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GIOVEDÌ 22 AGOS TO 2013 La Vignetta della Settimana Museo Archeologico della Vita Quotidiana di Renzo Badolisani C'ERA UNA VOLTA AGOSTO… La vignetta fece storia: raffigurava negli anni Settanta una cabina telefonica rigorosamente a gettoni (all'epoca cellulari, Iphone e tablet erano pura astrazione) con, affisso sulla cornetta, il cartello "chiuso per ferie". Un'esagerazione, ovviamente, ma che, all'epoca, rendeva l'idea. Le ferie iniziavano, per l'80% delle persone, il 1° agosto terminando il 31. Le scuole riaprivano ad ottobre, per cui c'era tempo e spazio, anche a settembre, per tornare al mare, ravvivando l'abbronzatura. Interi quartieri svuotati, i cassonetti dell'immondizia senza contenuto. Pare passata una vita intera: in realtà il ricordo illustra uno spaccato italiano di soli quarant'anni fa. Oggi è tutto radicalmente cambiato. Abbondano i quartieri delle grandi città con i negozi aperti. Idem supermercati, farmacie, benzinai. Una volta ti affacciavi sul balcone e ti sembrava di essere il padrone della città. Tanto che i più snob, quasi controvoglia, facevano i bagagli, allontanandosi dalla città per le ferie. Colpa della crisi (un italiano su quattro, stando alle ultime stime, si è venduto l'oro di famiglia), colpa di lauti stipendi che non ci sono più. La realtà di oggi dice che le città non si svuotano, che i cassonetti sono (perlomeno) semipieni. Che si cammina in macchina e si fa pure un po' di fila. Ancora la scorsa settimana, sul Lungotevere, nelle vicinanze di San Pietro, c'erano clacson e tante auto in colonna. Restano a casa le famiglie che incassano, a testa, mille euro al mese. Impossibile partire con tutto ciò che la crisi economica promette a settembre: il rischio che l'Imu, la tassa sulla prima casa, si torni a pagare. Il paventato aumento delle bollette. Oltre al rincaro dei generi di prima necessità. Un tempo, neppure tanto remoto agosto, era il mese della spensieratezza. La Fiat chiudeva i propri stabilimenti, dando appuntamento a settembre. Ora la chiusura è quasi indotta per centinaia di lavoratori cassintegrati. Agosto, ovvero i giorni in cui si partiva – tutti assieme – per i mari e per i monti. Tutto pareva sospeso, aspettando l'autunno. Ora non è più il tempo neppure per lo svago, per far evaporare dalla mente i pensieri più torbidi e nefasti. Una volta si caricavano i nonni per un Ferragosto allargato e spensierato. Adesso gli anziani in città – sotto la graticola di trenta gradi e passa – pullulano e, con essi, le richieste di intervento medico. Una volta gli italiani sembravano felici: gli anni Settanta erano l'ultimo retaggio del boom economico vissuto alla fine degli anni '50. Le prime "Topolino" sostituite dalle "128" o dalla "Lancia". Quello di oggi, estate del 2013, è l'istantanea di un Paese condannato a non poter più sognare. Governando il presente con mille stenti, per sé e per i propri figli. Una volta – se l'ombrellone e la sdraio costavano più del dovuto – si chiudeva un occhio. Era estate e bisognava quasi accodarsi all'euforia collettiva. Oggi si fa la cresta su tutto. Soprattutto non si va più in vacanza. Preparandosi a un autunno nuovamente in trincea. L'Italo-Americano PAGINA 3 La crisi forse non ha toccato il fondo: a fine anno 3 milioni e mezzo di disoccupati La notizia non è delle migliori ma sinceramente il popolo italiano dei precari, dei disoccupati, del personale in mobilità, non è stato colto di sorpresa. La Cna, confederazione dell'artigianato e della piccola e media impresa, annuncia in un rapporto previsioni tutt'altro che rosee: "Rischiamo di arrivare a fine anno con 3 milioni e mezzo di italiani senza lavoro cioè quattrocentomila in più dei 3 milioni e centomila di oggi". Il Centro studi ha verificato che a giugno il numero degli occupati, circa 22 milioni e mezzo, ha raggiunto il valore più basso del nuovo secolo. L'analisi fa riferimento soprattutto ai 548 milioni di ore di cassa integrazione autorizzate nei primi sei mesi del 2013. A peggiorare il quadro, sempre nel primo semestre dell'anno, le pessime condizioni generali del mercato del lavoro. Rispetto allo stesso periodo del 2012 l'occupazione si è ridotta di 407mila unità, che equivalgono all'1,8% in meno. Nel frattempo, il numero dei disoccupati è salito del 16,4% a 431mila unità. Alla fine dello scorso giugno, il numero degli occupati, 22,5 milioni circa, ha raggiunto il valore più basso del nuovo secolo, mentre il tasso di disoccupazione ha toccato il livello record del 12,1%, con oltre tre milioni di senza la- voro. Numeri da brivido soprattutto per le donne, con il 12,9% di disoccupate, e per i giovani, tra i quali la media dei senza lavoro tocca addirittura il 39,1%. "Una crisi - dice il Centro studi - della quale forse non abbiamo ancora toccato il fondo". Nei primi sei mesi del 2013, il numero di ore autorizzate di Cassa integrazione è stato di circa 548 milioni, segnando un incremento consistente, quasi il 4,6%, rispetto al 2012, toccando il livello più alto a partire dal 2009. Un dato particolarmente preoccupante per la tenuta del mercato del lavoro: se queste ore fossero interamente utilizzate, sottolinea il Centro Studi Cna, si tradurrebbero nella perdita di circa 322mila posti di lavoro. Le costruzioni e l'industria continuano a essere i settori maggior- mente affetti dalla crisi. Le ore di cassintegrazione autorizzate nelle costruzioni sono aumentate di 7,8 milioni, pari al 13,7% in più. Le ore di cassintegrazione autorizzate nell'industria sono cresciute di 22,3 milioni, il 6,4% in più. Negli ultimi cinque anni i due settori hanno perso un numero equivalente di addetti, rispettivamente 370mila e 362mila unità. Ma ben diverso è stato l'impatto sulla base occupazionale: nel caso dell'industria si è ridotta del 7,5%, nelle costruzioni del 18,7%. L'acutizzarsi della crisi in questi due comparti si riflette pesantemente nell'artigianato. Nei primi sei mesi dell'anno, le ore autorizzate di cassintegrazione sono state pari a 46,1 milioni con un incremento intorno al 10% (+4,1 milioni di ore) rispetto al 2012. Diecimila migranti sbarcati sulle coste italiane nelle ultime sei settimane Non li ferma la paura, i giorni e le notte in balia delle onde, le imbarcazioni precarie con cui devono affrontare il mare aperto, il costo improbabile del trasporto che devono pagare agli scafisti senza scrupolo, nè le migliaia di uomini e donne che si sono imbarcati prima di loro e non sono riusciti ad arrivare sulle coste italiane. Anzi, il mare calmo e le temperature estive sono l'incentivo più forte per chi ha deciso di lasciare il proprio Paese e cercare miglior fortuna altrove, purchè lontani da carestie, guerre, povertà, persecuzioni politiche o etniche. Sulle coste italiane solo nelle ultime sei settimane sono sbarcati 10,000 migranti. Poco meno della metà, secondo i dati forniti recentemente dal Viminale, degli oltre 24 mila giunti in 12 mesi. Le motovedette delle capitanerie di porto non fanno altro che intercettare e soccorrere imbarcazioni cariche di centinaia di persone ammassate e in precarie condizioni di salute. In un giorno possono sbarcare sulle coste siciliane e lampedusane anche 500 persone. Nel centro di accoglienza di Lampedusa, dopo settimane di emergenza, con presenze superiori alle mille unità in una struttura con 250 posti letto - ci sono 180 persone, ma nel Catanese, si arriva a quota 3.500.