L'Italo-Americano

italoamericano-digital-4-6-2017

Since 1908 the n.1 source of all things Italian featuring Italian news, culture, business and travel

Issue link: https://italoamericanodigital.uberflip.com/i/807924

Contents of this Issue

Navigation

Page 2 of 51

NEWS & FEATURES PERSONAGGI OPINIONI ATTUALITÀ GIOVEDÌ 6 APRILE 2017 www.italoamericano.org 3 S iamo ciò che mangiamo? O meglio ci riconosciamo in quello che ci nutre? E gli alimenti che portiamo in tavola definiscono le nostre appartenenze, il nostro essere? Il cibo racchiude in sé un con- centrato di rimandi geografici, sociali, culturali e la sua storia ci rivela che la tavola rappresenta da sempre un elemento fonda- mentale di identità. Ovviamente, non è che chiunque mangi un piatto di spaghetti sia o diventi automaticamente italiano ma è vero che difficilmente troverete un italiano che non abbia una lunga consuetudine alimentare legata alla pastasciutta o un pie- montese che non sappia cosa sia il risotto o un napoletano che non abbia addentato una pizza. Ci sono alimenti che fanno parte della cultura di un popolo quanto la lingua, perchè com- pongono la sua memoria senso- riale, affettiva, familiare, sociale. E c'è lo stare a tavola che è il momento in cui le relazioni tra gli individui si consolidano e i ruoli all'interno del gruppo si definiscono. Non è solo un'abi- tudine, una convenzione o un rito: sedersi attorno alla tovaglia apparecchiata è parte della rela- zione con il cibo ed è, fondamen- talmente, condivisione. Se il pranzo e la cena raccol- gono quotidianamente gli appun- tamenti, il resoconto e il bilancio della giornata, la tavola della domenica e quelle imbandite nei giorni di festa hanno valenze ancor più significative nel loro raccogliere la famiglia. Sono i luoghi dove si riuniscono le per- sone, s'incontrano le generazioni, si intrecciano i rapporti, si svilup- pano affetti e riemergono ricordi. Allo stesso modo, il cibo che passa su quelle tavole racconta di antiche vie commerciali, di scambi gastronomici, di ricette che hanno radici in luoghi precisi e nel passato, di contadini che hanno lavorato per secoli i campi e di generazioni di pescatori e allevatori che si sono tramandati il legame con le stagioni e i cicli naturali. La tavola diventa così una descrizione della società di appartenenza, il luogo privilegia- to per manifestare, sviluppare, consolidare e anche ricordare quanto abbiamo alle spalle. Quel che si trova nel piatto racconta la famiglia, le sue abitu- dini, la provenienza, l'educazione con cui si è cresciuti, così come quel che si mangia è strettamente legato alla terra, al mondo in cui è nato e cresciuto, in cui è stato coltivato e lavorato, alla filiera di professioni, alle tradizioni e anche alla sapienza industriale e alla logistica globalizzata che c'è dietro a un prodotto. Il cibo, con i suoi sapori e le sue caratteristiche, riflette un clima, una geografia, un gusto e uno stile di vita. Ed è per questo che quando si assaggia una pie- tanza nuova ci si sente arricchiti dall'esperienza ma poveri di un sapere profondo che invece accompagna un piatto di lasagne o una crostata di mele, cose a cui siamo abituati nel gusto e nel portato culturale. In essi ci rico- nosciamo e soprattutto in essi ritroviamo una memoria aggiun- tiva per cui anche all'estero, pur apprezzando le prelibatezze loca- li, gli italiani finiscono per cerca- re un piatto di pasta persino al Polo Nord, per preferire la bistec- ca ai ferri con un filo d'olio extravergine d'oliva a succulenti hot dog ricoperti di salsa barbe- cue o a nachos immersi nel chili, e per dare qualsiasi cosa pur di bere un caffè espresso. Non si è una tabula rasa di sapori e si ha sempre una memo- ria culinaria che inevitabilmente influisce sul giudizio e sullo stare bene in un luogo lontano da quello in cui si è cresciuti o si è vissuti per tanto tempo. Per quanto si possa apprezza- re un cibo esotico, ritrovare nell'alimentazione qualcosa di familiare, di rassicurante, fa stare meglio. Senza contare l'aspetto affettivo che in molti casi gioca un ruolo determinante. Per cui, pur se ci si sente a proprio agio in un contesto alimentare diffe- rente da quello originario, ritro- vare un sapore antico, noto, tra- smette qualcosa che conforta, che nutre al di là dei principi nutritivi. Senza contare, ad esem- pio, che può essere un modo per rimanere legati alle origini, per affermare l'appartenenza etnica, a un gruppo sociale. Di fronte al passaggio desta- bilizzante e incerto che rappre- senta una migrazione, continuare a mangiare il proprio cibo, a seguire le proprie ricette, a cerca- re i propri ingredienti è un modo per portare un po' del proprio mondo nel luogo in cui si affron- ta il cambiamento ambientale, Ci identifichiamo in quello che mangiamo? climatico, territoriale ma anche il distacco fisico da persone a cui siamo legati. Per cui, continuare a cucinare il sugo come lo faceva la nonna, è un modo per creare un ponte con il passato, per ridurre la distanza tra la propria cultura e quella di adozione, un antidoto alla destabilizzazione, un rimedio al sentimento di estraneità e un mezzo per conser- vare un pezzo della propria iden- tità. Oppure, se molte generazioni intercorrono tra noi e le origini tricolori, scoprire il cibo italiano diventa un modo per recuperare una storia, per riappropriarsi di qualcosa che sta nel proprio dna. Diventa una forma di contatto. Ma può succedere anche il contrario: rifiutare il cibo della propria famiglia e del proprio paese può essere un modo per esprimere la distanza mentale e culturale dagli anni dell'emigra- zione. Per tagliare i ponti e sen- tirsi parte del nuovo luogo. Il cibo, al di là dei suoi aspetti nutrizionali, gastronomici, diete- tici, è un linguaggio, un momen- to profondo di incontro con se stessi, una forma di definizione della propria identità. L'Italo-Americano IN ITALIANO |

Articles in this issue

Links on this page

Archives of this issue

view archives of L'Italo-Americano - italoamericano-digital-4-6-2017