L'Italo-Americano

italoamericano-digital-12-14-2017

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GIOVEDÌ 14 DICEMBRE 2017 www.italoamericano.org 5 L'Italo-Americano IN ITALIANO | ampiamente supportata nella sto- ria. La candidatura è stata lanciata nel 2009 dal Ministero italiano delle Politiche Agricole, Alimen- tari e Forestali, la creazione del dossier di supporto è stato coor- dinato da Pier Luigi Petrillo, con il continuo ed essenziale aiuto della Regione Campania e delle numerose associazioni di piz- zaiuoli della regione. Il felice annuncio è stato fatto dalla delegazione italiana a Jeju, in Corea del Sud, dove l'organi- smo culturale delle Nazioni Unite si è riunito per prendere la decisione: "Abbiamo vinto! - ha twittato Maurizio Martina, mini- stro italiano dell'Agricoltura - Il patrimonio enogastronomico ita- liano è sempre più protetto in tutto il mondo". Parole semplici, ma molto significative visto che, in effetti, la lotta all'Italian Soun- ding e ai prodotti contraffatti è in cima alla lista degli sforzi inter- nazionali del nostro Paese. Simile è il pensiero di Ame- deo Lepore, assessore alle Atti- vità Produttive della Regione Campania, che ha sottolineato come "abbiamo dovuto evitare un altro 'effetto Meucci', per assicurarci che non fosse qual- cun altro a beneficiare economi- camente della commercializza- zione di un'eccellenza napoletana". Il business attorno alla pizza non può essere trascurato: solo in Italia, impiega 100.000 perso- ne a tempo pieno e 50.000 a tempo parziale, con un profitto di circa 14 miliardi di dollari. N el mondo, il bus ines s vale quasi 73 miliardi di dollari. Ita- liani e americani non sono solo i più grandi pizzaioli, ma anche i più grandi mangiatori di pizza: gli Stati Uniti, con le loro 25 lib- bre di pizza consumata pro capi- te ogni anno, guidano la lista mondiale. L'Italia è la regina degli amanti della pizza europea, con 15 libbre consumate da cia- scuno di noi ogni 12 mesi. L' U nes co s crive che " il know-how culinario associato alla produzione della pizza - che comprende gesti, canzoni, forme visive di espressione, espressioni linguistiche locali e la capacità di maneggiare correttamente l'impasto della pizza e trasforma- re la pizza in una performance da condividere - è senza dubbio un patrimonio culturale. I pizzaiuoli e i loro ospiti partecipano tutti ad un rito sociale intriso di convi- vialità, dove il forno da banco e il forno in pietra operano come un palcoscenico. Originatasi in alcune delle zone più povere di Napoli, questa tradizione culina- ria rimane ancora oggi profonda- mente radicata nella vita quoti- diana della sua comunità. Per molti giovani apprendisti, diven- tare pizzaiuolo è anche un modo per evitare l' emarginazione sociale". Sergio Miccù, presiden- te dell'Associazione dei Piz- zaiuoli Napoletani, sottolinea anche il profondo ruolo sociale della pizza nella sua città: "L'arte dei pizzaioli ha funzionato da redenzione sociale per molti. È strettamente connessa non solo con l'identità napoletana ma, in realtà, con quella dell'intero Paese". L'Unesco, è chiaro, ha deciso di onorare non solo il valore cul- turale dell'arte del fare la pizza a Napoli, ma anche le sue profon- de connotazioni s ociali. P er quanto possa essere difficile da capire per molti, un mestiere come questo, così strettamente legato alla bellezza, alla storia e all'anima stessa di un luogo, può davvero diventare il modo per alcuni di cambiare le carte sul tavolo della vita. Diventare un pizzaiuolo è stato un percorso per uscire dalla povertà e dall'ab- bandono sociale per decenni e decenni: un'abilità umile solo nell'aspetto, fare la pizza è sem- pre stata un'arte nella sua forma più pura, un'arte che si può impa- rare senza andare all'università, senza spendere denaro, senza vivere nelle zone più eleganti della città. Un'arte, come tutta l' arte è veramente nella s ua essenza, che non ha bisogno di uno status sociale da seguire, ma solo di creatività e, beh, talento. Un'arte che rende orgogliosi i suoi artisti, perché, allo stesso tempo, mette in mostra le proprie capacità e il meraviglioso mondo del proprio territorio e della pro- pria tradizione. Questo aspetto specifico della produzione della pizza napoleta- na, il fatto che sia un'arte in cui lo stato sociale, il denaro e l'edu- cazione formale contano poco, è anche menzionato dall'Unesco nella sua descrizione dell'arte. Se è vero che esistono le scuole e le accademie per insegnare alla gente l'arte dei pizzaiuoli, biso- gna sempre tenere a mente che "le conoscenze e le abilità sono trasmesse principalmente nella bottega, dove i giovani apprendi- sti osservano i maestri al lavoro, imparando tutte le fasi chiave e gli strumenti del mestiere". Naturalmente, anche il lato pratico del fare la pizza in stile napoletano ora è protetto dall'U- nesco. L'arte del pizzaiuoli si compone di quattro fasi, recitano le diciture ufficiali dell'Unesco, ognuna delle quali è essenziale per la produzione di un'autentica pizza napoletana. L'arte, sottoli- nea l'Unesco, non è solo quella del maestro pizzaiuolo, capo chef della pizza, ma anche quella di chi impara a fare la pizza e di chi la cuoce. Infatti, una vera pizza napoletana deve essere cotta in un forno in pietra e gira- ta continuamente durante il pro- cesso: non molte persone oggi- giorno sanno come lavorare con un vero forno in pietra, per non parlare delle abilità manuali per ruotare una pizza mentre cuoce. È interessante notare che l'Une- sco sottolinei come l'arte della pizza napoletana appartenga anche alle persone comuni, alle famiglie che le cuociono a casa, e proponga ancora, all'interno della famiglia, la stessa gamma di abilità e spettacoli che i piz- zaiuoli mettono in mostra nelle pizzerie. Il mondo esulta, quindi, per il riconoscimento dell'Unesco del primo amore culinario di Napoli, ma come ha reagito la città stes- sa? Anche se la decisione è stata ufficialmente ratificata solo il 9 dicembre, Napoli non ha aspetta- to un secondo per iniziare le celebrazioni: considerando che la stavano aspettando dal 2009, nessuno può davvero biasimarli. La notizia della vittoria è arrivata in Italia nella notte tra il 6 e il 7 dicembre, quindi, la mattina del 7, le pizzerie intorno alla città hanno aperto presto e hanno ini- ziato a cuocere. I tavoli sono stati apparecchiati per le strade e la pizza è stata servita per la prima colazione: il cuore delle celebrazioni è s tato in V ia Chiaia, vicino all'Antica Pizzeria Brandi, dove la tradizione narra che la prima Pizza Margherita di Napoli fu inventata. Nata per celebrare la regalità d'Italia e intitolata a una regina, la Margherita, la più napoletana di tutte le pizze, fragrante e colo- rata, semplice e squisita, è oggi, insieme alla sua storia, ai suoi significati e alle abilità artistiche necessarie per prepararla, un vero patrimonio dell'umanità. Per molti di noi, tuttavia, l'Unesco non ha scoperto nulla di nuovo: la Pizza Napoletana è sempre stata un tesoro mondiale. La Pizza Napoletana ce l'ha fatta: ora è patrimonio mondiale riconosciuto dall'UNESCO La pizza napoletana per antonomasia, la Margherita, nacque in onore della regina d'Italia ed ha i colori del Bel Paese NEWS & FEATURES PERSONAGGI OPINIONI ATTUALITÀ Continua da pagina 1

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