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GIOVEDÌ 8 FEBBRAIO 2018 www.italoamericano.org 9 L'Italo-Americano IN ITALIANO | C ome al solito, Cicerone è illumi- nante: "Una vita senza musica è come un corpo senza l'ani- ma". C'è una verità innegabile nelle sue parole che la gente della sua patria, la gloriosa Roma, ha sempre tenuto a mente. Infatti, i Romani amavano la musica e se non gli davano lo stesso valore etico e didattico dei Greci, certa- mente le riconoscevano immense virtù. Le fonti ci dicono che la vita dei Romani era piena di musica, proprio come la nostra oggi: avevano musica durante matrimoni e funerali, feste e ritu- ali sacri, rappresentazioni teatrali e persino durante la battaglia. Poichè, la musica è eterea e, senza modi standardizzati di scriverla, le melodie di Roma si sono perse, come il brusio delle sue strade e gli inebrianti profumi delle sue matrone. Ma Roma ci ha lasciato letteratura, arte visiva e performativa, tecnologia, ci ha lasciato il modello stesso di come funziona la nostra società: in ognuno di questi aspetti la musi- ca romana è sopravvissuta. I ricordi del suo ruolo e della sua presenza riempivano versi i lati- ni, la prosa e il teatro; la sua natu- ra profonda era materia della filosofia; gli strumenti utilizzati per eseguirla, intelligenti - anche se non sempre originali per i Romani - vestigia di inventiva umana. Certo, il popolo di Roma non ha scoperto la musica, né sono stati i primi a farne una parte importante della loro esistenza. Dai Greci, hanno ereditato il sis- tema musicale e gli elementi melodici, ma si sono astenuti dal- l'abbracciare l'idea tipicamente ellenica della musica come mezzo di educazione morale ed etica. Alla fine, Atene era madre di filosofi, mentre Roma - un po' come lo era Sparta - era madre di soldati e capi militari: la musica era marziale, era usata per incor- aggiare i combattenti durante la battaglia e per accompagnare solennemente le parate, le ceri- monie militari, il ritorno dei vit- toriosi signori della guerra. Ma la musica era potente quanto era divina, quindi il suo flusso porta- va alla memoria riti propiziatori e funzioni religiose. Presto i Romani scoprirono quanto potesse essere versatile la musica. Nel I secolo a.C., divenne parte di rappresentazioni teatrali come la pantomima, in cui i protagonisti erano uomini e donne comuni e la loro vita quo- tidiana. Anche i drammi storici e mitologici divennero popolari, e la musica era sempre parte di essi. Il teatro, invece, è dove la musica, per così dire, si è trasfor- mata in un affare popolare a Roma. E il teatro, in quei 50 anni prima della nascita di Cristo, era abbastanza importante nella Città Eterna: il suo primo stabile fu costruito da Pompeo nel 55 a.C. e non molto tempo dopo, nel 17 a.C., il Carmen Saeculare di Orazio fu eseguito con la musica. A Roma, quindi, la musica ha presto perso quella connotazione essenzialmente spirituale e morale che aveva in Grecia, per essere trasformata in una fedele compagna della vita quotidiana delle persone, che spesso descrive e punteggia. Per incon- trare le prime rappresentazioni esclusivamente musicali, sotto forma di esibizioni strumentali e vocali, dobbiamo aspettare il tardo periodo imperiale, quando musicisti e cantanti di talento erano agognati membri della corte dell'imperatore. Parlare del volto storico della musica romana può essere inter- essante, ma la domanda è: che suoni aveva? Possiamo non avere registrazioni o incisioni, ma cer- tamente sappiamo come erano i loro strumenti e, grazie al solito inebriante mix di archeologia, storia e artigianato, abbiamo fini- to per riprodurli. I Romani suon- avano strumenti a fiato come la tibia, simile agli aulos greci, e la tuba, un antenato delle nostre trombe; avevano anche un cornu (o buccina), uno strumento di metallo curvo simile al moderno corno naturale. Gli strumenti a fiato erano anche importanti per il ruolo marziale della musica, poiché venivano usati nel castrum per organizzarne le attività quotidiane e, non si dimentichi, era ai loro suoni che avrebbero avuto inizio le battaglie. Flavius Vegetius, scrittore latino del IV secolo, ci dice che "ogni legione ha qual- cuno che suona la tromba, il corno e la buccina. La tromba dice ai soldati che è tempo di attaccare o ritirarsi. Quando i corni chiamano, sono i portatori di stendardo che rispondono. Ancora, le trombe risuonano quando i soldati vengono chia- mati in missione". Ogni strumen- to, sembra chiaro, aveva un ruolo e un compito specifico. Trombe e corni erano ampiamente usati durante la battaglia; la buccina chiamava i soldati a radunarsi, ma era anche uno strumento di potere, visto che veniva usato in presenza di un generale, o quando conduceva un soldato alla forca, come simbolo dell'autorità che voleva la sua condanna. La bucci- na era anche comunemente usata per sottolineare i vari momenti della vita militare, come l'inizio e la fine del turno di guardia, l'inizio di una missione e la fine del lavoro manuale quotidiano nel castrum. Furono usati i corni, come ci ha detto Flavio Vegetius, per dare ordini ai portatori di stendardi e segnalare quando dovevano iniziare e smettere di marciare. Certo, Roma conosceva anche strumenti a corda come la famosa cithara, resa famosa dalla - falsa - immagine di Nerone che la suon- ava mentre guardava Roma bru- ciare, e la lira. Anche le percus- sioni erano comuni con timpani e cimbali tra i più usati. Testi storici e letterari dei tempi romani sono stati una fonte essenziale per la nostra conoscen- za della musica in quei secoli, tut- tavia, nessun esempio di Seguendo una vecchia melodia: la musica ai tempi dell'Antica Roma notazione musicale e della com- posizione latina ha raggiunto i nostri tempi, fatta eccezione per un piccolo frammento, ma in notazione greca, di una comme- dia di Terenzio, l'epitaffio di Sili- cio e un inno apollinico compos- to a Delfi, quindi di origine greca, di un certo Limenius che cantava il potere di Roma. Nulla rimane della musica di quei secoli, si potrebbe pensare, ma non è del tutto vero: fu pro- prio per amore e apprezzamento della musica di Roma che i primi cristiani iniziarono a usarla nelle loro cerimonie e preghiere, come testimoniato dai Papiri Oxhyrhyncus del 1°-2 ° secolo d.C., dove una preghiera dedicata alla Santissima Trinità era pun- teggiata dall'uso di uno xilofono. E fin dal Medioevo, durante tutto il Rinascimento, l'era barocca, fino ai tempi del Romanticismo e anche nel 20° secolo, la musica sacra ha rappresentato una delle più alte incarnazioni della pro- duzione musicale occidentale: in un certo senso, lo dobbiamo anche ai Romani. In epoca Romana, gli strumenti a fiato erano i più utilizzati LA VITA ITALIANA TRADIZIONI STORIA CULTURA
