eataly, sia a New York che a Chicago, insegnando ai consu- matori di beni italiani l'origine del prodotto, lo sviluppo, il rilie- vo culturale. Ci dice che "dieci o quindici anni fa questo concetto che Eataly ora incarna, era fon- damentalmente un'utopia negli Stati Uniti. Nessuno conosceva la robiola o gli agnolotti del Plin o la piadina Romagnola… Ora, la gente lo sa grazie ad Eataly ed ai visionari incaricati del suo sviluppo!" Siamo riusciti anche a metter- ci in contatto con Dino Borri di Eataly, che è stato così gentile da condividere un po' delle sue preziose opinioni sul fenomeno Eataly in Usa. Nel chiedergli il suo incarico ufficiale dentro la società, lui ha però declinato dicendo: "Ma sì, sono solo Dino Borri di Eataly! Noi siamo un po' contro i titoli formali". Al di là degli incarichi (o della loro mancanza), D ino Borri è un motore importante dietro alla crescita e al successo di Eataly negli Stati Uniti. Più in là, nella nostra conversazione si è classificato come "direttore degli acquis ti, s e è cos ì che vuole chiamarlo", ancora rilut- tante nel riassumere il suo ruolo sfaccettato, e spesso creativo, dentro i confini di un titolo così asciutto, sbiadito, bidimensiona- le. Dino è nato a Bra, una picco- la città italiana nella provincia di Cuneo, Piemonte, dove è nato anche Carlo Petrini, fondatore di Slow Food. Quest'ultimo è stato il mentore di Dino, che ha lavo- rato con Slow Food per quasi dieci anni. In questo periodo, Dino ha imparato tutto sulla "filosofia Slow Food e sulla filo- sofia del 'buono, semplice ed equo'". In proposito, specifica, que- sto non vuol sempre dire dover valutare esclusivamente se un produttore è certificato come 'organico' o no. "Ci sono molti piccoli coltivatori e produttori che non hanno la certificazione di 'organico' a causa della loro dimensione o per altre ragioni. Nondimeno molti di loro produ- cono in maniera eccellente". Dino continua a parlare della componente 'equa' della ricetta a tre gradini, come molto candi- damente spiega la sua idea di "equo", che in questo contesto vuol dire che "ogni passo della catena di produzione deve essere equo: i produttori devono essere pagati in misura equa, allo stesso modo i dipendenti dei produttori devono essere pagati equamente, e analogamente le materie prime non devono essere sottopagate. Noi soprintendiamo all'intera catena di produzione per assicu- rare una rigida conformità con gli standard di Slow Food". Quindi cosa possiamo aspet- tarci dalla pros s ima s ede di Eataly a Wes tfield Century City? Innanzitutto possiamo aspettarci che gli standard di eccellenza culinaria summenzio- nati siano alla nostra portata. Questo è un elemento fonda- mentale dell'es perienza di Eataly per Dino, che attribuisce parte del successo sorprendente a New York al fatto che "hanno messo i prodotti in un contesto che li ha resi democratici, cioè li ha resi accessibili a tutti". "Il mondo si sta gradualmen- te muovendo verso il consumo di prodotti di qualità più alta in questa industria. Vediamo le persone che si spostano verso il 'mangiare meno ma mangiare meglio'. Questo essenzialmente Una "Little Eataly" a Los Angeles è quello che vogliamo fare, edu- care il consumatore così che possa capire ed apprezzare la dif- ferenza tra i beni di qualità e quelli che non lo sono". Il tema dell'educazione del consumatore è uno degli elementi più ricor- renti nel modello di business di Eataly. Dino continua a dire che "da un punto di vista gastro-alimen- tare, la California è proprio lo stato Usa con la filosofia 'slow' più vicina a quella che noi incar- niamo, per cui penso che il terri- torio si sintonizzerà perfettamen- te con quello che facciamo noi". Inoltre, ogni sede Eataly negli Stati Uniti si appoggia principal- mente sui produttori locali in partenariato con il gigante italia- no. Dino spera che le notevoli condizioni agricole della California consentano alla sede di Los Angeles di beneficiare della vasta produzione di prodot- ti freschi dei coltivatori locali. "Questo dovrebbe direttamente incrementare la vendita di pro- dotti freschi nel nostro negozio di Eataly a Los Angeles". È evidente che Dino è orgo- glioso del fatto che "Eataly ora è più di un format, Eataly è un concetto." Non solo quello, ma l'impatto sociale sulle aree circo- s tanti è s empre palpabile. "Dovunque apriamo un negozio generiamo valore, creiamo lavo- ro, generiamo traffico. E divenia- mo una destinazione!". Avendo fino a 700 persone assunte in ogni sede, non è difficile imma- ginare quale genere di industria metta in moto una nuova sede di Eataly. Inas pettatamente, Eataly vuole dire molto altro. Come vorrebbe Dino, Eataly è diventa- ta una sorta di "Ambasciata del gusto. Ma questo non solo per- ché il cibo è cultura, il cibo è sto- ria, il cibo è filosofia. A Boston, Chicago e N ew Y ork, s iamo diventati 'laboratori' per un inte- ro universo di eventi culturali che gravitano attorno all'Italia e all'essere italiano; dalla musica all'arte, fondamentalmente qual- siasi cosa che ci rappresenta come eccellenza dentro e fuori la penisola italiana". Per riassumere, ho chiesto a Dino quale parte dell'arrivo di Eataly in una nuova città perso- nalmente lo esalta di più, doman- da alla quale risponde che, a causa della sua natura curiosa, ama "giocare" contrapponendo la qualità estremamente alta della produzione della California con la tradizione italiana di vecchia data, così da offrire ai suoi clien- ti una es perienza veramente unica che unisce il mangiare al fare acquisti. Il risultato sarà qualche cos a da vedere. Comunque, D ino non vede soprattutto l'ora di sapere di più delle persone che produrranno il cibo, "perché alla fine della gior- nata" ci dice "le relazioni umane sono la cosa più importante". Dopo Boston, Chigago e New York, Eataly aprirà uno dei suoi giganteschi paradisi culinari a Los Angeles LA COMUNITÀ DI LOS ANGELES