L'Italo-Americano

italoamericano-digital-8-24-2017

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NEWS & FEATURES PERSONAGGI OPINIONI ATTUALITÀ GIOVEDÌ 24 AGOSTO 2017 www.italoamericano.org 3 L'Italo-Americano IN ITALIANO | L 'America, il Metropolitan, avevano scoperto Big Luciano nel 1969 quando aveva calcato per la prima volta le scene del celebre teatro lirico interpretando la Tosca, un'opera che negli oltre 40 anni di blasona- ta carriera era diventata il suo cavallo di battaglia: una sessanti- na di interpretazioni che si sono affiancate alle 49 di Nemorino in L'Elisir d'Amore di Donizetti e alle 34 di Rodolfo nella Boheme di Puccini, solo per citare le più eseguite ed acclamate. L'exploit, la consacrazione era arrivata il 17 febbraio 1972, pro- prio a New York, dove nella Fille du Régiment di Donizetti mandò letteralmente in visibilio il pubbli- co con nove Do di petto perfetti. Suo il record di 17 chiamate e ovazioni al momento del sipario. Ma l'America che lo aveva tanto amato lo aveva anche impla- cabilmente stroncato negli ultimi anni con critiche feroci: per la sua ostinazione a interpretare ancora i ruoli che più amava nonostante l'età avanzata e una voce che pur- troppo non era più quella meravi- gliosa degli anni migliori, e per le commistioni giudicate troppo commerciali tra i generi musicali: lirica, pop e rock. Eppure, questo è stato anche uno dei suoi tanti meriti: aver reso cultura popolare la lirica. Primo tenore a diventare pop star delle arene, negli anni '90 ad Hyde Park attirò oltre 150.000 persone. Nel giugno 1993, in più di 500.000 affollarono Central Park mentre in milioni lo guardarono in tv. A set- tembre dello stesso anno, sotto la Torre Eiffel, cantò per 300.000 persone. Mai prima di lui. Altrettanto innegabile è l'esse- re diventato simbolo dell'italianità nel mondo, tra l'altro per un pub- blico di varie generazioni. In una sorta di testamento spi- rituale ha detto: "Spero di essere ricordato come cantante d'opera, ovvero come rappresentante di una forma d'arte che ha trovato la sua massima espressione nel mio Paese, e spero inoltre che l'amore per l'opera rimanga sempre di importanza centrale nella mia vita". Il suo talento puro lo ha reso un'icona della cultura italiana. Come Caruso, quel fuoriclasse italiano che fu amatissimo perchè capì più di chiunque altro cantante lirico lo spirito del suo tempo, intuì che il belcanto doveva evol- versi con il gusto della sua epoca. Anche nel suo caso fu l'America a trasformarlo in un'icona planeta- ria: star del cinema, fu il primo cantante lirico a incidere canzoni napoletane annullando la distanza tra musica colta e genere popolare e nello stesso tempo a vendere più di un milione di dischi con Vesti la giubba, la celeberrima aria dai Pagliacci di Leoncavallo, con cui riuscì ad abbattere tutti i pregiudi- zi che i grandi artisti avevano con- tro il grammofono. Non era mai accaduto prima. E Big luciano ha fatto lo stes- so: ha segnato il passo. Ma perchè Pavarotti è stato tanto apprezzato negli Usa? Nel libro omaggio "A Luciano Pavarotti: un maestro per tutti", Andrea Bocelli prova a dare una risposta: "L'America ha sete di cultura italiana. Il popolo ameri- cano tendenzialmente non ha pre- giudizi ed è sincero nei suoi amori e disamori. Ha amato e amerà per sempre Pavarotti come ha amato e ama, riamato, me. L'italianità che l'America perce- piva, rapito, ai suoi concerti era fatta anche nel saper porgere una frase musicale mettendoci dentro i valori che tengono in piedi una vita. Un'italianità fatta di buon senso, dell'arte dell'amicizia, della quantità d'amore che s'inve- ste in ciò che si vuole comunica- re. Era uno dei segreti del succes- so di Luciano". Premessa a questo discorso, quanto Bocelli, altro amatissimo simbolo della lirica italiana nel mondo, scrive di suo padre rac- contando un pezzo della sua vita artistica che lo avvicina a Big Luciano: "Sandro Bocelli non aveva mai messo piede negli Stati Uniti ma era convinto che se c'era un luogo dove il mio talento sarebbe stato valorizzato questo Mai come Pavarotti, talento puro e icona pop della lirica italiana luogo avrebbe potuto essere di certo l'America. Un'idea matura- ta nelle sue letture, nelle notizie e nelle storie filtrate dalla televisio- ne e dall'immaginario collettivo di un Paese come l'Italia che ha guardato da sempre oltreoceano come a una terra mitica di demo- crazia e occasioni, se tra il 1880 e il 1915 sono approdati negli Stati Uniti oltre quattro milioni di ita- liani". C'è una sete di cultura italiana in America ma per Pavarotti c'è sempre stata anche una ammira- zione profonda, sempre usando le parole di Bocelli, per il dono di quella "voce d'oro zecchino, voce morbida eppur volitiva, riconosci- bile come una firma, una voce come una melagrana appena spaccata, che sembra sangue e sa di zucchero. E dietro la voce, die- tro una dizione nitida e perfetta, che non appannava nemmeno una sillaba, a muoverne i fili c'era una sensibilità che non aveva rivali poichè - pur non tradendo lo spar- tito - imprimeva a fuoco una per- sonalità dirompente".

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