L'Italo-Americano

italoamericano-digital-4-20-2017

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GIOVEDÌ 20 APRILE 2017 www.italoamericano.org 9 L'Italo-Americano IN ITALIANO | T utti noi l'amiamo e la man- giamo, e in qualche modo possiamo anche essere ben informati su come preparare alcuni dei suoi piatti più rappre- sentativi, ma quanto conosciamo realmente la storia del cibo in Italia? Perché il Paese ha questa tradizione culinaria così lunga e prestigiosa e come si è evoluto nei secoli il modo in cui gli ital- iani mangiano e cucinano? Se solamente un libro, e un libro corposo, potrebbe rispondere a tutte queste domande, non c'è niente di male nel dare almeno una prima sbirciata curiosa all'evoluzione di una delle cucine più iconiche del mondo. Tutte le strade portano a Roma Gli antichi romani amavano il loro cibo, certo. Ma non tutti mangiavano le stesse cose. Se la loro dieta era largamene basata sulla triade mediterranea – olio d'oliva, grani e vino - comune a tutte le persone del bacino del Mediterraneo, c'erano evidenti differenze tra il popolo e gli aris- tocratici romani: il tuo vicino di casa romano avrebbe mangiato grandi quantità di legumi secchi e vegetali, accompagnati da for- maggi e conditi con olio d'oliva. Il pane era fatto con farro ed avena, popolare anche per fare zuppe deliziose. Il miele era aggiunto al vino e solo ogni tanto pani e carni comparivano a tavola. Spostandosi alla Bel Air della Roma imperiale, le cose cambia- vano un bel po': la semplicità dei legumi freschi, delle zuppe sem- plici e dei pani era cancellata e sostituita da una fusione di sapori ed ingredienti. I ricchi romani amavano le carni esotiche come lo struzzo e la sel- vaggina, servite con salse ricche, pesce cotto al forno, frutta fresca e, ovviamente, grandi quantità di vino. Si badi bene, comunque: loro avrebbero mescolato il vino con acqua e miele, così era prob- abile che non diventassero brilli come noi oggi, se ne beviamo troppo. Quando i robusti e barbuti Barbari dell'Europa centrale arrivarono a Roma, questi intro- dussero nelle cucine d'Italia due grandi cose: burro e birra. Se però pensate che non apprez- zarono i sensuali sapori della cucina dell'Italia, vi sbagliereste: come accadde per altri aspetti delle loro vite, queste genti furono profondamente influen- zate dalle abitudini e dalla cul- tura romane e alla fine si conver- tirono un po' in romani. I sapori da Mille e una notte della Sicilia e le influenze della cristianità All'inizio del Medioevo, l'Italia era pronta ad aprirsi anche di più alla cucina straniera: con l'arrivo dei Mori in Sicilia, ingre- dienti come frutta secca e spezie furono introdotti sulle tavole del- l'isola. La loro eredità più famosa? La pasta. Dai porti della Sicilia, questo cibo facile da con- servare arrivò a Napoli e Genova e, da lì, al resto del Paese. Tra gli altri cibi tipicamente italiani che ci hanno gentilmente portato gli Arabi ci sono i gelati, la ricotta e i dolci al miele, come cannoli, cassata e marzapane. Nello stesso periodo, il Cristianesimo cominciò ad influenzare sempre di più le abi- tudini quotidiane delle persone, incluso il loro modo di mangia- re: fu un'epoca di digiuni e restrizioni alimentari, con limi- tati quantitativi di carne permes- si, come una lunga lamentela per gli eccessi dei banchetti romani. Comunque, Carlo Magno riportò un equilibrio decretando che i digiuni sarebbero stati seguiti solamente in giorni specifici. Poco dopo, in qualche luogo gloriosamente grezzo ma piacev- ole alla vista delle terre di Liguria, nasceva il pesto. L'arrivo del Rinascimento Nel Rinascimento, le genti d'Italia ritrovarono la propen- sione per l'appariscente, con i signori che bona fide trasfor- mano i loro banchetti in show teatrali pieni di cacciagione arrostita e decorata con piume d'uccelli e porcellini ripieni serviti su grandi piatti da portata in argento. La corte Papale era nota per essere smoderatamente esagerata in fatto di cibo, con grandiosi banchetti organizzati per tutto il seguito ricco e potente per ono- rare il Papa a Roma, ma il resto del Paese non sedeva in silenzio a masticare rumorosamente pane scuro: i signori di Venezia, gli Este di Ferrara e gli Sforza di Milano, tutti resero - metaforica- mente – le loro apparecchiature pirotecniche, una base delle loro routine di divertimento. Menzione speciale alla famiglia più famosa di Firenze, i Medici: in un'epoca di eccessi, la sem- plicità era di primaria importanza sulla loro tavola. Per questa ragione, loro oggi sono con- siderati i primi precursori di quel ritorno alla "cucina povera" che negli ultimi 30 anni sperimenti- amo un po' dappertutto nel Paese. Il Rinascimento fu un momento essenziale per lo sviluppo della tradizione italiana del fare vino, specialmente in Toscana dove rossi famosi come il Montepulciano e il Montalcino cominciarono ad essere prodotti. Questi furono anche gli anni caratterizzati dall'introduzione sulle nostre tavole di una serie di ingredienti (patate, granoturco, tacchino) che venivano dalle Americhe. Su tutti, chiaramente sta il meraviglioso pomodoro. I secoli 17, 18 e 19 Nel 17° secolo, ebbe luogo il matrimonio paradisiaco tra pomodoro e pasta. Si dice che furono gli scaricatori portuali di Trapani che ebbero l'idea di tagliare i pomodori sopra le tagli- atelle ma, inutile dire, Napoli rimane la bella e adorata madre del più italiano di tutti i piatti italiani. Anche se gli storici culinari tendono a dire che i secoli 17 ed i 18 non furono così eccitanti come quelli che li avevano prece- duti, quando si passa alla cucina operativa, alcuni piatti incredibili si originarono allora: uno su tutti è il tiramisù. E che storia ha, ma è meglio raccontarla in un altro momento. Questi secoli furono anche testimoni della nascita della let- teratura culinaria, con il primo libro di ricette pubblicato in Italia nel 1634: La Lucerna de Corteggiani di Giovan Battista Crisci, una pubblicazione che si concentra soprattutto sulla cucina meridionale. L'Italia, tuttavia, dovrà aspettare la sua unifi- cazione, nella seconda metà del 19° secolo, per vedere un libro dedicato all'intera cucina ital- Breve storia della cucina italiana iana. Il Manuale dell'Artusi: la Scienza in Cucina e l'Arte di Mangiar Bene fu pubblicato nel 1891 e resta uno dei libri di cuci- na italiani più venduti e noti. Il Manuale non aiutò semplice- mente gli italiani a capire come mangiare sano (Artusi sottolineò l'importanza degli ingredienti e dell'equilibrio), ma li rese tutti consapevoli dell'immensa ric- chezza culinaria del Paese, dando punte d'orgoglio a ciascun italiano, da Nord a Sud. Il cibo italiano oggi Dopo che le due Guerre mon- diali costrinsero l'Italia ad essere frugale, e la rapida espansione economica degli anni Settanta e Ottanta portò in tavola piatti ricoperti di crema, gelatina e maionese, l'Italia ha finalmente riscoperto le sue radici. Oggi, il Paese abbraccia felicemente lo spirito più autentico della sua cucina, fatto di semplicità, tradizione ed ingredienti freschi. Anche se certamente aperta a provare e a mescolarsi con le tradizioni culinarie internazion- ali, la conquista più sorprendente della moderna cucina italiana sembra essere la consapevolezza della magnificenza delle sue radici: questi sono tempi duri per il Paese, ma l'Italia avrà sempre il cibo per ritrovare il sorriso. L'eredità più famosa portata dai Mori in Sicilia, oltre alla frutta secca e alle spezie, fu la pasta LA VITA ITALIANA TRADIZIONI STORIA CULTURA

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