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GIOVEDÌ 4 SETTEMBRE 2014 www.italoamericano.com 22 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | Angelo J. Di Fusco, CPA Tax preparation & planning Financial statements & accounting Financial planning & budgeting Quickbooks professional advisor & small business consulting Let's team up to cut your taxes 25 years experience Parliamo italiano 818/248-9779 www.difusco.com Semplice non è facile, ma tantomeno difficile. I verbi ci spiegano perchè la situazione è 'complessa' luiGi Casale Semplice" non è "facile". Di conseguenza il suo contrario non sarà "difficile". Se difficile si oppone a facile, quale aggettivo si oppone a semplice? Partiamo dalla terminologia grammaticale, giusto per avere un linguaggio molto caratteriz- zato in cui il significato delle parole deve essere preciso e, possibilmente, univoco. Nel distinguere i tempi del verbo, una prima classificazione è tra tempi semplici e tempi composti. Nella grammatica ita- liana, i tempi presente, imperfet- to, passato remoto, futuro sem- plice sono definiti tempi sempli- ci; gli altri: passato prossimo, trapassato prossimo, trapassato remoto, futuro anteriore sono definiti tempi composti. Così, nella rappresentazione grafica dei prospetti sinottici che trovia- mo nelle nostre grammatiche, col mostrare i primi da un lato su di una colonna e i secondi, in corrispondenza dei primi, sulla colonna accanto, si cerca di far risaltare, a colpo d'occhio, tutti i meccanismi generativi alla base della coniugazione. Implicitamente si mostrano, a chi sa usare la logica, quelle che poi saranno esplicitate come "regole grammaticali". Perciò, restando nell'ambito di questo linguaggio tecnico, già potrem- mo dire che semplice si oppone a composto. I tempi semplici sono quelli che per ogni voce presentano una sola parola; mentre i tempi composti sono quelli le cui voci sono formate da più di una parola (almeno due), cioè sono formate median- te il verbo ausiliare: avere, esse- re, venire, diventare. A dire il vero con rigore scientifico dovremmo dire che i tempi definiti semplici contem- plano voci verbali morfologica- mente strutturate (cioè una sola parola formata da più morfemi ognuno dei quali, come suffisso, aggiunge la sua parte di signifi- cato: tempo, persona, singolare/ plurale). Una parola con tutte le etichette necessarie a caratteriz- zarla come voce verbale. I tempi composti poiché non si prestano a questa possibilità, hanno bisogno di utilizzare la voce del verbo ausiliare (essere, avere, venire). Perciò presentano voci formate da due o più parole. Allora come abbiamo detto di chiamare i tempi semplici con la dizione "morfologicamente strut- turati", così i tempi composti vanno chiamati perifrastici. Se prendiamo in esame la diàtesi passiva (esclusiva dei verbi transitivi), pur continuando a mantenere i tempi, il nome di semplici o composti, constatia- mo che i tempi semplici sono formati questa volta da due paro- le (voce del verbo essere + parti- cipio passato. Es.: "era visto") e i tempi composti hanno, a loro volta, tre parole (voce composta di "essere" + participio passato. Es.: era stato visto). Ancora una volta notiamo la convenzionalità nell'uso del segno linguistico (perché nel caso della forma pas- siva del verbo anche i tempi semplici presentano voci perifra- stiche). Da tutto questo parlare siamo arrivati, in maniera empirica, a spiegare che in generale "sem- plice" innanzitutto significa "formato" da un solo elemento, mentre "composto" significa "formato da più di un elemento". Ma se guardiamo agli elementi che compongono la parola (sem- plice, da sim-plex), più che "composto" (compositum = messo insieme, assemblato), dovrebbe prevedere come suo opposto "complesso" (cum – plex). Perciò l'opposto di sem- plice è complesso. La stessa composizione pre- sentano: "duplice", "triplice", "quadruplice", ecc. (numerali moltiplicativi). Latino: sim-plex /du-plex / tri-plex / quadru-plex / quintu- plex, fino a com-plex. Il tutto viene dalla radice indeuropea "sem" e dall'elemen- to suffissale "plex". La radice "sem" è alla base delle parole latine solus (uno solo), semel (una sola volta), e del numerale greco eîs, mía, én (uno, una), che ha già perduto la s iniziale, e corrisponde, come si vede, al latino unus, una, unum (uno, una). L'elemento "plex" viene da plico (piego) e significherebbe, all'origine, "piega" (avvolgi- mento su se stesso). Quindi: una volta, due volte – vedete bene che anche in italiano c'è "il piegare", espresso dalla parola "volta" – tre volte, ecc., fino a "complesso" (più pieghe). Da complesso viene anche "complice" (piegato, abbracciato insieme: quindi associato alla stessa sorte, allo stesso destino) e "amplesso" (ambi = di qua e di là, tutt'intorno + plex = avvolto [abbracciato]).