L'Italo-Americano

italoamericano-digital-4-10-2014

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GIOVEDÌ 10 APRILE 2014 www.italoamericano.com 18 GIOVEDÌ 10 APRILE 2014 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | Quattro Castella comune dell'Emilia Romagna di 13.161 abitanti della provincia di Reggio Emilia. Il paese prende il nome da quattro castelli che sorgono su altret- tanti colli. Probabilmente facevano parte del sistema difensivo settentrionale dei dominii dei Canossa. Ad ec- cezione del Castello di Bianello, che sorge pressoché intatto, degli altri castelli non restano che pochi ruderi. Sul primo rilievo appenninico del Reggiano, al limite di mezzogiorno della valle del Po, in un singolare contesto di quattro colli gemelli e contigui sorgevano gli insedia- menti fortificati. L'incastellamento dei quattro colli, Montevecchio, Bianello, Montelucio, e Montezane, da levante a ponente, potrebbe essere stato iniziato già alla metà del X secolo, con Atto Adalberto. I manufatti hanno avuto notevole consistenza edilizia e particolare rilevanza strategica, seppur con ruoli differenziati, come prima linea di difesa dalle invasioni del nord. Anche nella di- versa evoluzione strutturale (soltanto Bianello è oggi castello di residenza, degli altri rimangono spezzoni più o meno consistenti delle torri maestre) i castelli denunciano un organico programma costruttivo. Durante il mese di maggio si tiene un corteo storico che rievoca l'epoca medievale. L'attuale chiesa parrocchiale dedicata a Sant'Antonino sorge nell'area e sui ruderi di un'antica chiesa restaurata nel 1112 e a sua volta preceduta in loca- lità "Ghesiòla" da una chiesetta databile a qualche secolo prima del Mille ed eretta non appena il cristianesimo si fu consolidato in questa area pedemontana. Resta tuttora legata ad un'affascinante ipotesi la controversa tesi di una primordiale chiesa, sorta a Quattro Castella nel 385. Sta di fatto che sulla strada pre-romana che correva lungo l'asse Montefalcone-Mediano, non era assurdo trovare una chiesa nel IV secolo, quando il fervore neo-cristiano scaglionava, secondo un ritmo culturale del tempo, cap- pelle e "maestà" sulle strade di maggior transito e a distanza di una giornata di cammino tra loro. Rosciano è un comune abruzzese di 3.595 abitanti della provincia di Pescara. Abitato sin dal neolitico e probabil- mente vicus romanus (lo dimostrano l'impianto in lateri- zio che funge da basamento alla torre del castello, nonché vari oggetti scoperti nel territorio (tra i quali un sarcofa- go, suppellettili, armi), l'area di Rosciano vide l'insedia- mento dei longobardi di cui restano vari reperti, come un pettine in osso lavorato, venuto alla luce da una sepoltura presso Villa Oliveti ed una necropoli in località Piano Fara più varie sepolture lungo il tracciato del Tratturo, ma anche diversi toponimi come Piano Fara, Colle della Guardia e S. Giovanni alla Pescara, quest'ultimo in riferi- mento alla chiesa edificata dai longobardi ai piedi del colle sul quale, nella seconda metà del secolo XI, Achille Valignani, Duca di Vacri, fece costruire una torre con la funzione di testa di ponte per le schiere normanne in movimento alla volta del comitato pinnense. Intorno a questo elemento fortificato, poi ampliatosi nell'attuale castello, fu creato il primitivo nucleo abitato di Rosciano. In esso sono situate costruzioni molto antiche, come il castello medioevale con la torre detta "dei Paladini", edi- ficata dai normanni, il cui primo comandante militare, Roscio da Montechiaro, ha dato il nome al paese. Il feudo e, soprattutto, il castello di Rosciano diedero ricovero ai più temibili e famosi capitani di ventura del tempo. Nella frazione di Villa Badessa è presente l'unica comunità Arbëreshë (italo-albanese) dell'Abruzzo, che ha preserva- to l'uso della lingua arbëreshë e il rito bizantino greco, secondo l'anno liturgico orientale. Sebbene questa lingua sia ormai scomparsa nel parlato quotidiano, tuttavia per- mane nella ritualità liturgica: vi è situata una chiesa di rito bizantino greco che fa capo all'Eparchia di Lungro, in Calabria. Provenienti dalla Morea, Corfù e dalla coste dell'Epiro meridionale, le genti badessane, giunte in Abruzzo per fuggire la dominazione turco ottomana, furono stanziate nelle terre di Rosciano nel 1743, grazie al beneplacito del re Carlo III di Borbone. La chiesa di Villa Badessa conserva una ricca collezione di icone. Salvitelle, comune campano di 609 abitanti della pro- vincia di Salerno. Al confine con la Basilicata, su un colle a 646 metri, si affaccia sulla valle del Melandro- Bianco e spazia fino alla costiera amalfitana. Territorio prevalentemente collinare, raggiunge la massima altitudi- ne sul monte S. Giacomo con quota 961 metri sul livello del mare. L'insediamento è formato da un unico nucleo urbano. Nel suo insediamento storico, sono riconoscibili quattro tipi di formazione, due interne ad una perimetra- zione fisica dell'impianto originario, due esterne con caratteristiche di formazione di borgo. Il primo impianto comprende il sistema del castellare che si insedia in un'a- rea privilegiata forse di preesistente costruzione con una recinzione muraria quadrangolare. Successivamente al secolo XVI la struttura urbana si arricchisce di unità a palazzotto signorile che si appoggiano alla nuova via longitudinale alla linea del crinale e si munisce di una nuova recinzione muraria più estesa sulla quale, poi, si imposta l'aggregazione edilizia delle "case-mura". In questo periodo è possibile che per l'imposizione a risiedere all'interno del nucleo urbano da parte di una certa aristocrazia rurale e per il maturare di forme isti- tuzionali ed artigianali, Salvitelle abbia avuto una fase di crescita tale da farlo assurgere al ruolo di città. A confer- ma resta un'organizzazione tipicamente gerarchica che distingue la città dentro e la città fuori le mura. È incerto se questo insediamento sia stato fortificato. Tuttavia la presenza del complesso Mazzei dotato di due torri e il palazzo Briganti-Bonavoglia che ricorda un bastione cinquecentesco, lascia aperti alcuni interrogativi sulla esatta determinazione della forma urbana. Le rico- struzioni successive ai terremoti dei secoli XVII e XVIII e gli interventi ottocenteschi, come il palazzo Grassibelli, il palazzo Mucci, il palazzo Romanzi, il palazzo Briganti hanno stabilito una continuità storica pur nelle nuove scale dimensionali che l'intervento architettonico introduceva nell'organizzazione della città. Il piccolo centro di Rosciano Chiesa di S. Antonino a Quattro Castella Abitazioni arroccate a Salvitelle L' Assessorato alla Cultura del comune senese di San Gimi- gnano, organizza dal 6 aprile al 31 agosto, presso la Galleria di Arte Moderna e Contemporanea "Raffaele De Grada", la mostra "ElliottErwitt/ Icons", un proget- to di Civita e SudEst57, curato da Biba Giacchetti e organizzato da Opera Laboratori Fiorentini. La mostra ripercorre la carriera e i temi principali della poetica del grande fotografo e artista americano Elliott Erwitt (1928), attraverso 42 scatti da lui stesso selezionati come i più rappresen- tativi della sua produzione arti- stica. Sarà esposta inoltre, una serie di 9 autoritratti, esclusivi di questa mostra, che costituiscono un "evento nell'evento". Tra gli autoritratti esposti anche quelli a colori in cui l'artista ve- ste i panni di André S. Solidor, alter ego inventato per ironizzare sul mondo dell'arte contempo- ranea e sui suoi stereotipi. Andrè S. Solidor (si noti l'acronimo ir- riverente) ed Elliott Erwitt saran- no anche protagonisti del film "I Bark At Dogs" che sarà proietta- to in mostra. Grande autore Magnum, reclu- tato nel 1953 all'interno della celebre agenzia direttamente da Robert Capa, Elliott Erwitt ha fir- mato immagini diventate icone del Novecento. Tra queste, in mostra a San Gimignano, alcune delle più ce- lebri: il bacio dei due innamorati nello specchietto retrovisore di un'automobile, una splendida Grace Kelly al ballo del suo fi- danzamento, un'affranta Jacque- line Kennedy al funerale del ma- rito, i ritratti di Che Guevara e FABRIzIO DEL BIMBO Autoritratti e 42 scatti di Elliott Erwitt che diventano 'Icons' a San Gimignano Marilyn Monroe, alcune foto appartenenti alla serie di incontri tra i cani e i loro padroni, iniziata nel 1946. E ancora, gli scatti che Erwitt, reporter sempre in viaggio, ha raccolto per il mondo, a contatto con i grandi del Novecento ma anche con la gente comune. E i paesaggi, le metropoli. Gli scatti di denuncia, in cui al suo sguar- do di grande narratore, si mesco- la sempre ironia e leggerezza, e la sua capacità di trovare i lati surreali e buffi anche nelle situa- zioni più drammatiche. La mostra sarà corredata da una esclusiva pubblicazione curata da Erwitt in collabora- zione con Sudest57 e disegnata da Anders Weinar. Una colle- zione di stampe rilegate ed amo- vibili, ciascuna con testi inediti di backstage, scritti da Biba Giacchetti che collabora con Erwitt da circa 20 anni. Info: www.sangimignanomu- sei.it A San Gimignano in mostra fino ad agosto una selezione di scatti celebri Elliott Erwitt nasce in Francia, ma emigra con la famiglia negli Usa

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