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GIOVEDÌ 24 AGOSTO 2023 www.italoamericano.org 37 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | SOCIETÀ & CULTURA PERSONAGGI PATRIMONIO TERRITORIO In mostra a Castagneto Carducci i coperchi cinerari del Museo Etrusco di Volterra che ritraggono una coppia di sposi in un banchetto (Ph B. Minafra) Coltivazione, consumo e commercio: il vino di Fufluns, il Dionisio degli Etruschi, racconta sei secoli di storia paravano e servivano il vino valorizzando gli antichi manufat- ti realizzati con il bucchero". L'architetto Erica Foggi, curatrice dell'allestimento, spie- ga che "i pannelli sono stati pen- sati per accompagnare cromati- camente il visitatore nella frui- zione dell'esposizione. All'inizio sono rossi come il vino che si preparava, si serviva e si beveva, e molto curiosi sono reperti come la grattugia usata per aggiungere al vino spezie, radici o, come succedeva nel mondo greco, forse anche il formaggio. Poi è stato scelto il verde per il pannel- lo che spiega le tecniche di colti- vazione con le illustrazioni del disegnatore livornese Alessandro Balluchi e infine il blu perché il commercio del vino avveniva soprattutto via mare e sui suoi fondali sono stati trovate anfore e dolie. In mostra ce ne sono alcu- ne recuperate di fronte alla costa livornese. Nell'ultima parte - continua Foggi - abbiamo realiz- zato un triclinio, una stanza a imitazione di quelle in cui veniva bevuto il vino convivialmente, dove i visitatori possono sedersi e assitere alla proiezione di un video esplicativo appositamente realizzato. In alcune occasioni si sono tenute degustazioni di vini locali sulla terrazza a cui si acce- de dalla mostra e che offre una splendida vista sul mare e sulla vallata ai piedi di Castagneto Carducci". Nella mostra sono esposti i cinerari provenienti dalle necro- poli degli inizi dell'età del Ferro di Bolgheri e Piano delle Granate a Baratti; una selezione di tazze appena restaurate rinvenute nella Casa del Re sull'acropoli di Populonia; il corredo del princi- pe etrusco di Poggio Tondo a Pian d'Alma con le coppe su alto piede e il grande kantharos (coppa/cratere) monumentale; la rara tazza/attingitoio con iscri- zione di dono conservata al museo della cantina "Rocca di Frassinello" a Gavorrano; i buc- cheri e i bronzi forgiati e utiliz- zati per consumare il vino dal Museo Civico Archeologico Palazzo Bombardieri di Rosignano; i coperchi di urne cinerarie con defunto e defunta distesi a banchetto dal Museo etrusco di Volterra; un prezioso corredo funerario costituito da oggetti da simposio rinvenuto a Baratti e conservato al Museo Archeologico Nazionale di Firenze; la straordinaria cimasa di kottabos in bronzo raffiguran- te un satiro danzante dal Museo Archeologico di Vetulonia; gli arredi in piombo dal Museo di Populonia Collezione Gasparri. L'esposizione di Castagneto Carducci, nel cui territorio si snoda la Strada del Vino in cui vengono prodotti alcuni tra i bianchi e i rossi più apprezzati al mondo, come il Sassicaia, costi- tuisce l'epicentro della "rete di Fufluns", un percorso narrativo diffuso fra la costa e l'entroterra toscano, che coinvolge i musei partner e prestatori della mostra: il Museo di storia naturale del Mediterraneo di Livorno, il Civico archeologico Palazzo Bombardieri di Rosignano, il Museo etrusco Guarnacci di Volterra, il Museo civico archeo- logico di Cecina, il Museo etru- sco di Populonia Collezione Gasparri, il Museo archeologico del Territorio di Populonia a Piombino, il Centro di documen- tazione Rocca di Frassinello a Gavorrano, il Centro di docu- mentazione etruschi dei Musei di Scarlino, il Museo civico archeo- logico Falchi di Vetulonia e il Museo archeologico nazionale di Firenze. Tutti insieme sono tessere che compongono il misterioso puzzle etrusco, il racconto di una civiltà che assimilandosi con quella romana finì per scomparire ma anche comporre le basi della cul- tura italica. Un tour in questi luo- ghi, tra le tracce di un passato non ancora non tutto decifrato e noto, svela necropoli, tombe a pozzo tra gli uliveti o a tumulo immerse nella macchia mediter- ranea, corredi funebri ma anche strumenti della sviluppatissima attività metallurgica, acropoli mozzafiato sul blu del Tirreno, teche piene di capolavori di ore- ficeria, vasi, carri, elmi, schinie- ri, scudi, lance, statue e monete d'oro e d'argento, parchi archeo- logici, antiche cinte murarie. Ma come si coltivava l'uva e come si beveva il vino etrusco? Gli Etruschi coltivarono la vite selvatica come la vedevano crescere nei boschi dove cresce- va aggrappandosi agli alberi. È possibile che avessero adottato questo sistema unico e distintivo, "a sostegno vivo", per allontana- re la vite dal suolo affinchè l'u- midità non ne danneggiasse i frutti. La tecnica venne perfezio- nata con l'introduzione della potatura con pennati e falcetti metallici che permetteranno una migliore resa. La pigiatura avve- niva in vasche, solitamente due e comunicanti, scavate nella roc- cia. Dopo aver lasciato riposare le vinacce e il mosto per 24/48 ore, il liquido passava nella vasca sottostante. I sistemi più primitivi di torchi si basavano sullo schiacciamento con pietre o pezzi di legno appoggiati sopra alle vinacce. Il mosto/vino veni- va poi raccolto in grandi orci (dolia o pithoi), dove si comple- tava la fermentazione ed era con- servato il vino. Il commercio del vino etrusco è documentato a partire dal VII secolo a.C. Le anfore vinarie più diffuse furono prodotte nei centri dell'Etruria meridionale, nei territori di Vulci e Cerveteri. Sono attestate lungo le coste tirreniche fino alla Languedoc (Francia meridionale e Spagna) e alla Sardegna. E com'era quel vino, come si consumava? In antichità, era molto alcolico e concentrato e si beveva diluito con acqua, perché era sconveniente perdere il con- trollo in società. Veniva aroma- tizzato e addolcito per coprire i difetti dovuti alle limitate tecni- che produttive e di conservazio- ne. Dal cratere, dove era mesco- lato con acqua, era attinto con mestoli come il «kyathos», di foggia etrusca, a metà fra una coppa per bere e una per attinge- re. Era versato nelle brocche di servizio («oinochoe») o nelle coppe dei commensali e filtrato con un colino, per eliminarne le torbidità. Per bere si usavano coppe in ceramica come il calice semplice o «thavna». Una forma importata dalla Grecia era la kylix (in etrusco «culichna»). Con manici più alti e tipicamente etrusco era il «kantharos» o «zavena». Reperti da Populonia, Volterra e Vetulonia per raccontare il rapporto degli Etruschi con il vino nella mostra 'Nel segno di Fufluns' (Ph B. Minafra)