L'Italo-Americano

italoamericano-digital-5-3-2018

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GIOVEDÌ 3 MAGGIO 2018 www.italoamericano.org 7 L'Italo-Americano IN ITALIANO | G li antichi Greci e gli antichi Romani uti- lizzavano il prezioso olio d'oliva soprat- tutto per la cura del proprio corpo, grazie alla preparazione di numerosi unguenti e pomate curative. Con la caduta dell'Impero Romano e le invasioni barbariche, la colti- vazione dell'ulivo perse quell'im- portanza economica acquisita nel tempo. Nel XII sec., la madre badessa Ildegarda di Bingen, stu- diosa naturalista tedesca, sostene- va: "…l'oglio che viene ricavato dall'ulivo non serve a molto se viene ingerito, perché causa nau- sea e rende il cibo pesante; invece è utile come medicinale…". Tuttavia, nei secoli successivi, dopo aver vissuto momenti di profonda crisi commerciale, la produzione d'olio d'oliva ebbe momenti di ripresa grazie al lavoro e alla dedizione di alcuni ordini monastici, quali: Benedet- tini, Cistercensi e Basiliani, i quali fecero rifiorire l'importante economia olivicola. Infatti, furono proprio questi ordini religiosi a ricreare in Puglia, e in tutto il meridione d'I- talia, le grandi estensioni con gli alberi d'ulivo, terre date in ges- tione ai contadini con contratti di concessione "ad laborandum". Primi fra tutti furono i monaci Benedettini che, per preminenti motivazioni liturgiche, dovevano necessariamente tenere in vita la tradizione oleicola, operando sec- ondo la regola "ora et labora". Da questo momento in poi, nel Meridione d'Italia si ebbe l'incre- mento dell'olivicoltura. L'olio d'oliva divenne uno dei più importanti riferimenti commer- ciali, capace di far decollare l'e- conomia. Tanto che, opportuna- mente, i feudatari imposero i loro 'diritti prediali', veri e propri soprusi con i quali, ad esempio, si vietava l'impianto arbitrario di macine da frantoio, a chi necessi- tava di molire le proprie olive, e necessariamente doveva servirsi del Trappeto di proprietà del barone o del marchese. Tra i tanti abusi, vessazioni e balzelli posti in essere dai feudatari, c'era anche l'obbligo di versare nelle loro casse la decima parte del rac- colto, la cosiddetta "esazione della decima dell'olio", tassa che andava ad aggiungersi a quella versata per la raccolta delle man- dorle, del grano, dell'uva e dei legumi, che si producevano nelle campagne. Verso la metà del '500, in Puglia il mercato oleicolo era diventato così importante, che De Riviera, Vicerè di Spagna, per agevolarne il trasporto e la com- mercializzazione, fece costruire un'agevole strada di collegamen- to da Napoli verso la Puglia (a quel tempo una salma d'olio costava 14 ducati, 1 salma=350 litri e 1 ducato valeva più o meno euro 43,60 d'oggi). Nel '600 con la dominazione spagnola, furono aumentate le tasse sulla produzione dell'olio, ed il Real Governo instaurò con- tratti a termine. Tuttavia, la produzione dell'o- lio d'oliva riprese a crescere nel '700, con lo sviluppo del libero mercato e con l'esenzione delle tasse sugli uliveti per quaranta anni. Nel 1830 Papa Pio VII, per una durata di diciotto mesi, garantiva al coltivatore un premio in denaro per ogni albero d'ulivo piantato e coltivato. L'arte millenaria di trasfor- mare le olive in olio, aveva luogo all'interno di antichi opifici, noti come "Trappeti". Nella città di Bari e provincia erano numerosi, tutti costruiti in pietra locale, composti da uno o più ambienti "lamioni". Erano allocati nelle immediate vicinanze delle mura urbiche, ed erano strutturati con volte a botte e tetti spioventi in pietra chiamati "cummerse" o "pignon". Al Trappeto si affian- cavano altri ambienti di servizio, quali: camini, stalle, cisterne per l'olio "posture", e depositi inter- rati utilizzati per lo stoccaggio delle olive "cammini". Le olive, una volta brucate dalle piante, raccolte ed insaccate nei sacchi di canapa, venivano stoccate nei trappeti per la loro spremitura. Dopo la fase della molitura, fatta con grandi mole in pietra, l'ad- detto al Trappeto prelevava la pasta d'olive e riempiva i "fis- coli" fatti di cocco o di canapa, sapientemente intrecciati dai cor- dai e fiscolai pugliesi. Una volta riempiti, i fiscoli venivano impi- lati uno su l'altro, e sistemati sulla pietra del torchio "cuènze" (con- cio), per poi passare alla fase della torchiatura, che avveniva grazie al maneggio di una corposa asta di legno "bardascia", che spinta con forza faceva girare la vite del torchio fatto in legno di quercia. Raccolto il liquido oleoso, questo veniva versato in appositi contenitori per la successiva fase della decantazione, e una volta che l'olio saliva in superficie, dal nocchiere "chenzjìre", veniva prelevato in superficie e quindi "tagliato". Per questa importante e delicata operazione, veniva uti- lizzato un grosso piatto in metallo con manico, dal fondo legger- mente conico, "pàtene", mentre l'acqua di vegetazione, più pesante rispetto all'olio, veniva evacuata in altri contenitori, per ripetere il procedimento di pescaggio e poter prelevare altro prezioso olio d'oliva. Il "chenzjìre" o "nagghjìre" (nocchiere), termine greco naùk- leros, padrone della nave, all'in- terno del Trappeto, era il capo indiscusso, che nessuno doveva contraddire. Figura professionale altamente specializzata nella sua arte, doveva dimostrare la sua abilità e bravura nel prelevare più olio possibile affiorante dall'ac- qua di vegetazione. L'antico termine dialettale "nagghjìre", quasi certamente deriva dal linguaggio gergale marinaro, come altre espressioni linguistiche utilizzate dai trap- petari pugliesi, i quali vivevano il loro straordinario ambiente lavo- rativo, come in una nave con il proprio equipaggio marinaro: nocchiere, sotto-nocchiere, ciur- ma, mozzo, concio, palammare, e albero maestro. In questa breve ricostruzione storica, non manca il ruolo decisi- vo del polo olivicolo ed oleicolo pugliese, maturato per tutto il 1800 ed il '900. Si pensi che, a buon diritto, la sola città di Andria (Bari), risulta la capitale Il nocchiere al timone di una nave chiamata Trappeto dell'olio extravergine di oliva, con le suoe 14.000 tonnellate d'o- lio prodotte, e i 12.000 ettari di superficie agricola utilizzata, il 50% della produzione olivicola della provincia della provincia Barletta-Andria-Trani, il 9% di quella pugliese, il 4% di quella nazionale, con 3 milioni di piante d'ulivo. Gli antichi trappeti pre- senti nella città di Andria, non sono più i 70 che si contavano fino a 20 anni fa, ma oggi ne rimangono in attività circa una ventina. L'arte millenaria di trasformare le olive in olio ha sempre avuto luogo in antichi opifici, conosciuti in Puglia con il nome di trappeti …valorizziamo e tuteliamo i nostri antichi trappeti, autentici santuari dell'archeologia industriale pugliese… Dei molti antichi trappeti intorno alla città di Andria, oggi solo 20 riman- gono in funzione LA VITA ITALIANA TRADIZIONI STORIA CULTURA

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