L'Italo-Americano

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L'Italo-Americano GIOVEDÌ 30 GENNAIO 2014 www.italoamericano.com 12 Con 'La grande bellezza' ricomincerà la lunga storia d'amore tra l'Italia e gli Oscar al miglior film straniero? Sorrentino. La storia d'amore tra il nostro cinema e il premio più importan- te del pianeta cinematografico è, in realtà, assai remota. Per chi non lo sapesse, l'Italia, al pari della Francia, è il Paese con il numero di statuette maggiori: 12 per l'esattezza. Tutto ha inizio nel lontano Dopo otto lunghi anni, l'Italia ritorna agli Academy Awards con la nomination agli Oscar de "La Grande Bellezza" di Paolo 1948 quando Vittorio De Sica con "Sciuscià" si aggiudica la primissima vittoria italiana agli Oscar, quando ancora non esiste nemmeno la categoria per i film stranieri. Il film viene così rico- nosciuto con il Premio Speciale per le pellicole non americane. Non passa molto tempo dal bis di De Sica, nel 1950, con un altro capolavoro della cinematografia italiana, "Ladri Di Biciclette". Ci troviamo nel pieno Neorealismo italiano, uno dei periodi (se non "il") periodo, più fiorente del cinema italiano. Pochi anni dopo, nel 1957, essendo stata istituita la categoria che oggi conosciamo, l'Oscar al miglior film straniero, viene bat- tezzata dall'italiano Federico Fellini con "La Strada". L'anno dopo, lo straordinario Fellini torna a Los Angeles e si porta a casa la seconda statuetta con "Le notti di Cabiria". Dal 1958 al 1963, i film italiani continuano ad essere molto apprezzati dal pubblico americano, riuscendo ad ottenere costantemente, nomi- nation agli Oscar, come "I soliti Ignoti" e "La Grande guerra" di Mario Monicelli. Per un'altra vittoria bisogna però aspettare di nuovo Fellini con "Otto e Mezzo", uno dei cult movie che resteranno per sempre nella top 10 di ogni regista. Il film segna un cambiamento radicale della società e del cinema. Dal neorea- lismo si passa ad una cinemato- grafia metafisica, libera e straor- dinaria espressione della sostan- za di cui sono fatti i sogni. Il neorealismo non è però ancora messo da parte, e nel 1964, De Sica trionfa ancora con "Ieri, oggi e domani". Dopo un paio di anni di pausa e solo alcune nomi- nation di De Sica, Pontecorvo e Monicelli, è Elio Petri, con uno strepitoso Gian Maria Volontè, a riportare in Italia l'Oscar con "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto": ci trovia- mo negli anni '70, uno dei momenti più bui e violenti della storia italiana. L'anno dopo, la scia della vit- toria continua e Vittorio De Sica (regista più premiato dall' Academy) porta a casa la statuet- ta con "Il giardino dei Finzi Contini", tratto dall'omonimo romanzo di Giorgio Bassani. Trascorrono ben quattro anni da una nuova vittoria, e questa volta tocca a Federico Fellini che trionfa con "Amarcord". Con Amarcord, si conclude il periodo più entusiasmante e ricco della cinematografia italia- na, testimoniato dal fatto che, tra il 1981 e 1989 solo due film (di Francesco Rosi e Ettore Scola) sono candidati agli Oscar. Si deve arrivare al 1990, quando Giuseppe Tornatore dirige "Nuovo cinema paradiso", film che interrompe un'attesa lunga quindici anni. Due anni dopo, "Mediterraneo" di Gabriele Salvatores vince l'Oscar. Dal '92 al '99 solo una candidatura di Tornatore, cui segue il vero trionfo di tutti i tempi: "La vita è bella" di Roberto Benigni che, oltre a far commuovere il mondo intero, si aggiudica ben tre premi Oscar (oltre a quello per il miglior film straniero, miglior at- tore protagonista e miglior colonna sonora) e ottiene la nomination come miglior film in assoluto, onore mai tributato prima ad una produzione italia- na. È un momento dorato per il Belpaese ma ben presto l'entu- siasmo della vittoria si spegne e gli anni bui del cinema italiano iniziano a palesarsi. Da quel giorno dobbiamo attendere fino ad oggi, con "La Grande Bellezza" di Paolo Sorrentino, per tornare a sperare. Ecco il motivo per cui il mondo del cinema italiano parla, discute e incrocia le dita per que- sta vittoria, mai come ora neces- saria a smuovere il corso degli eventi. Il cinema italiano, non è un segreto, è spento, come se fosse in modalità standby rispetto al passato. Molte commedie, zero fantasia e tanto poco coraggio. Il film di Paolo Sorrentino, interpretato da un attore fenome- nale come Toni Servillo, potreb- be avere le carte in regola che l'Academy richiede. Lo stesso Gabriele Salvatores, (vincitore del premio Oscar nel 1992), lo crede; per lui, i film italiani can- didati ai premi Oscar lo sono "perché rientrano negli stereotipi che gli Stati Uniti hanno nei con- fronti dell'Italia. È il caso de La grande bellezza, ma è stato così anche per gli altri film come Nuovo Cinema Paradiso, Mediterraneo, Il Postino e La vita è bella". A questo punto non ci resta che sperare: che quest'anno, sia la volta buona e che sia di buon auspicio per aprire di nuovo la strada al nuovo e al bello che ci contraddistingue anche nella cinematografia. vAlENTINA CAlABRESE Il regista Paolo Sorrentino L'attore Toni Servillo

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