L'Italo-Americano

italoamericano-digital-5-1-2014

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GIOVEDÌ 1 MAGGIO 2014 www.italoamericano.com 15 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | La scomparsa di 7 siciliani torturati dal regime, nel racconto del Nobel Garcia Marquez e negli articoli de La Voce d'Italiain Venezuela Nell'angusto e disordinato ufficio che in quel tempo servi- va da redazione, direzione ed amministrazione a "La Voce d'Italia", uno dei giornali in lin- gua italiana che escono a Caracas, il direttore Attilio M. Cecchini, un giornalista che sembra piuttosto, grazie al suo fisico, un rubacuori del cinema italiano, prese a cura personal- mente la misteriosa scomparsa dei suoi sette compatrioti. Dopo una riunione non ufficiale col suo capo di redazione, Gaetano Bafile, decise di indagare a fondo per conto del giornale e senza ricorrere alla polizia, fin- ché non avesse scoperto la verità. Con l'ostinato e minuzioso me- todo del giornalista italiano, che è capace di montare un tremen- do scandalo partendo da un cadavere modesto come quello di Wilma Montesi, ma che in ogni caso riesce ad arrivare sem- pre prima dei detectives al nodo del problema, Bafile dedicò pa- recchie settimane a seguire, pas- so passo, le ultime piste percorse a Caracas dai sette compatrioti scomparsi. Ma nel 1955, con la città controllata dai 5.000 occhi di Pedro Estrada, le conclusioni a cui giunse il giornalista erano un biglietto senza ritorno verso la morte. Un funzionario di polizia, che si accorse dei progressi di Bafile Jimenez e dei suoi aguzzini. Dopo alcuni articoli, però, la polizia intimò ai due giornalisti di non spingersi oltre, perché, così fu detto loro, "stavano cam- minando sulla dinamite". Così racconta invece Attilio Cecchini. "Conobbi Gabriel Garcia Mar- quez nel 1958, l'anno della rivo- luzione venezuelana che spode- stò il dittatore Jimenez. Gabo era arrivato da Parigi qualche mese prima, alla fine del 1957. Si era trasferito nella capitale francese come inviato speciale del gior- nale El Espectator di Bogotà. Quando in Colombia andò al po- tere il dittatore Pinilla, il povero Gabriel rimase senza lavoro per- ché il suo giornale, che era un giornale di opposizione di im- pronta liberale, scomparve. Rimasto disoccupato, iniziò a viaggiare e a gioronzolare per vari paesi, compresa l'Italia, dove tentò di iscriversi al Centro di Cinematografia Sperimentale, a Roma. Da Roma partì di nuo- vo, destinazione Caracas, e, una volta stabilitosi, cominciò a la- vorare per un giornale che si chiamava "Momento". Ci conoscemmo subito. All'e- poca la capitale venezuelana era sì una città in piena espansione economica - un'espansione favo- rita dal petrolio - ma era ancora una piccola città e soprattutto era piena di giornalisti, prove- nienti da tutto il mondo. Io ero arrivato in Venezuela qualche anno prima, nel 1950, preceduto di un anno dal mio amico Gaetano Bafile, anche lui aquilano, insieme al quale fon- dai un giornale che si chiamava "La voce d'Italia", una testata scritta in italiano che cercava di difendere i diritti degli emigrati italiani. Caracas mi apparve subito come una città turbolenta, piena di contrasti ma anche di passione e di vita, le cose di cui andava alla ricerca Marquez in quel periodo. Lui era un comuni- di importanza e fama nazionali. All'epoca Cecchini viveva a Caracas, dove era emigrato nel 1950 insieme a un altro aquila- no, Gaetano Bafile. I due aveva- no fondato un giornale in lingua italiana, La Voce d'Italia, una testata di inchiesta e impegno civile che cercava di difendere i diritti dei tanti emigrati italiani partiti per il Venezuela - allora governato dal dittatore Marcos Perez Jimenez - in cerca di for- tuna. "La misteriosa scomparsa dei ROBERTO CIuFFINI Gabriel García Márquez, scrittore e giornalista colombiano, fu insignito nel 1982 del premio Nobel per la letteratura sta e per questo diventò subito inviso al regime di Jimenez ma va detto all'epoca eravamo tutti sospettati, anche noi della "Voce d'Italia, perché eravamo un gior- nale antifascista mentre in quegli anni in Venezuela si era rifugiata tutta la feccia della destra euro- pea fascista e nazista. Con Marquez parlavamo di politica, della situazione dell'A- dedicato alla vicenda della scomparsa dei sette siciliani 'Questi occhi videro sette sicilia- ni morti'. "Fu grazie a quell'inchiesta - continua nell'intervista Attilio Cecchini pubblicata su News- Town, dove è proposta anche in video) - che si approfondì il no- stro rapporto con Gabo. Interes- satosi alla vicenda, Marquez ne trasse ben presto il racconto- reportage, che ebbe successo an- che in Italia sia grazie alla tradu- zione che ne fece Feltrinelli sia grazie a un'antologia scolastica nella quale venne inserito. Ed è in quel reportage che Marquez parla di me. Rimanemmo a con- tatto per tutto il 1958. Poi, nel 1959, ci fu la rivoluzione castri- sta, che mise fine alla dittatura di Fulgenzio Battista. Quando scoppiò la rivoluzione, Marquez era già amico di Ca- stro. Si erano conosciuti grazie a un poeta cubano che aveva vis- suto a Parigi negli stessi anni di Marquez. Infatti, il regime rivo- luzionario lo invitò subito a L'A- vana, già nel 1959. Anch'io par- tii per Cuba, l'anno seguente, sempre come cronista. Una volta a L'Avana chiesi un'intervista a Castro e arrivai molto vicino a ottenerla. Dovetti però rinuncia- re perché fui costretto a ripartire in fretta e furia per l'Italia. sette compatrioti" di cui parla Marquez nel suo articolo era quella di sette italiani, sette sici- liani che, si seppe in seguito, nel 1955 erano stati torturati, uccisi e buttati nel fiume Orinoco dagli sgherri di Jimenez in quanto sos- pettati di aver cospirato contro il regime (la notizia andò a finire anche sui giornali italiani proprio grazie agli articoli della "Voce d'Italia"). Cecchini e Bafile cominciaro- no a indagare sul rapimento dei loro connazionali e ben presto intuirono come dietro a quella storia ci fosse la mano di nelle indagini, lo prevenne cor- dialmente: "Non cammini sulla dinamite". Il brano che avete appena letto è tratto da uno dei primi libri di Gabriel Garcia Marquez, "Un giornalista felice e sconosciuto", raccolta di reportage che il pre- mio Nobel per la letteratura re- centemente scomparso all'età di 87 anni, scrisse quando era un cronista giramondo e non aveva ancora deciso di dedicarsi alla letteratura. L'Attilio Cecchini di cui parla l'autore di Cent'anni di solitudine è il noto avvocato a- quilano, "don Attilio", penalista merica Latina, di emigrazione, di antifascismo e di comunismo. Gabo era giovane, all'epoca a- veva trent'anni, ed era molto in- telligente e molto simpatico. Una personalità vivacissima, curiosa, dotata di una straordina- ria capacità di assimilare e assorbire tutto ciò che le capita- va attorno". Marquez intitolò il racconto Gabo raccontò in uno dei suoi primi libri la scomparsa di sette italiani Il principe del foro Attilio M. Cecchini e cofondatore de La Voce d'Italia All'epoca per uscire da Cuba c'era bisogno del visto america- no, ma quando mi presentai al consolato me lo rifiutarono per- ché ero stato segnalato come un antiamericano e un filocastrista, essendo stato, all'inizio, un sostenitore della rivoluzione. Fu allora che persi i contatti con Gabo: dopo l'esperienza della rivoluzione non lo incontrai più".

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