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GIOVEDÌ 12 GIUGNO 2014 www.italoamericano.com 22 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | Angelo J. Di Fusco, CPA Tax preparation & planning Financial statements & accounting Financial planning & budgeting Quickbooks professional advisor & small business consulting Let's team up to cut your taxes 25 years experience Parliamo italiano 818/248-9779 www.difusco.com La (naturale) selezione linguistica dimentica le origini latine e adatta le parole all'uso comune luIGI CAsAle Poco tempo fa, rileggendo una pagina di giornale, ho trovato questo titolo: "La campagna elettorale cui stiamo assisten- do..." (da: La panna montata e lo scandalo di Siena di E. Scalfari in la Repubblica). Com'è evidente in questo te- sto, i letterati per dire: "al quale" o "alla quale", continu- ano a dire "cui" senza la prepo- sizione "a". Come facevo anche io fino al diploma di maturità. Gli altri – noi – invece diciamo "a cui", aggiungendo la prepo- sizione semplice al pronome re- lativo "cui" (nella sua forma mo- nosillabica: la seconda). Da ragazzi, a scuola, gli inse- gnanti erano molto severi nel correggerci questo "errore". E giustamente. Ma allora era ne- cessità adeguarsi. Infatti, dice- vano che "cui" essendo dativo del pronome relativo (qui, quae, quod; dativo: cui) di per sé, già significa "al quale o alla quale", e allora non c'è bisogno di ripo- sizionare la preposizione "a" già presente (virtualmente!) nella parola cui. Sarebbe come dire – dicevano essi! – "a - al quale". Ma allora, già a nove anni, i ra- gazzi destinati ad essere intellet- tuali e classe dirigente conosce- vano, tutti, qualche rudimento di latino. Ma adesso? Adesso invece, secondo me, stride più la forma originaria, quella che una volta sembrava corretta, cioè "cui" (senza prepo- sizione), che non quella con la preposizione: "a cui". La forma espressiva "cui" po- teva essere accettata almeno fino a quando il "cui" fosse stato ri- conosciuto da tutti come un "da- tivo", cioè col valore di "al qua- le". Almeno finché tutti i parlanti fossero stati in grado di rico- noscere il segno e di usarlo cor- rettamente. Ma ora che il dativo non c'è più (come caso morfologico au- tonomo) se non nei pronomi per- sonali? È vero che cui è un anti- co pronome latino (dativo singo- lare di qui, quae, quod); però chi lo riconosce? Sarebbe riconoscibile se la lin- gua avesse conservato anche gli altri casi, o almeno un ablativo da contrapporre al dativo in ma- niera da stabilire una opposi- zione cui/quo, e utilizzare così la prima forma per il legame sintat- tico senza preposizione e la se- conda per il legame preposi- zionale; ma visto che l'uso del cui si è esteso a tutte le situa- zioni di legami preposizionali (i cosiddetti casi obliqui. Vedi: di cui, per cui, da cui, a cui [moto], ecc.), non si capisce per- ché non si dovrebbe dire anche a cui (ex dativo). Voglio concludere. Solo chi conosce il latino oggi può sapere che cui corrisponde al dativo sin- golare del pronome relativo qui, quae, quod, e che in italiano si traduce: al quale, alla quale. Ma gli altri? Fortunatamente, nel corso del- la evoluzione linguistica, questo caso di opacità (in linguistica: non conoscenza dell'origine e del senso di una parola) ha già provveduto a selezionare "natu- ralmente" (attraverso il compor- tamento spontaneo dei parlanti) il segno "a cui" del codice-lin- gua, facendolo assurgere a di- gnità di forma standard. E qui opportunamente voglio ricordare che la lingua è del po- polo che la parla, come diceva Gianni Rodari richiamando Le- wis Carroll; non degli scrittori, né dei vocabolari, anche se i primi cercano di usarne il livello più alto e i secondi fanno del lo- ro meglio per registrare tutte le varietà correnti in una data epo- ca, o in un determinato autore. Perciò, non vale ciò che con- tinuano a sostenere i puristi, e cioè che dire "a cui" è come dire "a al quale" ripetendo la prepo- sizione "a", già implicitamente contenuta nella forma cui. Chi oggi sarebbe in grado di cogliere la ridondanza (la ripetizione del- la a) morfo-semantica? Tornando alla citazione, pos- siamo correggerla a modo no- stro: "La campagna elettorale a cui stiamo assistendo …" , anche se qualcuno storcerà il naso. Lo scrittore e poeta Gianni Rodari: "La lingua è del popolo che la parla"