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14 L'Italo-Americano www.italoamericano.com Chiesa di Bruggi nel piccolo centro di Fabbrica Curone Fabbrica Curone, comune piemontese di 675 abitanti della provincia di Alessandria. Situato nell'alta valle del torrente Curone, è il paese più orientale del Piemonte. È certo che qualche insediamento umano già esistesse in epoca romana o preromana, quando tribù dei liguri occuparono una parte del Piemonte. Lo testimoniano i reperti scoperti nella vicina località Guardamonte di Gremiasco, risalenti al periodo precristiano ed il ritrovamento di frammenti di laterizi nella zona di Fabbrica che, sia per il materiale con cui sono costruiti sia per la tecnica di fabbricazione, sono attribuibili a tale epoca. Il paese vero e proprio è nato nel corso dei primi secoli del nuovo millennio, in seguito al consistente flusso migratorio della popolazione ligure che, terrorizzata dalle scorribande dei Saraceni, cercava rifugio nell'entroterra appenninico. Soggetto alla giurisdizione dell'Abbazia di San Colombano di Bobbio, sorse come piccolo aggregato urbano intorno all'antica pieve. Dotato di castello, fu soggetto ai vescovi di Tortona, in seguito a bolla papale nel 1157. Elevato al rango di feudo imperiale, fu attribuito ai Malaspina, che lo tennero fino alla soppressione (1797). L'antica pieve di Santa Maria Assunta è un edificio romanico, composto da una navata centrale con tetto a capanna e da due navate laterali con tetto a falda semplice. L'ingresso è impreziosito da un portale in pietra, con un fregio romanico. In frazione Lu-nassi è stato istituito un Museo della civiltà contadina, in cui sono raccolti strumenti, attrezzi, macchinari, documenti ed oggetti che dimostrano al visitatore la lotta per la sopravvivenza di una popolazione attaccata ad una terra poco fertile. Il paese fa parte del territorio culturalmente omogeneo delle Quattro province (Alessandria, Genova, Pavia, Piacenza), caratterizzato da usi e costumi comuni e da un importante repertorio di musiche e balli molto antichi. Strumento principe è il piffero appenninico che accompagnato dalla fisarmonica, e un tempo dalla müsa (cornamusa), guida le danze e anima le feste. GIOVEDÌ 10 OTTOBRE 2013 Il castello di Graffignano al centro di contese in età medievale Il centro urbano di Jonadi Graffignano, comune laziale con 2.303 abitanti nella provincia di Viterbo. Il territorio si trova per la maggior parte sopra un altopiano che domina la valle del fiume Tevere ad una altezza compresa tra i 170 e i 400 metri in un territorio ricco di boschi. Il Borgo antico originario si sviluppa sulla sommità di una piccola rupe e comprende il Castello Baglioni ed il cosiddetto Di Dentro. Tale antico complesso corrisponde allo schema tipico dei centri abitati medievali italiani che sorgevano intorno ad un Castello. Nella zona, come in tutto il territorio della Tuscia, sono presenti testimonianze Etrusco-Romane. L'origine del toponimo, "Carfinianum", fa supporre che il territorio fosse proprietà di un dominus romano: Carfinius. Le prime notizie storiche risalgono alla seconda metà del sec. XIII, quando i nobili Baglioni di Castel Di Piero i cui possedimenti comprendevano la Rocca di Graffignano, fecero atto di sottomissione a Viterbo. Il castello divenuto possedimento di Viterbo, nel XIV secolo dovette condividere le sorti di quel potente comune, che per motivi territoriali, si oppose a Orvieto. I secoli XV e XVI sono caratterizzati da continue dispute territoriali interne, concluse con l'intervento di Papa Adriano VI che confiscò il feudo. Nel 1531 i possedimenti vengono restituiti dal Papa Clemente VII, tant'è vero che nel 1546 si risolse la contesa per il territorio di confine ancora oggi chiamato La Litigata. Agli inizi del sec. XVII il feudo fu ereditato dalla contessa Cesi, della famiglia fondatrice dell'Accademia dei Lincei a Roma. Alla fine del secolo XVII i territori passarono sotto la famiglia Borromeo. Nel 1741 il feudo venne eretto a principato e venduto al principe romano Scipione Publicola di Santa Croce, che ridiede nuova vita ad un territorio lasciato da anni alla rovina. Nel 1809 le guerre napoleoniche portarono il comune nel Dipartimento di Roma. Dalla Restaurazione al regno d'Italia, la popolazione subì un forte incremento, dovuto al fatto che il territorio comunale era in grado di assorbire manodopera in vari settori agricoli e artigianali. Jonadi è un comune calabrese di 3.683 abitanti della provincia di Vibo Valentia. Numerosi sono gli edifici di culto presenti nel comune (ben cinque nel capoluogo e due nella frazione di Nao) a testimonianza della devozione di questa piccola comunità: la Chiesa Matrice, la Chiesa di San Nicola, della Madonna degli Angeli, della Madonna Addolorata e la piccola chiesa di San Rocco. Quelle della frazione Nao sono la chiesa della Madonna del Rosario e la chiesetta dell'Immacolata. Completano il quadro i resti di un antico convento del 1595. La conferma si ritrova anche nella tradizione del presepe vivente e nella grande adesione alle due Confraternite laicali: la più antica, la Confraternita dei Nobili denominata "Stellario", istituita a Roma e poi rinominata Confraternita del SS. Sacramento o di San Nicola, e la Confraternita di Maria SS. Addolorata. L'iscrizione garantiva un posto nella cappella del cimitero e delle messe commemorative. In cambio gli iscritti dovevano, indossando la veste tipica, partecipare obbligatoriamente alle processioni del Corpus Domini, del Venerdì Santo e del giorno in cui ricorrevano i festeggiamenti (15 Agosto per San Nicola e 15 Settembre per l'Addolorata). Altro obbligo era quello di partecipare ai funerali di un fratello morto. La veste era costituita da una tunica bianca stretta in vita da un cordone, da una mantellina che variava di colore tra le varie confraternite e un cappuccio. Si permise in seguito di indossare vestiti civili, a condizione che si portasse al collo un medaglione, sostenuto da una fascia con i colori della congrega. Chi non indossava tale veste o mancava per tre volte, senza giustificati motivi, alle processioni obbligatorie, veniva cancellato dalla lista dei fratelli. Nel periodo natalizio, invece, per le caratteristiche viuzze della parte vecchia del paese, si svolge il suggestivo Presepe vivente. Questa tradizione vede la partecipazione di gran parte della popolazione e costituisce una grande attrattiva per i comuni della zona. In tale occasione vengono preparati i dolci tipici del periodo, tra cui le "zeppole". Musica come azione sociale: a Macerata il 'Sistema' del maestro Abreu ANNA PISANI Nel mese di ottobre del 2012, in tutte le scuole di Macerata è stato diffuso un bando per invitare i bambini e i ragazzi, di età compresa tra i 4 e i 14 anni, ad aderire al progetto "Sistema". A novembre è partito il primo gruppo, formato da una quarantina di elementi, con un corso di propedeutica così come previsto dai criteri didattici nazionali del modello venezuelano de "El Sistema" del Maestro Josè Antonio Abreu che è riconosciuto a livello mondiale come esempio per lo sviluppo dell'azione sociale attraverso la musica. Oggi questa è una realtà a Macerata, che arricchisce ancora di più il panorama culturale e sociale cittadino. "La musica è per Macerata – afferma l'assessore alla Cultura, Stefania Monteverde – un filo rosso che accompagna i tanti eventi e le tante proposte culturali. Investire sull'educazione musicale significa far crescere persone sensibili e aperte alle arti. Sono tanti i progetti musicali in città. Il Sistema è uno di questi, è un progetto che ha una grande valenza sociale perché è aperto soprattutto a chi ha meno opportunità, in questi tempi di crisi economica. Quando investiamo sulla cultura investiamo sul futuro perché parliamo di welfare per la città e per le nuove generazioni". L'iniziativa, in appena 8 mesi, ha permesso di svolgere e attuare il progetto con l'apertura a tutti i ceti sociali, anche ai non Piccoli musicisti crescono abbienti e con la predilezione verso i bambini soggetti alle più varie problematiche di integrazione (disabilità, stranieri, iperattivi...). L'approccio didattico è stato fatto con un insegnamento basato su: massività, intensività, condivisione, tutoraggio, emulazione tra pari. "L'originalità del nostro nucleo – afferma la responsabile didattica del Nucleo Macerata, Barbara Torresetti - è quella di avere sì alle spalle la realtà solida di un ente pre-esistente come la scuola di musica Liviabella, che ha messo a disposizione i docenti e la struttura necessari insieme al supporto di alcuni allievi più grandi, ma di essere sostanzialmente nato da zero con un reclutamento apposito dei bambini nelle scuole voluto insieme al Comune della nostra città". Il gruppo che si è costituito, alle primissime armi "è molto eterogeneo nella sua natura per età, capacità, estrazione sociale e nazionalità e ci dà quindi la possibilità di attuare lo scopo vero e proprio del Sistema che è l'inte- Il progetto Sistema per la crescita dei bambini e della cultura musicale grazione. L'esperienza – prosegue la Torresetti - è molto positiva soprattutto a livello umano, nel rapporto coi ragazzi e tra noi insegnanti riuniti in un'equipe di lavoro molto affiatata". Per quanto riguarda la parte ritmico-vocale i ragazzi sono seguiti da tre insegnanti e da due di strumento (una per viola e violino, una per il violoncello) oltre che da alcuni allievi della scuola di musica che si stanno formando come tutor facendo da assistenti agli insegnanti. Al primo concerto, che si è tenuto al teatro Lauro Rossi di Macerata hanno partecipato anche allievi della scuola con un livello avanzato in modo da sostenere i principianti e altri piccolissimi che 'guardano' ai più grandi, proprio per imparare. "In questo modo - conclude la responsabile Torresetti - si è potuta vivere una vera esperienza di condivisione nella quale ciascuno ha fatto la propria parte per un risultato finale, speriamo bello, da raggiungere tutti insieme".