L'Italo-Americano

italoamericano-digital-9-12-2013

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12 www.italoamericano.com L'Italo-Americano GIOVEDÌ 12 SETTEMBRE 2013 Mostra del cinema di Venezia. Fuori concorso un piccolo gioiello di Quatriglio per denunciare i limiti e i pericoli del progresso VAleNtINA cAlABRese Trentacinque minuti con il fiato sospeso. Era questo l'obiettivo della regista, Costanza Quatriglio e tale è il successo di questo piccolo ma grande film. Una storia che lascia attoniti, angoscia fortemente e fa riflettere sul genere umano che si spinge oltre il proprio limite per perseguire quel solo e unico scopo: il progresso. Questo è il destino di quei "topi" da laboratorio che sono i ricercatori chimici, protagonisti del film. Coloro che, dopo aver trascorso ore e ore sui libri, han- no l'occasione di vedere trasformate in realtà tutte quelle formule chimiche che navigano nel loro cervello. Peccato che, chi dovrebbe occuparsi della sicurezza dei loro spazi, non abbia svolto il suo compito al meglio, o forse meno di quanto voglia far credere. Costanza Quatriglio mette in scena una realtà, forse poco conosciuta, ma di certo profondamente vera e inquietante. Tutto nasce quando, nel 2008, venne a conoscenza di una notizia sull'apposizione dei sigilli ai laboratori di chimica della Facoltà di Farmacia dell'Uni- Nel film, musica indie per denunciare i laboratori pericolosi versità di Catania per un sospetto inquinamento ambientale: "Nello stesso periodo ritrovai il memoriale di un giovane dottorando di ricerca, Emanuele, proprio di quel dipartimento, morto per un tumore al polmone cinque anni prima del sequestro di questi laboratori". Da qui nasce la storia di Stella, interpretata da un'autentica Alba Rohrwacher, una giovane laureanda in Farmacia, che trascorre la maggior parte della sua giornata in laboratorio a lavorare sulla tesi. La sua salute, a causa delle sostanze chimiche utilizzate e le condizioni di lavoro insalubre, inizia però pian piano ad aggravarsi, finché riconoscerà di aver contratto il cancro. "Stella è un personaggio inventato, come una sintesi di diverse vite", afferma la regista, "e quello che mi ha colpito della storia originale è che l'Università di Catania raccoglie studenti provenienti da un'ampia area, compresa quella dell'entroterra, e questo è emblematico di quanto possa essere feroce il tradimento subìto da chi affida i propri figli all'istituzione università". Un film a metà tra documentario e storia di finzione che però solleva un problema grave che Alba Rohrwacher interpreta una giovane laureata in Farmacia va affrontato per il bene dei propri figli e del futuro dei giovani: "Non voglio puntare il dito contro l'Università di Catania, ma porre la vera questione: l'Italia non è un Paese attrezzato per gestire il progresso. Perché quello che è successo a Catania prescinde perfino dalla logica del profitto che, se non giustifica, almeno spiega il dramma di siti industriali come l'Ilva e Marghera". In Stella vivono tante anime, quelle che vogliono testimoniare i trentasei studenti dell'università di Catania malati di cancro, e quelle di coloro che vorrebbero poter studiare e organizzare il proprio futuro senza rischi. Coraggiosa come soltanto una donna può esserlo, Costanza Quatriglio, arriva dove e come voleva, anche grazie all'utilizzo della musica, resa in scena con l'aiuto del personaggio di Anna, musicista indie che, consapevole prima degli altri, rifiuta le logiche dell'università. "La musica è quel linguaggio universale e prezioso da scegliere e custodire. Come la chimica, del resto. Questo l'ho imparato da chi la chimica l'ama davvero". "Con il fiato sospeso", è stato presentato alla Mostra del cinema di Venezia e sarà distribuito dall'Istituto Luce. L'inutilità dei festival cinematografici: tanti, troppi e per le esigenze dell'industria audiovisiva persino rischiosi doM seRAFINI In Italia, ogni anno si svolgono 30 festival del cinema. Nel mondo di principali ce ne sono circa 360, in pratica uno al giorno. Questo per un settore che in Italia conta 70.000 addetti, e nel mondo circa un milione, quindi una cifra relativamente ristretta (basti pensare che il nucleo internazionale della parte commerciale del settore cinematografico conta poco piú di 10.000 persone). All'American Film Market (Afm), l'annuale fiera del cinema di Santa Monica, California, stimano che di festival audiovisivi nel mondo ce ne siano addirittura 4.000 e l'argomento è diventato materiale di esame per una delle conferenze svoltasi durante la fiera. Tutti questi festival ambiscono ad avere in concorso alcuni film americani e la partecipazione di americani. Ma se i dirigenti e i talenti (attori, registi, sceneggiatori, ecc.) americani partecipassero anche ad una piccola frazione dei festival che si svolgono nel mondo, a questi non rimarrebbe il tempo per lavorare. Una volta il festival cinematografico serviva all'industria audiovisiva per pubblicizzare un film (risparmiando sul marketing) oppure per trovare un acquirente (distributore) o per recuperare finanziamenti e copro- duttori per progetti futuri. Oggi, con l'evoluzione dell'industria audiovisiva, sia per il modello finanziario che di utilizzo, queste necessità ci sono più. Ma mentre il settore audiovisivo è cambiato, il modello strutturale dei festival è rimasto lo stesso, rendendoli inutili. Per prima cosa, oggi per un film costato oltre 100 milioni di dollari partecipare ad un festival è rischioso, non solo per il fatto che non potrebbe vincere, ma anche perché il produttore perderebbe il controllo del marketing. Basti pensare ai danni causati da una recensione negativa oppure persino se il film venisse descritto dentro un genere non molto collocabile, quando l'ufficio marketing del produttore ha invece creato una campagna pubblicitaria imperniata su un genere diverso. Poi ci sono i costi vivi, come le spese per gli entourage richiesti dai talenti (ciascuno con un suo agente per le pubbliche relazioni, che serve anche da balia), i viaggi e gli alloggi. Costi che vengono solo in parte pagati dal festival. I festival oggi non servono piú all'industria per trovare film da distribuire. Infatti i cosiddetti "A-movie" (film di oltre 50 milioni di dollari finanziati dagli studio) hanno già un distributore prima ancora di esser prodotti. I In Italia ci sono 30 festival del cinema all'anno per 70mila addetti "B-movie", provenienti principalmente dai produttori indipendenti, sono noti a tutti gli interessati perché richiedono prevendite e coproduttori. Il resto della categoria non viene invitata o selezionata dai festival, quindi per trovarli bisogna partecipare alle fiere o a festival associati alle fiere, come il Festival di Cannes o il Festival di Toronto. È ciò che ha fatto anche l'Afi, il festival del cinema nel cuore di Hollywood che, per sopravvivere, ha spostato la data per coin cidere con l'Afm a novembre. Recentemente, la rivista settoriale Usa "VideoAge" ha documentato tutto ciò in un articolo illustrando come gli operatori cinematografici oggi non vadano più ai festival poiché inutili per la ricerca di contenuti da commercializzare. Rimasti ad usufruire dei festival sono i piccoli produttori che chiedono di partecipare a numerose manifestazioni con la speranza di ricavarne un po' di visibilità e trovare un distributore. Purtroppo gli organizzatori, per attirare l'attenzione al loro evento, non prestano molta attenzione ai film minori, che invece attirerebbero più operatori, ma poca pubblicità. I festival inoltre, specialmente in Italia, sono diventati strumenti per distribuire fondi pubblici al patronaggio politico, e quindi hanno bisogno di pubblicità per poterne giustificare le spese. Rimangono quindi necessità politiche e non industriali. Per sopravvivere ai nuovi paradigmi, un festival deve invece, prima di tutto, servire l'industria audiovisiva, in modo da attirarne l'attenzione, e quindi rendere necessaria la partecipazione. Ecco la necessità di concentrarsi su film che non siano ancora stati acquistati o che abbiano solamente distributori parziali. Si dovrebbe poi organizzare una vera fiera per i film non selezionati e privi di distributore. La parte "glamour" di un festival dovrebbe essere ricercata altrove, ad esempio nelle conferenze, alle quali le superstar possono partecipare senza timore di essere danneggiate (ad esempio Robert Redford e Arnold Schwarzenegger hanno utilizzato la fiera Tv di Cannes per promuovere loro progetti) oppure per elargire premi come ha fatto il Los Angeles Press Club che si è inventato un "Oscar per il giornalismo gossip" (che quest'anno va a Jane Fonda).

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