L'Italo-Americano

italoamericano-digital-8-24-2017

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GIOVEDÌ 24 AGOSTO 2017 www.italoamericano.org 9 L'Italo-Americano IN ITALIANO | L a prima zolla di terreno romano per la futura Cinecittà fu scavata ottan- t'anni fa in un piovoso giorno di aprile del 1937. Anche se le ambizioni erano alte, nemmeno i fondatori avrebbero potuto immaginare i risultati che l'Italia avrebbe alla fine raggiunto con l'unica industria che l'avrebbe riportata sul palcoscenico mondi- ale come Caput Mundi. Cinecittà ha offerto a Mussolini e ai fascisti l'opportu- nità di istituire un veicolo propa- gandistico autonomo per promuo- vere la visione di Mussolini di un'industria cinematografica alla pari o persino migliore di Hollywood. Lui sosteneva che "la cinematografia è l'arma più forte". In altre parole, ha voluto film italiani, con squadre di pro- duzione italiane che usavano attori italiani per glorificare un'Italia moderna e vitale. Si trat- tava di un progetto ambizioso se si considera che i giganti dello schermo erano a Hollywood: Fred Astaire, Clark Gable, Bette Davis, Joan Crawford, e in particolare Deanna Durbin, particolarmente popolare fra gli italiani prima come cantante poi come donna salubre e femminile, immagine importante negli anni '30 e '40. Il sogno di un complesso cine- matografico all'avanguardia iniziò con l'individuazione di una zona nella campagna romana sulla via Tuscolana. Il complesso com- prendeva circa 35 ettari con altri 111 acri lasciati liberi per una futura espansione. L'architetto del progetto fu Gino Peressutti che ai suoi disegni ha applicato la filosofia razionalista, una svolta di 180 gradi dopo secoli di architettura esagerata. L'antica Roma fu la sua ispirazione bilan- ciata dalla funzionalità controlla- ta: nessuno spazio per qualsiasi forma di ornamento, incapace di trasmettere un messaggio di potere e modernità. La Direzione Generale per il Cinema guidata nel 1934 da Luigi Freddi, promotore e coordinatore di Cinecittà, comprendeva un consiglio per censurare i film pro- posti. Esso richiedeva scritture capaci di sostenere gli ideali di un'Italia progressista ma basata su valori che includevano la reli- gione, la vita familiare e il rispet- to dell'autorità. Alcuni film amer- icani furono banditi e altri cen- surati. Ad esempio, Tempi Moderni di Charlie Chaplin è stato accettato solo per la sua "comicità". Tuttavia, la scena in cui Charlot (nome italiano dei Chaplin) raccoglie una bandiera rossa di avvertimento, caduta da un camion, e innocentemente si ritrova a guidare un incontro comunista, risultò eccessiva per i censori e fu tagliata. Nel 1939 Cinecittà era uno dei più importanti studi cine- matografici d'Europa. Con l'ag- giunta del Centro sperimentale di cinematografia, ogni aspetto del- l'industria cinematografica ital- iana fu consolidato e guidato da Luigi Freddi. Nel 1942, Cinecittà è riuscita a produrre 52 film, storicamente il massimo. Cinecittà è diventata anche un importante punto di raccolta per le centinaia di artigiani indipen- denti il cui mondo economico si stava riducendo ed era sostituito da articoli più economici e prodotti in serie. La necessità li spinse nei quartieri più economici della periferia della città, come Quadraro sulla Via Tuscolana. Fan entusiasti acclamarono gli attori italiani tanto quanto quelli dello star system hollywoodiano. Infatti, il treno urbano dalla stazione ferroviaria centrale Termini (un bellissimo esempio di architettura razionalista), a Quadraro, fu soprannominato il "treno delle stelle". Nel periodo in cui vissi in Italia, quelle stelle erano in televisione, a tarda notte, nei film settimanali apprezzati da me e dalla mia famiglia romana. Tra i grandi ci sono stati Vittorio de Sica, Amadeo Nazzari, Leonardo Cortese, Rossano Brazzi, Alida Valli, Lya Franca, Elsa Merlini e Anna Magnani. L'intrattenimento musicale come l'opera era troppo costoso per le famiglie degli operai e degli arti- giani, ma attraverso i film, ha rac- contato mia madre, lei poteva finalmente vedere Beniamino Gigli, amato e famoso talento liri- co dell'opera. Dall'armistizio dell'8 settembre 1943, Cinecittà ha lottato. I terreni furono preda di bande di ladri e l'esercito tedesco usava Cinecittà come campo di detenzione per i combattenti della Resistenza. Prima di essere disperse dalle Forze Alleate, le truppe tedesche saccheggiarono sistematicamente le attrezzature pesanti e le cari- carono su 16 treni. Luigi Freddi, arrestato e rilasciato, attraverso canali personali riuscì poi a recu- perare 10 delle vetture ferroviarie ed andò a Venezia. Qui ancora una volta, usò i film come stru- mento della Repubblica di Salò appena organizzata, attrezzando il nuovo impianto Cinevillaggio, senza dubbio una dichiarazione delle ridotte possibilità. A Roma, sorprendentemente, alcuni film furono prodotti nonostante l'impianto fosse utilizzato per Cinecittà, una Hollywood sul Tevere da 80 anni ospitare migliaia di rifugiati. Fu da questo disastro che Cinecittà si rialzò di nuovo. Lo studio, privo di infrastrutture e attrezzature, usò le strade per fare i film che, data la realtà della loro vita quotidiana, sono stati sopran- nominati Neorealismo. Non era più la fabbrica di sogni vacui, ma della realtà della vita quotidiana. Gli stessi attori e registi della fab- brica dei sogni fascista non persero un attimo. I giovani reg- isti, come Vittorio de Sica, utiliz- zarono le strade, le piazze e i quartieri come scenografia, imp- iegando non attori. I romani, dopo tutto, sono esperti di tragedie. In questi luoghi si girarono film come Ladri di Biciclette. Il film vincitore dell'Oscar del 1948, basato sul libro di Luigi Bartolini, è consid- erato il migliore del genere. Gli italiani sono esperti nel fare di necessità virtù. Nel 1949 Cinecittà ha collaborato con l'in- dustria cinematografica francese che alimentava l'espansione. Approfittando dei lavoratori qual- ificati a basso costo e degli attori, Metro Goldwyn Mayer iniziò la produzione del film Quo Vadis. Cinecittà era ancora utilizzata per ospitare circa 5.000 rifugiati e furono arruolati come figuranti per le scene di folla. La ripresa del 1950 ha fornito il palcoscenico a Roma per diventare una Hollywood sul Tevere. La mia amica Elisabetta ricorda gli amici che lì hanno trovato un lavoro stabile: "Sono passati tutti, ma ricordo ancora Carlo Sindici, l'artista del make- up per i film di De Sica; Nino Foti un tuttofare e un figurante quando serviva; Gigi Magni, un regista che era. . . 'più Romano non si poteva' e Umberto D'Orsi, un attore di teatro molto talentu- oso che lavorava nei film quando non aveva soldi". Racconta anche come i disoccupati della Roma del dopoguerra si mettevano in fila a Cinecittà in attesa di un lavoro. Era sempre garantito un pasto. Luchino Visconti, Federico Fellini e ancora Vittorio de Sica si adattarono alla nuova realtà. E l'industria cinematografica ital- iana, sotto un nuovo regime, entrò in partnership con la Francia, la Spagna e gli Stati Uniti. Negli anni '60, gli Spaghetti Western hanno dato a Cinecittà la massima popolarità del periodo postbellico. Bernardo Bertolucci e Dino de Laurentiis hanno contribuito con film spetta- colari. Con ininterrotta determi- nazione, Cinecittà continua ad adattarsi. Negli anni '90, ha abbracciato le produzioni televi- sive e ha fatto avanzamenti nella tecnologia digitale stimolando maggiore crescita. E attraverso l'impresa Cinecittà Events offre i set dei film come sfondo per riu- nioni e conferenze. Mi prenoto! Cinecittà World è il più grande Parco Tematico in Italia dedicato al meraviglioso mondo del cinema Il Teatro 5 è stato il regno di Federico Fellini e conserva tutt'oggi il primato di teatro di posa più grande d'Europa LA VITA ITALIANA TRADIZIONI STORIA CULTURA

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