L'Italo-Americano

italoamericano-digital-8-7-2014

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GIOVEDÌ 7 AGOSTO 2014 www.italoamericano.com 24 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | Uno dei templi sacri dell'arte pittorica in Milano è l'Accademia di Brera che, oltre ad ospitare una ricca mostra per- manente di inestimabili opere pittoriche, è sede universitaria delle Belle Arti benché una parte delle facoltà siano state spostate in altra zona. L'ultima mostra monografica l'ha dedicata a un grande pittore del passato: Giovanni Bellini. Alcuni dei quadri esposti appar- tengono da anni alla Pinacoteca. Siamo nel XV secolo: i sog- getti dipinti sono principalmente raffigurazioni sacre, in quanto il nel contesto di allora. Non si può negare che i Bellini presero grossi spunti da Donatello. Giovanni però rein- terpretò queste tecniche, aggiungendo una sorta di reali- smo sia fisico che psicologico, così da creare maggior pathos nel fedele che fruiva dei suoi quadri. Il quadro con soggetti sacri serviva ai credenti per visualizzare l'oggetto della pre- ghiera: per questo motivo una maggiore espressione realista dell'opera coinvolgeva mag- giormente a livello emotivo il fruitore. Il quadro di Giovanni Bellini crea emozione, quella emozione necessaria per coinvolgere i fedeli. Una delle opere più belle e ammirabili della mostra è la Pietà. Il soggetto della Pietà è stato trattato e realizzato da grandissi- mi artisti. Alla base di tutte le rappresentazioni artistiche rea- lizzate, che spaziano dalla scul- tura alla pittura, permane il tema biblico di Maria che regge sulle ginocchia il figlio morto. Un tema artistico prettamente rina- scimentale. La Pietà fu di Michelangelo, fu di Tiziano, fu dell'Ansaldo, solo per citarne alcune versioni. Fu anche di Bellini. Nella versione del Bellini l'intimità fra i due perso- naggi, Maria e Gesù, sembra creare un rapporto da cui il resto del mondo è escluso e in cui interviene timidamente la figura di San Giovanni per alleggerire il pathos. In realtà nessuno è escluso. La mano di Gesù appog- giata sul tavolo è ponte d'unione con l'esterno: è indirettamente tesa verso noi, il pubblico di oggi, che con occhi forse meno orientati alla fede, ma sicura- mente ammirati, osserviamo questa grande opera. La vera innovazione sta nel saper rappresentare con occhi diversi immagini conosciute. Con le innovazioni la realtà che si è sempre conosciuta acquista un valore visivo e una prospettiva differenti, per quanto il riferimento e significato rimangano invariati. Parte del pathos è dato dal risultato della diversità: tutto ciò che ci è abi- tuale crea in noi stabilità. Infrangendo il nostro precario equilibrio, dove l'abitudine si spezza per lasciar spazio alla La Pietà o Cristo morto sorretto da Maria e Giovanni è una tempera su tavola di Giovanni Bellini, databile 1465 committente principale era la Chiesa. Gli unici committenti in grado di poter sostenere le spese per la realizzazione di opere d'arte erano o le famiglie facol- tose oppure l'istituzione Chiesa, che aveva una notevole ricchez- za e autonomia economica. Così Giovanni Bellini si dedicò alle rappresentazioni sacre, portando però delle inno- vazioni. Nella nostra società, dove tutto è già stato visto, risul- ta difficile pensare che si possa- no apportare innovazioni alle immagini, per quanto ci si conti- nui a provare. La sperimentazio- ne visiva aveva un margine di conquista maggiore nel XV secolo: di contro mancava la consapevolezza del "già visto" che accompagna lo spettatore attuale. Per questo motivo ogni scoperta era un'innovazione tec- nica, iconografica e semantica, che andava a sommarsi al già allora ricco patrimonio artistico e del sapere. Facciamo un passo indietro. Nel XV secolo Donatello aprì una sua bottega a Padova e il suo stile mescolava le gestualità dell'antichità a nuovi contenuti narrativi. Il suo modus operandi influenzò molto gli artisti veneti dell'epoca e così fu anche per la bottega dei Bellini. Ebbene sì tutta la famiglia, padre e due fra- telli erano di professione artisti: forse impensabile oggi, ma alta- mente suggestivo da immaginare novità aumentiamo la reazione emotiva. Così è sempre stato, così fu di fronte alle sue opere. Bellini abbandona nei suoi dipinti la pesantezza gotica, per ispirarsi liberamente non solo al sopracitato Donatello, ma anche alle opere di un altro grande arti- sta: Mantegna. Bellini nei suoi quadri ci parla di sentimenti e natura; dipingeva ad olio ispirandosi ai pittori della Fiandra. Prendeva il colore sul suo polpastrello per stenderlo direttamente sulla tela e avere la giusta sfumatura, la corretta intensità per le sue figure: questo creava un intimo rapporto tra il pittore e le sue immagini, ren- dendoli inscindibili. Bellini ancora una volta, e soprattutto in questa mostra, ci insegna come il credo principale dell'artista sia sempre e innega- bilmente l'arte. Ci mostra come l'emozione si possa fermare su tela e possa rendere una sensa- zione fuggevole lunga come un attimo di eternità, che prescinde dalla nostra concezione di tempo. Bellini dipinge emozioni e sentimenti l'innovazione visiva del XV secolo lAuRA RossI Coppia di reliquiari a ostensorio del XVII secolo Firenze riscopre un tesoro: al Museo degli Argenti una mostra sui reliquiari medicei Era il 1616 e si inaugurava a Firenze, con una solenne cerimo- nia, un luogo assai singolare. Si trattava di un piccolo santuario all'interno della reggia medicea. Oggi, a distanza di quattro secoli, quel luogo segreto e pre- zioso è visibile nella mostra alle- stita nelle sale del Museo degli Argenti a Palazzo Pitti. La mostra intitolata "Sacri splendo- ri. Il Tesoro della 'Cappella delle Reliquie' in Palazzo Pitti" è a cura di Riccardo Gennaioli e Maria Sframeli e sarà visitabile fino al 2 novembre 2014. La Cappella delle Reliquie, collocata al piano nobile di Palazzo Pitti per più di 130 anni raccolse una delle più ricche e vaste collezioni di reliquiari e oggetti devozionali d'Europa. Questo piccolo tesoro, formato da quasi mille oggetti, fu disper- so a partire dal 1785. La causa fu da imputare al valore degli oggetti, in oro, argento e pietre preziose che furono destinate al Granducato dai Lorena che erano succeduti ai Medici dopo la morte di Gian Gastone, ultimo discendente della dinastia medicea. La mostra ha lo scopo, dopo una lunga e accurata ricerca docu- mentaria, di ricostruire questo straordinario tesoro mediceo. In questa occasione, sono rac- colte nelle sale del Museo degli Argenti, per la prima volta dopo più di due secoli, cento opere che componevano originaria- mente la raccolta. Si tratta, per la maggior parte di opere di orefi- ceria che per buona parte sono state individuate in armadi di sagrestia di varie parrocchie del territorio. Le sezioni del percorso esposi- tivo sono dedicate a quegli espo- nenti della famiglia Medici che più degli altri contribuirono all'incremento del tesoro della Cappella delle Reliquie e alle opere che essi vollero e commis- sionarono, come Cristina di Lorena, nipote della regina di Francia Caterina e dal 1589 moglie di Ferdinando I, l'arci- duchessa Maria Maddalena d'Austria, moglie di Cosimo II de' Medici. Ma anche Vittoria della Rovere, moglie di Ferdinando II de' Medici e suo figlio, il granduca Cosimo III de' Medici. Quest'ultimo, in partico- lare, che si dedicò alla ricerca di reliquie, privilegiando quelle appartenute a personaggi che provenivano dalle regioni più remote d'Europa. Per preservare le reliquie rac- colte, lo stesso Cosimo III fece realizzare reliquiari non solo di incredibile complessità composi- tiva, ma anche di grande valore intrinseco. Le opere realizzate, seppur piccole nelle dimensioni, appaiono fortemente incisive e cariche di una forte monumenta- lità. Furono commissionate ad alcuni tra i più importanti artisti del tempo come Massimiliano Soldani Benzi o Giovan Battista Foggini. NIColettA CuRRAdI Reliquiario multiplo ad altarolo primo decennio del XVII secolo

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