L'Italo-Americano

italoamericano-digital-6-14-2018

Since 1908 the n.1 source of all things Italian featuring Italian news, culture, business and travel

Issue link: https://italoamericanodigital.uberflip.com/i/994046

Contents of this Issue

Navigation

Page 6 of 39

GIOVEDÌ 14 GIUGNO 2018 www.italoamericano.org 7 L'Italo-Americano IN ITALIANO | SOCIETÀ & CULTURA PERSONAGGI PATRIMONIO TERRITORIO A partire dagli anni '70 dell'Ottocento, circa 30 milioni di per- sone hanno lasciato l'Italia per trasferirsi negli Stati Uniti con le prime ondate migratorie in cerca di una vita, e di una vita migliore con le ondate più recenti, rendendo gli italiani il quinto gruppo etnico più numeroso in America. Un'alta percentuale (probabilmente il 40%) dei primi emigrati alla fine ritornò in Italia, ma la maggioran- za rimase lì e fornì la manodopera a miniere e fabbriche, e aiutò a costruire ferrovie, dighe, gallerie e altre infrastrutture. Disposti a lavorare per bassi salari, gli ital- iani rivaleggiavano con gli irlan- desi per il lavoro non qualificato nelle città industriali, cosa che spesso portava ad ostilità tra i due gruppi. Gli italiani che arrivavano in America basavano la loro soprav- vivenza su due elementi: lavoro e famiglia. Mentre il primo è facile da capire, il secondo non è sem- plicemente il rapporto d'amore tra consanguinei, ma, in senso più ampio, è la continuazione delle tradizioni italiane, tra queste la cucina e le relative consuetudini erano, e sono tuttora, il cuore cen- trale. I genitori italiani volevano che i loro figli fossero assimilati nella vita americana, quindi spesso a loro non parlavano italiano e i bambini, dal canto loro, volevano parlare inglese in modo da non essere diversi dagli altri. L'ital- iano o più spesso i diletti italiani, non scomparivano ma venivano assorbiti da una nuova lingua che foneticamente riscriveva le parole originali e al tempo stesso ne creava altre. Pasta e fagioli, che in siciliano era pasta e fasola, diven- tò pasta e fazool; il capocollo diventò gabbagool, il prosciutto diventò prazhut e la mozzarella diventa mutzarel. Al contempo, la cucina americana subì un proces- so di italianizzazione con persone come lo chef Boyardee, che ha prodotto piatti dal suono italiano come maccheroni e formaggio che avevano poco a che fare con la cucina italiana, ma molto con l'Italian sounding. Nel corso del tempo, non sono stati solo i nomi della cucina ital- iana, come bruschetta, spaghetti e mozzarella, ad entrare a far parte della cultura americana ma, prima di tutto, i nomi degli italiani che hanno eccelso, come i Fonda, Frank Sinatra, Rodolfo Valentino, Robert De Niro, Vincent e Liza Minnelli, Al Pacino, Leonardo Di Caprio e, in altri campi, Tommy La Sorda, Mario Cuomo, Antho- ny Scalia. Scritti da Mario Puzo e portati sullo schermo da Francis Ford Coppola, ci sono due dei migliori film di tutti i tempi, Il Padrino I e II, molte delle cui battute, come "Gli farò un'offerta che non potrà rifiutare", sono diventate comuni modi di dire. Il riconoscimento ricevuto da questi film ha incoraggiato altri artisti a produrre lavori con temi simili come Goodfellas, The Sopranos, Jersey Shore e The Real Housewives of New Jersey. Sfortunatamente, queste pro- duzioni hanno operato in due direzioni opposte: il successo per gli italoamericani, ma anche il rafforzamento di molti stereotipi italoamericani negativi. Questi stereotipi, principalmente legati alla mafia, esercitano ancora una sorta di fascinazione sul grande pubblico, tanto che i turisti pos- sono fare tour della mafia in città come New York e Chicago, così come in Sicilia, dove le attrazioni non sono solo le location de Il Padrino ma anche, come pubbli- cizzato su alcuni depliant di tour operator, incontri e chat con il figlio di un famigerato mafioso. Molti americani, anche quelli di lontana discendenza italiana, stanno ora cercando di saperne di più delle proprie origini anche grazie ai test del DNA e ai siti web che facilitano la ricerca genealogica. Se soddisfano requi- siti legali, possono spesso acquisire una doppia cittadinanza (americana e italiana), cosa che ha portato alla costituzione di molte agenzie che, a pagamento, ricercano nel passato e procurano certificati di stato italiani originali per dimostrare il legame con l'I- talia. I social media facilitano la creazione di connessioni e gli italoamericani hanno molte pagine dedicate a loro. Lì, ho capito come gli americani di orig- ine italiana si definiscono basan- dosi solo sul loro sangue, con- siderandosi italiani se figli di genitori italiani, anche quando non sono mai stati in Italia e non parlano italiano. Mi sembra che così, in un dilemma tra natura e formazione, l'orgoglio di essere italoamericani si sia perso e, con esso, gli sforzi e il lavoro di tutti i migranti che hanno messo sangue, sudore e lacrime non solo nelle due guerre mondiali che hanno combattuto da soldati americani, ma anche nella costruzione degli Stati Uniti di oggi. Essere italoamericani è la bellezza e il privilegio di essere modellati unicamente dalla ric- chezza di due culture. Significa persone come Vincenzo Florio, come riportato nella rivista The World's Work del 1902, arrivato all'età di quattordici anni con solo una valigia di cartone, un paio di vecchie scarpe e 1,80 dollari per inseguire il sogno americano, che per molti divenne realtà. Non riesco nemmeno a immaginare quanto coraggio ci sia voluto da parte di queste persone per lasciare la loro famiglia e il loro piccolo ma conosciuto mondo per l'ignoto. Negare una formazione italoamericana signifi- ca negare il coraggio e l'imprendi- torialità di tali uomini e donne. Trovo, inoltre, difficile con- cepire l'idea di "essere italiano" senza aver vissuto eventi storici specifici. Essere italiano non è Ferrari e Valentino, Prada, Gucci o Ducati. Non è quello che erano i genitori, che rende italiani. È la vita, l'esperienza, la lingua, la realtà della vita comune che si condivide con un gruppo di per- sone. Hai vissuto gli attentati di Capaci che hanno ucciso il giu- dice Falcone, sua moglie e 5 agenti? Hai vissuto gli anni del terrorismo delle Brigate rosse e il sequestro di Moro negli anni '70? Hai vissuto la tragedia della fab- brica FIAT nei pressi di Palermo che ha chiuso, con migliaia di persone che hanno perso il lavoro? Hai vissuto la tragedia di tutti i terremoti? Hai vissuto 20 anni di politica berlusconiana e bunga bunga? In realtà, probabil- mente non sai nemmeno cosa sig- nifichi bunga bunga, mentre in Italia lo sanno anche i bambini. Penso che l'orgoglio di essere italoamericani sia stato espresso nel migliore dei modi da Rosa Cavalleri, arrivata negli Stati Uniti da giovane nel 1884 per unirsi a suo marito in un campo minerario nel Missouri e che si è poi stabilita a Chicago. Quando Cavalleri si avvicinò alla morte nel 1943, pensò: "Ho solo un altro desiderio: mi piacerebbe tornare in Italia prima di morire. Ora parlo inglese bene come un amer- icano, potrei andare ovunque, dove i vanno i milionari e le per- sone importanti, guarderei le per- sone importanti in faccia e chiederei a loro cose che mi piac- erebbe sapere: non avrei paura adesso, di nessuno, sarei orgogliosa di arrivare dall'Ameri- ca e di parlare inglese. Andrei a Bugiarno e vedere le persone e parlare con i capi della fabbrica di seta ... Potrei parlare alla Superio- ra ora. Le direi, "Perché eri così cattiva ... mi hai buttato fuori, povera ragazza, il cui cuore era così gentile nei tuoi confronti? Pensi che andrai in paradiso così? Li avrei sgridati in quel modo ora, non avrei avuto paura, non mi avrebbero fatto del male adesso che vengo dall'America, io, ecco perché amo l'America, per quello che ho imparato in America: non aver paura". Per i primi Italiani emigrati in America, la famiglia non era formata solo da legami di sangue, ma anche da connessioni culturali e di tradizioni condivise L'orgoglio, e il vero significato, di essere italoamericani

Articles in this issue

Links on this page

Archives of this issue

view archives of L'Italo-Americano - italoamericano-digital-6-14-2018