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GIOVEDÌ 26 GIUGNO 2014 www.italoamericano.com 22 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | Angelo J. Di Fusco, CPA Tax preparation & planning Financial statements & accounting Financial planning & budgeting Quickbooks professional advisor & small business consulting Let's team up to cut your taxes 25 years experience Parliamo italiano 818/248-9779 www.difusco.com Perchè diciamo 'loro'? Meglio un equivoco pur di semplificare la lingua tra pronomi e possessivi luIGI CAsAle Gli aggettivi possessivi trova- no stretta corrispondenza con i pronomi personali. Per chi ha poca dimestichezza con la no- menclatura grammaticale, pre- cisiamo che i pronomi personali sono quei pronomi che accom- pagnano il verbo quando questo non ha un soggetto determinato: essi sono io, tu, lui/lei; noi, voi, essi/esse; loro; e simili). E se si chiamano personali non è perché essi si devono riferire forzatamente a persone umane, ma solo perché hanno una stretta corrispondenza con le "persone del verbo" (1°: io, chi parla. 2°: tu, che ascolti. 3°: un'altra, diversa da noi due. Ecc., ecc.). Ora le persone del verbo, a parte la prima e la seconda – già un po' meno –, la terza non è neces- sariamente una persona fisica, ma può essere qualsiasi soggetto (o oggetto). La stessa cosa vale per le tre plurali, noi, voi, es- si/esse. Se trovo un'espressione del tipo: "Io vedo" (prima per- sona), io (lettore o ascoltatore), come ricevente del messaggio, anche se non diretto destinatario, devo supporre che quell'io ("Io! Vedo") sia un parlante, cioè un essere in grado di parlare (o di pensare, e di scrivere); perciò, una persona reale. E se non lo è nel vero senso della parola, come succede nelle favole, lo dovrà essere almeno come personaggio della finzione letteraria. In questo caso significa che chi sta parlando (o scrive e racconta) può far parlare un animale o una pianta, o una pietra, ecc. Allora siamo già nel patto let- terario tra scrittore e lettore. Infatti, se ci dicono che la volpe e il corvo parlano come si rac- conta nelle favolette, noi lo accettiamo senza discussione; e andiamo avanti. In questo senso, "io" oppure "tu" designano delle "persone", cioè dei personaggi, sebbene appartengano al mondo della fantasia. Per questo motivo possiamo continuare a parlare di pronomi personali. Ma per i pronomi di terza per- sona lui/lei; essi/esse/; loro; dobbiamo fare una distinzione. Sono persone quelle che fanno le azioni proprie delle persone, mentre tutti gli altri soggetti pos- sono essere di qualsivoglia altra natura. Nonostante ciò, tutti i pronomi di terza persona (cioè quelli che accompagnano le terze persone del verbo, li con- tinuiamo a chiamare pronomi personali. Solo l'uso o il con- testo ci danno ragione della realtà, anche se la lingua ha spe- cializzato alcune forme per indi- care la differenza tra persone reali e persone grammaticali, come ad esempio: egli o lui opposto ad esso; ella o lei opposto ad essa; ecc. Ma ritorniamo agli aggettivi (o pronomi) possessivi. Se una cosa appartiene a me, o a te, o ad un altro, ad un'altra, oppure a noi, o a voi, o ad altri, noi dici- amo mio o mia, miei o mie ( se – poniamo – è un libro, oppure una penna; più libri o più penne), tutte forme che stanno al posto di "di me". Così al posto di "di te" diciamo tuo o tua, tuoi o tue; come pure per dire "di lui o di lei" diciamo suo o sua, suoi o sue; mentre per dire "di noi" diciamo nostro o nos- tra, nostri o nostre; e, analoga- mente, per dire "di voi", diciamo vostro o vostra, vostri o vostre. Ma per dire "di essi, di esse" – ecco la stranezza – diciamo sem- plicemente "loro" (anche se qualcuno dice anche "di loro"). Facciamo una veloce ricapi- tolazione: io, me, di me sono forme del pronome personale. La stessa cosa: tu, te, di te; o lui, lei, di lui, di lei; oppure noi, di noi; o anche voi, di voi; e, per concludere, essi, esse, di essi, di esse. Sono invece agget- tivi (o pronomi possessivi): mio, mia, miei, mie, tuo, tua, tuoi, tue, suo, sua, suoi, sue, nostro, nostra, nostri, nostre, vostro, vostra, vostri, vostre. E loro? Che cos'è "loro"? Perché loro non ha le forme per il singolare e il plurale, il maschile e il fem- minile. Perché è indeclinabile? (Così si dice!). Ed eccoci arrivati al fondo della questione. Nella lingua latina, quella che parlavano gli antichi Romani, e dalla quale poi è nata la lingua italiana, esisteva una parola: "illorum" ( = genitivo plurale maschile del pronome dimostra- tivo ille, ella, illud) equivaleva a: "di quelli". Il corrispondente femminile era illarum, e cor- rispondeva a "di quelle". Ora dobbiamo supporre che nell'evoluzione linguistica la maggiore ricorrenza delle forme maschili abbia oscurato l'uso della forma femminile, e che i parlanti abbiano semplificato l'indicazione del possesso riferi- to alle terze persone plurali del pronome personale, dicendo "illorum" per ovviare alla comp- lessità dell'uso dell'aggettivo possessivo specifico. Non vorrei dilungarmi oltre, ma dirò solo che nel caso delle terze persone i Romani dis- tinguevano la proprietà di una terza persona soggetto della frase, dalla proprietà di una terza persona diversa dal soggetto della frase. Facciamo un esem- pio: "La mamma dice a Maria di rassettare la sua camera". Chiunque può notare che in questa frase il possessivo "sua" può creare qualche incertezza interpretativa. Ebbene i Romani avevano l'espressione giusta per indicare se la camera era della mamma stessa oppure di Maria. Perciò, per evitare non tanto l'equivoco quanto la complessità richiesta dalle due forme espres- sive il parlante comune, a mano a mano che perdeva la trasparen- za linguistica, preferì dire: "di questo", oppure "di quello"; "di questi" oppure "di quelli" (illo- rum), usando il pronome dimostrativo al posto dell'agget- tivo possessivo. Da qui, per tutti i motivi che abbiamo indicato, da illorum venne fuori la forma: "il loro".