L'Italo-Americano

italoamericano-digital-5-14-2020

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GIOVEDÌ 14 MAGGIO 2020 www.italoamericano.org 38 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | SOCIETÀ & CULTURA PERSONAGGI PATRIMONIO TERRITORIO S olo cinque anni era durata la sua carriera, fulminante come la sua morte, avvenu- ta il 23 agosto 1926, quando aveva appena 31 anni. Ma quei cinque anni erano bastati a tra- sformare un perito agrario della piccola Castellaneta, nella pro- vincia pugliese di Taranto, nel primo Divo della storia del cine- ma, capace di scatenare entusia- smi deliranti, passioni sbrigliate, pettegolezzi feroci e il primo, idolatrico culto della personalità dello star-system hollywoodiano. Rodolfo Anselmo Raffaello Pierre Filiberto Guglielmi era nato il 6 maggio 1895 in una famiglia della buona borghesia pugliese: il padre era un ex uffi- ciale di cavalleria e la madre una dama di compagnia della mar- chesa Giovinazzi. Da ragazzo sognava l'Accademia Navale e quando fu scartato alla visita di leva per insufficienza toracica, annotò sul suo diario: "Voglio morire". Ma non si uccise: amava trop- po godersi la vita. Dopo essere approdato a Parigi e a Montecarlo, decise di partire per l'America e il 29 dicembre 1913 sbarcò dal piro- scafo Cleveland a New York dopo 20 giorni di navigazione. Vita dura all'inizio, anzi duris- sima: sguattero, spazzino, giardi- niere. Si lavava nelle fontane e si asciugava con i fogli di giornale che il vento faceva volare a Central Park. Ma aveva tre doti spiccate: era bello, ambizioso e sapeva ballare da dio. Il tango, soprattutto, quel ballo torbido e peccaminoso nato nei bordelli di Buenos Aires e Montevideo, ballato inizialmente solo da uomini, danza di sangue e di coltelli, di occhiate assassine e di amori perduti, di passione e nostalgia. Un locale di New York lo scrittura come "danseur mon- dain" ossia come accompagnato- re di donne sole e lui le fa sogna- re stringendole a sé in tanghi voluttuosi e incendiandole con i suoi celebri sguardi obliqui. Danseur mondain e all'occorren- za gigolò, così non scontentava nessuna. Ma lui aspirava ad altro: al cinema, per esempio. Volto intenso incorniciato da lunghe basette da "mascalzone latino", capelli neri come la notte e imbrillantinati, occhi di velluto che una miopia congenita rende- va sognanti, movenze flessuose e sensuali: perfetto per ruoli da amante e bel tenebroso. E Hollywood non se lo fa scappare. Nel 1921 appare nei "Quattro Sguardo languido e tango: in 5 anni il latin lover partito dalla Puglia divenne la stella più luminosa di Hollywood DANIELA MUSINI cavalieri dell'Apocalisse": un trionfo. Nasce un fenomeno, che oggi chiameremmo mediatico, di proporzioni planetarie. L'ex perito agrario di Castellaneta, che ora si fa chia- mare Rudolph Valentino, diventa il prototipo del latin lover: le donne lo agognano e affollano i cinema dove si proiettano i suoi film, gli uomini lo imitano, e allora è un tripudio di ghette bianche e di capelli impomatati, torbidi sguardi e, per chi può, di limousine con l'emblema del cobra sul cofano, come la sua. Ma nessuno è come lui: unico, inimitabile, irripetibile. L'ascesa è repentina, il succes- so clamoroso: "Lo sceicco", "Sangue e arena", "Il giovane della cassa evoca la cabina di pilotaggio). Lui se ne innamora così tanto che s'impunta a volerlo portare persino nelle scene del suo film "Il figlio dello sceicco", incuran- te dell'imbarazzante incongruen- za e con buona pace della produ- zione che dovette piegarsi ai capricci di un Divo. Nel 1925 torna in Italia per una vacanza e chiede di essere ricevuto dall'allora capo del Governo Benito Mussolini, ma questi non lo accoglie: è piccato con lui perché il Divo aveva chiesto la naturalizzazione ameri- cana e ciò era stato percepito come un affronto alla Madre Patria. Per questo, mentre nel resto rajah", "L'aquila" e "Il figlio dello sceicco" (uscito postumo): questi i titoli di alcuni suoi film che riscuotono un successo gran- dioso, proiettandolo nell'Olimpo del Cinema in cui diventa "il Dio assoluto del Muto". I personaggi che interpreta sono sempre esotici, ad alto tasso seduttivo ed erotico e lui stesso è un dandy elegantissimo, amante delle notti folli, del lusso e dei piaceri. Influenza mode e modi: adotta l'orologio da polso, allora appan- naggio solo delle donne (gli uomini usavano quello da taschi- no) e allora Cartier gli chiede di indossare il suo celebre Tank, ispirato ai carri armati della Prima Guerra mondiale (la forma Terzo di quattro figli, Rodolfo Valentino era nato a Castellaneta, nella provincia pugliese di Taranto del mondo i suoi film erano osan- nati, in Italia erano boicottati. C'è chi parlò all'epoca di cen- sura mussoliniana perché lui non rispettava i canoni del maschio del tempo: troppo dandy, troppo effeminato, troppo ricercato, troppo gentile. In effetti Rudolph/Rodolfo si truccava gli occhi, curava i detta- gli del vestire con una ricercatez- za allora ascritta soprattutto alle donne, portava braccialetti a forma di serpente, e poi era così maledettamente seduttivo! Le donne, negli States, erano pazze di lui molto più che degli attori nostrani e questo anche in America, unitamente al fatto che lui non apparteneva alla "casta" dei WASP (acronimo di White Anglo-Saxon Protestant) ed era italiano, cattolico e pure di pelle scura, dava fastidio, molto fasti- dio, alla Upper Class. La stampa statunitense comin- cia a prenderlo di mira e gli riser- va critiche beffarde e velenose. Un cronista del "Chicago Tribune" arriva addirittura ad appella malignamente "piumino rosa da cipria", alludendo alla sua presunta omosessualità. Più che presunta, però, sono in molti a ritenerla conclamata (si parlò di relazioni con gli attori Norman Kerry e Ramon Novarro e con lo sceneggiatore André Daven), seppure ben occultata per non intaccare la sua fama di irresistibile tombeur de femmes. In una biografia molto prurigi- nosa dal titolo A dream of desire, David Bret sostiene che Valentino era "gay per inclina- zione naturale e bisessuale per convenienza finanziaria" e che, arrivato a New York, fosse stato assoldato come giardiniere dal miliardario Cornelius Bliss dive- nendone presto l'amante. E sono le sue due mogli a dare man forte alla tesi di un Rodolfo Valentino attratto da giovanotti muscolosi, sbandierando aperta- mente la mancanza di ardori ero- tici del loro bellissimo marito nei propri confronti. La prima, Jean Acker, un'attri- cetta-ballerina di poco talento e di molta boria, lo piantò dopo appena un mese di matrimonio, lamentandosi in interviste rila- sciate e destra e a manca che le loro notti erano state tutte male- dettamente bianche. In realtà era lei ad essere una seguace di Saffo, e quindi total- mente disinteressata agli uomini, oltre che amante della famosa e gelosissima attrice Alla Nazimova. Ma fu la seconda moglie, la perfida, stravagante ed insoppor- tabile Natascia Rambova (che si fingeva russa e invece era nata a Continua a pagina 39

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