L'Italo-Americano

italoamericano-digital-1-3-2012

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L'Italo-Americano GIOVEDÌ  3  GENNAIO  2013 PAGINA  13 L'HOBBIT. Come l'effetto "Cocktail party" neutralizza il 3D MANUEL DE TEFFÈ Con buona pace dei critici, Peter Jackson ha ragione: dopo 20 minuti l'occhio si abitua agli iper realistici 48 fotogrammi al secondo dell'hobbit contro i canonici 24 del cinema come lo conosciamo fin'ora, ma non aveva tenuto conto che questa verità si riversa anche sulla tecnologia 3D rendendola sostanzialmente inutile. Proprio perché lo stesso occhio, oltre ai 48 fotogrammi al secondo, si abitua inesorabilmente anche al 3D. Ed è dimostrato dal famoso effetto Cocktail party, scoperto scientificamente nel 1953 da alexander dell'Università Gutschalk Rupecht-Karl di heidelberg, effetto che dimostra come in una situazione caotica il cervello capti solo i segnali che lo interessano. E nella situazione caotica di un film d'azione in 3D, al cervello umano interessa sempre e fondamentalmente la storia per la quale abbiamo pagato il biglietto...E se la storia non c'è il cervello si concentra per entrarci dentro comunque, con la stessa determinazione di un indio che avanza in una foresta fitta a colpi di machete, smantellando gli orpelli visivi ad uno ad uno per cercare la strada verso la storia. Ci abituiamo a tutto. Tranne alle storie che non funzionano. Ci abituiamo al 3D, abitueremo al 4D e ci renderemo conto che il cinema tradizionale a 24 fotogrammi al secondo slavato, difettoso, graffiato e scattoso, se dotato di una buona storia farà sempre la differenza. Del resto, neanche una buona fotografia, non ha mai salvato nessun film. 24 onirici fotogrammi al secondo contro i 48 soap operistici proposti da Jackson? Polemica sterile. Ogni regista è libero di scegliere quanti fotogrammi al poco le sinapsi del sistema nervoso centrale si riorganizzano, metabolizzano il 3D e nei successivi 20 minuti ribidimensionalizzano il film per non farci impazzire: Il re è nudo, resta solo scuro, come fosse sempre sottoesposto di uno stop e mezzo. Le lenti 3D infatti, non sono cristalline ma leggermente scure, tridimenzionalizzano la visione e la scuriscono allo stesso tempo. la storia per quel che è scevra di prologhi, farfalle che svolazzano a un centimetro dal naso e inseguimenti infiniti. La VISIONE OmBROSa DEL 3D Un'altro punto del film che mi ha letteralmente stupito è che l'hobbit ha una fotografia costantemente leggermente sottoesposta... Più di una volta ho alzato gli occhiali 3d per controllare lo schermo ad occhio nudo. ma l'immagine sullo schermo era esposta correttamente, perfetta. Indossavo nuovamente gli occhiali e tutto diventava più Ovviamente la pupilla finisce per abituarsi e dilatarsi, resta però il fatto che affronta la visione di un film di tre ore sotto continuo sforzo. I direttori della fotografia sono dunque di fronte a un grande dilemma, sovraesporre di uno stop il girato onde rinormalizzarlo durante la visione in 3d attraverso gli occhiali o esporlo correttamente per una successiova distribuzione in 2D ma rendere leggermente più "spenta" la visione nelle sale. Il problema è quando si gira in interni. L'intera sequenza iniziale notturna in casa del protagonista prima della par- incontra nel suo periodo da naufrago, preda di una stanchezza mortale, Pi esclama a gran voce: "ho perso la mia famiglia, ho perso tutto, che altro vuoi Signore da me, eccomi, sono pronto". Si arrende alla volontà della sua narrazione, a casa sua in Canada, Pi non dice di appartenere ad una chiesa organizzata, mostra solo una famiglia felice ed invita a cena lo scrittore. La narrazione chiaramente risente della tradizione di Rudyard Kipling della storia di mowgli in Jungle Books. Tuttavia mi pare che ci sia anche un ricordo dell'episodio di San Francesco che ammansisce il lupo di Gubbio, in un'idea che da secoli è parte della nostra cultura: il rapporto tra uomo e natura manifestato in un itinerario di vita, vissuta con intelligenza e sensibilità, verso la Realtà somma. La natura per Pi è un'unità che tutto comprende, uomini, piante ed animali, che dipende da Dio e a Lui rimanda. Il film è una festa per gli occhi, è di una grande bellezza offerta dalle profondità degli oceani e dalla loro ricchissima vita, in una festa di luci e colori indimenticabile. Costituisce un messaggio di salvezza, come ci possiamo salvare dal naufragio del nostro perseguimento della felicità pensato come una corsa al rapido arricchimento? Offre modelli di vita alternativi e salvifici, provenienti dall'immensa riserva spirituale dell'India, culla di tante religioni, che convivono ed ispirano la spiritualità. Una scena dal film "The Hobbit" secondo vuole al servizio dello stile narrativo che vuole adottare. Il punto non è questo, il punto è l'invasività del 3D e la reazione del nostro sistema nervoso centrale. COmE IL 3D RIDIVENTa 2D Vedendo l'hobbit ho calcolato che il 3D ha effettivamente una durata media di 30 minuti; una ritensione di 30 minuti nella fase attiva della nostra consapevolezza. Dopo i primi 10 minuti di stupore in cui il cervello si gingilla nella fantasmagoria delle diverse profondità di campo, a poco a tenza, per esempio, è una tortura visiva indicibile a causa di quell'ulteriore diaframma posto dagli occhialetti....oltremodo buia e claustrofobica nonché narrativamente goffa. PERChÈ IL 2D È IL VERO 3D È sempre la potenza della narrazione a sancire la "Suspension of disbelief" arpionando neuroni uno dopo l'altro e archiviandosi per sempre nella nostra memoria. il 3D è qualcuno che mi balla il tip tap sul tavolo mentre sto leggendo un libro. Non c'è bisogno del tip tap, se la storia mi ha già preso, il tip tap è scomparso. Sissignore, con la coda dell'occhio vedo due piedi sfocati che continuano a ballare il tip tap accanto a me, ma non sento il rumore: il mio cervello sta avanzando a colpi di machete verso il nucleo della storia, sento solo i colpi di machete. La verità è che in realtà un buon 2D è sempre stato 3D, dall'inizio della prima storia narrata al primo uomo; e che il 3D viene sintetizzato e riassorbito dal nostro cervello, costantemente impegnato a setacciare la marea di stimoli esterni fornendoci continui sunti per facilitare la nostra vita. Per quanto riguarda l'hobbit, mi resta solo una vaga e inutile memoria di persone bizzarre con le quali ho empatia zero, che in un universo parallelo senza donne sono inseguite da mostri e salvate in corner da aquile inespressive. ah, c'è un occhio gigante che si apre alla fine del film che avatarianamente minaccia il sequel. E sequel sia. ma ridateci la storia. Il naufragio e la salvezza EMANUELA MEDORO Il film Vita di Pi di ang Lee è ispirato dal romanzo di fantasia di Yann martel. Il protagonista del film Pi Patel (abbreviazione di piscina, il padre amava nuotare), è nato a Pondicherry, un ridente paesino del sud dell'India affacciato sull'Oceano. Cresciuto in una famiglia di tradizione vegetariana, a stretto contatto con una ricca collezione di animali, è fortemente attratto dall'idea di Dio e dalle grandi religioni, Pi si interessa alle religioni ed alle fedi, perché capisce la forza che da esse proviene. ha inoltre una mentalità eclettica che lo aiuta a comprendere il mondo, e con essa cerca un'esperienza di vita che gli faccia incontrare Dio, senza fare distinzioni fra le varie chiese istituzionali. Una tempesta nell'Oceano Pacifico gli offre l'opportunità di essere protagonista di una singolare vicenda, sopravvive per più di duecento giorni su una scialuppa di salvataggio, naufrago nell'oceano Pacifico. Non da solo ma con una singolare compagnia, una tigre, un essere vivente carnivoro, ma con cui si può comunicare, si può ammaestrare. Pi trova uno scopo di sopravvivenza nel rispondere in modo positivo agli istinti della tigre: provvede ai suoi bisogni, gli dà da bere e da mangiare. "Io posso mangiare i biscotti, ma Dio ha fatto le tigri carnivore, devo imparare a prendere il pesce. Se non lo faccio, il suo ultimo pasto sarà un ragazzo La locandina del film "Vita di PI" vegetariano pelle e ossa." L'animale intuisce che dipende da lui per la sua sopravvivenza in mezzo all'oceano, e non lo attacca. Durante l'ultima tempesta che di Dio, trovando così la salvezza in terra. approda su una spiaggia del messico, viene salvato da suoi simili e la tigre, silenziosamente e senza voltarsi, sparisce nella foresta. Tuttavia al termine Da notare che il film, infine, colloca Pi Patel adulto in Canada, paese verso cui si dirigeva il padre per vendere con profitto il suo zoo. Tutti affogarono nel naufragio, lui sopravvisse, e prospera con la sua famiglia in un paese che accetta la diversità nella vita privata di tutti, come una ricchezza.

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