L'Italo-Americano

italoamericano-digital-5-31-2018

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GIOVEDÌ 31 MAGGIO 2018 www.italoamericano.org 25 L'Italo-Americano IN ITALIANO | " Ho fatto il direttore d'orchestra in Italia per oltre trent'anni, e amo il Paese per la sua bellezza, la sua cultura e la sua lin- gua". James Conlon, direttore dell'Opera di Los Angeles, non riesce a nascondere il suo amore per l'Italia nel commentare la sua recente onorificenza: "Com- mendatore della Repubblica Ital- iana". Il riconoscimento, stabilito nel 1951, è uno dei più alti con- cessi direttamente dal capo dello Stato attraverso l'ordine di meri- to, il più alto della Repubblica italiana. Il titolo mira a riconoscere "i meriti conseguiti per la nazione nei campi della letteratura, delle arti, dell'econo- mia e dell'adempimento di doveri pubblici". Noi de L'Italo-Americano abbiamo avuto la possibilità di intervistare il maestro James Conlon, che è il terzo direttore d'orchestra americano ad essere stato insignito dell'onorificenza (Leonard Bernstein nel 1989 e Thomas Schippers nel 1975). Cosa significa per lei questo premio? Mi sento molto onorato per- ché il mio lavoro è stato apprez- zato e riconosciuto. Sono felice anche perché due dei miei bis- nonni emigrarono proprio dall'I- talia negli Stati Uniti alla fine del XIX secolo. Da dove venivano? I nonni di mia madre veni- vano da un piccolo paese della Basilicata chiamato Calvello. Il mio bisnonno, Giuseppe, era l'u- nico musicista della famiglia. Morì nel 1899 all'età di 39 anni. La mia bisnonna, che non ho mai conosciuto, visse fino al 1950 e mi tenne in braccio. Qual è il suo rapporto con l'Italia, sia dal punto di vista lavorativo che personale? Fino ai vent'anni ho trascorso il 95% della mia giovinezza a New York. Il mio primo viaggio all'estero è stato in Italia e lo considero l'inizio della mia vita adulta. Lì ho fatto da assistente al direttore della Juilliard Orchestra al Festival di Spoleto, dove, un anno dopo, ho diretto la mia prima opera. Da quel momento, sono tornato in Italia quasi ogni anno, e quando ho iniziato a lavorare regolarmente nel 1985 è diventata una costante nella mia vita professionale. Qual è il ricordo più bello che ha delle sue esibizioni in Italia? È impossibile dire quale orchestra o teatro mi abbia dato il ricordo migliore. Attualmente sono direttore principale del- l'Orchestra Nazionale della Rai che ha sede a Torino. Certa- mente questi sono i ricordi più recenti. Nel tempo ho condotto alla Scala di Milano, all'Opera di Roma e all'Orchestra di Santa Cecilia, oltre al Maggio Musi- cale Fiorentino. Ho una vita piena di ricordi meravigliosi e anche un presente molto intenso. Cosa apprezza dell'opera in Italia rispetto a quella ameri- cana? Divido equamente il mio tempo tra musica sinfonica e opera. Non c'è alcuna differenza essenziale nella musica rispetto a dove si esegue. La differenza sta nell'ambiente e nell'apprezza- mento della musica. In Italia è nato il Rinascimento, l'Italia è la patria della nostra lingua e della tradizione musicale occidentale. E questo lo si percepisce nel modo in cui i musicisti si approcciano all'esecuzione e anche nel pubblico. Allo stesso modo negli Stati Uniti, è molto importante mantenere le parti migliori di quella tradizione ali- mentando i giovani talenti. Trova differenze nei due Paesi, anche riguardo ai gusti del pubblico? I gusti musicali sono difficili da definire, ma ho la sensazione che sia impossibile convincere un pubblico italiano a vedere un cattivo spettacolo. Il marketing e la pubblicità possono attirare l'attenzione su un artista o un palcoscenico, ma non possono mascherare una performance che non sia autenticamente buona. Qual è il primo ricordo legato all'opera e alla musica? Ho ricordi precoci che sono disseminati nella mia infanzia, Il direttore d'orchestra James Conlon nominato Commendatore della Repubblica Italiana principalmente legati alla radio (Wqxr) che a mia madre piaceva tenere sempre accesa. Stando a quello che dice lei e anche ad alcuni dei miei insegnanti, sono sempre stato un avido ascolta- tore. Tuttavia, non ho mai capito la mia inclinazione finché non sono andato all'opera all'età di undici anni. Nel giro di pochi mesi il mio interesse è cambiato e mi sono focalizzato sulla musi- ca classica. Cosa l'ha ispirata a diventare direttore d'orches- tra? Quando avevo tredici anni volevo già diventare maestro. Ho sentito intuitivamente che potevo farcela, ma ovviamente a quell'età devi studiare uno stru- mento (il pianoforte nel mio caso) e imparare tutto ciò che puoi. Sono felice di essere cresciuto a New York dove ho potuto assistere a concerti e a opere più volte alla settimana. Per quanto mi riguarda, sono stato essenzialmente un autodi- datta fino a quando non mi sono iscritto alla Juilliard all'età di 18 anni. Non ho mai smesso di dirigere da quel momento in poi. C'è qualche direttore che ha ammirato particolarmente quando studiava musica? Ho ammirato molti direttori d'orchestra, musicisti e cantanti. Il poter assistere a concerti dal vivo a New York ha reso possi- bile vedere e ascoltare un'ampia varietà di musicisti. Le bib- lioteche pubbliche di New York sono una grande risorsa per colonne sonore e registrazioni. Sono cresciuto nell'era di Bern- stein e ovviamente lui ha avuto una grande influenza su di me. Ma ho ascoltato e cercato di assorbire il più possibile anche da Arturo Toscanini, Furtwaen- gler, Von Karajan, Szell. Il suo amore per la musica è condiviso dalla famiglia? Non ci sono stati musicisti nella mia famiglia (per quanto ne so) oltre al mio bisnonno immi- grato. Mia madre amava la musi- ca classica e i miei fratelli (eravamo cinque figli) erano i miei fedeli compagni ai concerti quando eravamo adolescenti. Mia moglie, Jennifer Ringo, è stata una cantante d'opera e ora è un'eccellente insegnante di lingue, dizione vocale e canto. Le mie figlie Luisa ed Emma amano entrambe la musica. Luisa, 29 anni, è una produttrice di documentari e Emma, 21 anni, fequenterà il suo ultimo anno di università e i suoi studi includono chitarra, teatro e musi- ca. Secondo lei, che è stato sul campo per così tanto tempo, come è cambiato l'essere un direttore d'orchestra e anche l'opera in questi anni? Ho avuto la fortuna di iniziare la mia vita professionale abbastanza presto e così ho col- laborato con una vecchia gener- azione di musicisti che si esibi- vano ancora negli anni '70. Era la fine di una sorta di età dell'oro del canto lirico e ho imparato moltissimo da persone che avevo idolatrato e con le quali poi ho collaborato o conosciuto (Maria Callas, Tito Gobbi, Boris Christoff per citarne solo alcuni). Ma ho avuto anche il privilegio di esibirmi con le generazioni successive, soprattutto con Placido Domingo. La pro- duzione dell'opera è cambiata enormemente in termini di valori di produzione. Non è più accettabile semplicemente lo stare in piedi e cantare (park and bark è il termine che viene utiliz- zato). L'enfasi del teatro è molto importante e ha fatto del bene. Devono tuttavia esserci artisti che proteggano energicamente i valori musicali e vocali allo stes- so tempo, ed è qui che il mio ruolo entra in gioco. Quali sono i ricordi preferi- ti della sua decade alla LA Opera? Difficile dirlo considerando che ho diretto quasi sessanta opere diverse. Certamente cito le otto opere di Wagner che ho diretto (L'Anello del Nibelungo, in particolare), la serie continua di opere verdiane con Placido Domingo e ovviamente sempre, sempre, Mozart. LA COMUNITÀ DI LOS ANGELES "Sono felice di essere cresciuto è a New York, dove potevo assistere ad opere e concerti più volte alla settimana," dice Conlon della sua infanzia e adolescenza

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