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GIOVEDÌ 14 DICEMBRE 2017 www.italoamericano.org 7 L'Italo-Americano IN ITALIANO | S chiaccia, schiaccia, premi, esci! Schiac- cia, schiaccia, premi, esci! Nuvole di vapo- re spumeggiano sopra la lucente Gaggia a otto becchi e un denso flusso di caffè scuro e strisciante gocciola nelle tazzine da caffè, alcune sormon- tate da un mantello vellutato di latte schiumato, prima di sferra- gliare sulla barra di marmo. La folla della colazione si spinge in avanti pronunciando rapide chia- mate per "Un caffè!", "Un cap- puccino!", "Un macchiato!". Quando arriva il caffè, nel bar si apre uno spazio e cala un raro momento di calma. Non c'è nien- te oltre al gusto caldo e dolcea- maro del caffè e vola una parola o due di conversazione con i tuoi compagni di bar. Un sorso, due sorsi, forse tre ed è finito, e il giorno si impenna. Dato il loro amore per il chic- co, potreste pensare che gli ita- liani abbiano inventato il caffè. Non l'hanno fatto. Il caffè è ori- ginario dell'Africa orientale e le prime notizie su di esso, arrostito e bevuto, viene dai santuari sufi nello Yemen nel XV secolo. Ma da quando il cosiddetto "vino degli arabi" ha raggiunto l'Euro- pa, approdando sul molo di fron- te alla Basilica di San Marco a Venezia nel 17 ° secolo, la pas- sione italiana per il caffè ha crea- to una cultura senza rivali in nes- sun'altra parte del mondo e che ora è alla base di una industria seconda solo al petrolio grezzo, del valore di oltre 100 miliardi di dollari. Dopotutto è stato un italiano, Angelo Moriondo, che per primo brevettò una macchina da caffè a vapore. Il suo prototipo fu ulte- riormente perfezionato da Luiggi Bezzera e Desiderio Pavoni, che presentarono la prima macchina per caffè espresso al mondo (che significa "fatta sul momento") alla Fiera di Milano del 1906. Oggi le macchine moderne hanno ancora la stessa tecnolo- gia, anche se ci sono voluti altri 40 anni prima che il proprietario della caffetteria milanese Achille Gaggia sviluppasse la sua rivolu- zionaria macchina a leva con pressione del pistone a molla, che eliminava la necessità di grandi caldaie, standardizzava le dimensioni della tazza e permet- teva la creazione della crema, la schiuma ambrata che sta sopra un buon espresso e parla della freschezza del caffè. Oltre alla scienza, alla tecno- logia e al design, c'è un'arte per fare il caffè che è anche marcata- mente italiana. Il talento del barista è importante quanto la qualità dei chicchi e l'affidabilità della macchina. Un buon espresso dipende dalle quattro M: la Macchina; la Macinazione, la giusta macinatu- ra dei chicchi - una macinatura uniforme tra fine e polvere - che è idealmente fatta pochi istanti prima dell'infusione; la Miscela, la miscela di caffè e tostatura; e la Mano, la mano esperta del barista. Perché anche con i chic- chi più raffinati e le attrezzature più avanzate, è lo stile del barista che alla fine ti dà la perfetta dose di caffè. In questi giorni, il dominio secolare dell'Italia come la prin- cipale cultura del caffè al mondo viene messo a dura prova dai giganti globali. La ditta svizzera Nestlé ha segnato un passo sul mercato delle macchine da caffè espresso personali con il sistema Nespresso, mentre la caffetteria americana Starbucks ha annun- ciato che la sua prima Reserve Roastery aprirà a Milano nel 2018, seguita da una possibile espansione di 200 punti vendita a livello nazionale. Ironia della sorte, è stata la catena Starbucks che ha lanciato la cultura del caffè italiano nel mondo in quella che oggi è conosciuta come la "seconda ondata" del caffè (seguendo una "prima ondata" nel 19° secolo quando il caffè divenne un pro- dotto di massa). Visitando i bar milanesi nei primi anni '80, il fondatore Howard Schultz è rimasto affascinato dal teatro della cultura del caffè italiano, dove camerieri con gilet e cra- vatte servivano grandi tazze di caffè ad una clientela fedele, che tornava regolarmente sia per l'a- spetto sociale del bar sia per la breve, acuta scossa di caffeina utile a iniziare la giornata. Qui ha concepito la nozione di catena globale in cui le perso- ne sarebbero andate per "uscire" e per godere di una gamma di miscele e stili diversi di caffè. Spettacoli come Friends e Fra- sier hanno cementato l'idea dei caffè come hub sociali, come nel XVIII secolo quando le rivolu- zioni furono fomentate nel Caffè Pedrocchi di Padova, le vicende amorose istigate nel Caffè Flo- rian di Venezia (l'unico caffè ad ammettere donne) e le nuove idee sono nate (come il moderno stato italiano) nel Caffè San Carlo di Torino. Questa diffusione del caffè ha giovato enormemente al mercato italiano del caffè, ma adattando la cultura del caffè italiano ai gusti del mercato americano (aumentando il volume delle bevande e addolcendole con tutta una serie di latte, sciroppi e spruzzate), il caffè Starbucks di oggi ha poche somiglianze con le tradizioni italiane che lo hanno ispirato e molti temono che l'avvento della catena in Ita- lia eroderà una cultura centrale e secolare. Antonio Baravalle, amministratore delegato della casa di caffè italiana a conduzio- ne familiare, Lavazza, vede l'ar- rivo di Starbucks come una sfida positiva. La sfida e l'innovazione hanno sempre fatto parte dell'i- Sfidare la tradizione: la scena della terza ondata del caffè in Italia dentità italiana, crede Baravalle, e l'apertura di Starbucks in Italia è un richiamo ad alzare la posta per il mercato locale. In anticipo, sia Lavazza che Illy Caffé hanno aperto lussuosi caffè a marchio a Milano. E, all'i- nizio di quest'anno, Lavazza ha aperto anche le porte di un nuo- vissimo stabilimento di 30.000 mq, con sede a Torino, certificato LEED. Comprende un museo del caffè, un giardino paesaggistico, un'area archeologica con una basilica del IV secolo e, nel 2018, un ristorante presieduto dal più famoso gastronomo moleco- lare del mondo, Ferran Adrià. Cose che difficilmente troverete nel vostro Starbucks locale. Fondata nel 1895 e gestita da quattro generazioni della stessa famiglia, Lavazza mostra come raggiungere un equilibrio critico tra tradizione e innovazione. Qui il passato informa piuttosto che dettare il futuro, lasciando spazio all'evoluzione dell'innovazione pur mantenendo la qualità e i valori che hanno reso l'Italia pro- tagonista nel mondo del caffè negli ultimi 300 anni. Nel 2015, Lavazza ha anche collaborato con la società di ingegneria aero- spaziale Argotec per creare la rivoluzionaria macchina ISSpres- so, la prima macchina da caffè espresso a viaggiare nello spazio con l'astronauta italiana Samantha Cristoforetti. Inoltre, Lavazza tiene conto delle preoc- cupazioni dei consumatori per il futuro ed è già fortemente impe- gnata nella sostenibilità etica ed economica con 50 scuole di caffè in tutto il mondo. Inoltre, rispondendo alla sfida della "terza ondata" del movi- mento del caffè specializzato, che rifiuta in particolare di mette- re la firma italiana sulle miscele di chicchi, le torrefazioni forti, a favore delle torrefazioni artigia- nali a una sola origine, è una nuova ondata tra gli appassionati del caffè italiano. I premiati tor- refattori come Rubens Gardelli e Paolo Scimone, che dirige His Majesty The Coffee a Monza, vedono il lavoro di rieducare i palati alla straordinaria gamma di aromi fruttati presentati da chic- chi di origine unica, come un'op- portunità entusiasmante. Dopotutto, il caffè è un frutto e, come il vino, diversi terroir, climi e metodi di tostatura influenzano notevolmente il pro- filo di ogni tazza. Hanno trovato un pubblico disponibile nei loro giovani clienti italiani, che come gli abili veneziani del 17° secolo prima di loro, hanno una menta- lità aperta e vogliono esplorare cose nuove. Cercate questi nuovi pionieri presso ORSO - Labora- torio Caffè a Torino, Faro a Roma, Orsonero a Milano e Ditta Artigianale a Firenze, e scoprire- te una nuova puntata del caffè italiano che fa ben sperare per il prossimo secolo. Caffè è da sempre sinonimo di Italia, ma oggi il gusto per il caffè di qualità appartiene a tutto il mondo NEWS & FEATURES PERSONAGGI OPINIONI ATTUALITÀ