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GIOVEDÌ 6 NOVEMBRE 2014 www.italoamericano.com 25 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | Da sex symbol in "American Gigolò" e "Pretty woman" a bar- bone invisibile in "Time out of mind". Richard Gere a Roma per raccontare la realtà dei senzatet- to di New York. "A New York ci sono 60.000 senzatetto di cui 20.000 sono bambini e New York è l'unico posto, per quanto ne so, in cui per legge queste persone devono ricevere assistenza". Queste le parole di Richard Gere irricono- scibile, nei panni di barbone, nel suo ultimo film "Time out of m i n d " d i r e t t o d a O r e n M o v e r m a n e p r e s e n t a t o a l Festival Internazionale del film di Roma. Per la seconda volta alla ker- messe capitolina, dopo la presen- tazione del film "Hachiko" nel 2009, la star hollywoodiana è protagonista di un film d'autore che ci descrive, al limite del documentario, la realtà di vita dei barboni della Grande Mela, scelta come sfondo di un aspetto della società contemporanea che interessa tutto il mondo. I barboni, persone che vivono alla giornata, senza casa, senza f a m i g l i a e s e n z a s o l d i , s o n o completamente ignorati, emargi- nati ed invisibili agli occhi della gente comune. Richard Gere se ne è reso conto appieno. Nei panni del senzatetto George, l'at- tore, con un'impeccabile perfor- mance, si è calato con anima e corpo nella realtà dei senzatetto a tal punto da non venire ricono- sciuto dai suoi fan durante le r i p r e s e p e r l e s t r a d e d i N e w York. Nel film George (Gere) è un barbone da dieci anni. Vaga per l e s t r a d e d e l l a G r a n d e M e l a senza una meta. Dorme nella metropolitana o negli atri degli ospedali per ripararsi dal freddo; non ha documenti. Quando cerca rifugio al Bellevue Hospital, il più grande centro di accoglienza di Manhattan, entra in contatto con gente invisibile ed emargi- nata come lui. Qui subentra quel senso universale di appartenenza ad un gruppo, di desiderio di tro- vare il proprio posto nel mondo. George cerca e osserva da lontano sua figlia che non vuole vederlo. Tra le tante domande che gli vengono rivolte per otte- nere i documenti d'identità che gli permetterebbero di ricevere assistenza dallo Stato, George accenna ad una moglie morta di cancro e ad un'altra donna che lo ha lasciato. Ma non sappiamo niente di più. La domanda della figlia al padre: "Perchè hai deci- so di vivere così?" non ottiene risposta. La sceneggiatura scarna e asciutta, non permette allo spettatore di istaurare un rappor- to di empatia con il protagonista o comprenderne la storia privata e le motivazioni che lo hanno spinto a vivere così. Durante la conferenza stampa a Roma, Richard Gere ha spie- gato ai giornalisti la genesi del film e la chiave di lettura obietti- va e neutrale che regista/sceneg- giatore e interprete hanno volu- tamente proporre al pubblico. "Time out of mind" è una storia molto particolare. Come mai ha deciso di portarla sul grande schermo? Richard Gere: Volete la ver- s i o n e l u n g a o q u e l l a c o r t a ? Facciamo che vi racconto quella media. Si tratta di un copione che mi è stato proposto più di dieci anni fa, ma non sono mai riuscito a trasportarlo sul grande schermo. Sapevo che cosa vole- vo far, ma avevo difficoltà a comunicarlo. Quando poi è usci- to il libro "Land of the Lost Souls: My Life on the Streets" di Cadillac Man, in quel momento ho capito che non avrei più potu- to aspettare. Lo stile del libro secco ed asciutto era perfetta- m e n t e c i ò c h e a v r e i d o v u t o comunicare con il film. Per caso ho conosciuto Oren Moverman al quale ho chiesto di riscrivere la sceneggiatura. Ciò è accaduto un anno fa e c'è stato un rappor- to di collaborazione. Il film è un viaggio nella New York infernale dei senza- tetto. Cosa ha scoperto? In questi dieci anni in cui ho pensato al film ho fatto moltissi- me ricerche. Sono andato nei r i f u g i e g i ù p e r l e s t r a d e . L ' i m p r o n t a d e l f i l m s a r e b b e stata invisibile. Io sarei stato per strada con riprese con teleobiet- tivi nascosti. Abbiamo fatto una giornata di prova per vedere se potevamo attuare questo concet- to. Sono andato al centro della città, al Greenwich Village, dove c'è parecchio movimento, per vedere se qualcuno mi ricono- sceva tra la folla. Avevo l'aspetto del mio per- sonaggio e mi sono comportato come tale, e nessuno mi ha nota- to. Come attore e persona nota, questa per me è stata un'espe- rienza importante e forte. Lì, in quel momento e in quel contesto, mi sono calato nella realtà degli invisibili". "Time out of mind" segna una precisa concentrazione verso film indipendenti lontani dalle logiche degli studios. È questo che dobbiamo aspettar- ci dall'attore Richard Gere in futuro? Credo che il film d'autore e i film indipendenti siano il futuro, in generale. Una volta rientrava- no nei piani degli studi cinema- tografici mentre ora non trovano più spazio per cui sta a noi conti- nuare a fare questo genere di pellicole. Nel film non si racconta la storia privata del personaggio. Perchè? La sceneggiatura originale r a c c o n t a v a t r o p p o d i q u e s t o uomo, ma a me ciò non importa- va. Quando vedo un uomo per strada non mi interessa della sua storia; se lo guardo attentamente riesco a capirlo ugualmente e questo era il nostro scopo. Se si conosce bene la storia di una persona è facile capire l'uomo. A me non interessa la facilità, ma vivere il momento ed essere attenti e concentrati sull'uomo. In "Time out of mind" si scardi- na il concetto di tempo e perso- naggio. Qualcosa del protagoni- sta si capisce, ma non in modo così facile. È stato difficile interpretare questo ruolo? La tecnica di recitazione è sempre la stessa: farti sparire per tirar fuori il personaggio. Tuttavia questo film è stato diverso perchè non dipende dalla trama. Qui si parla di sentimenti, di come ci si sente quando si è fuori dal tempo e questo per me è un concetto nuovo. Richard Gere 'sparisce' nel personaggio del senzatetto: non lo riconoscono neanche i fan durante le riprese Sherin Salvetti dei canali italiani History e CI con i dirigenti della societá madre Usa ELISA CUOZZO per la costruzione e montaggio del nuovo stand ed in resto per le spese d'alloggio e trasporto per uno staff di 21 persone), por- tando a casa modesti risultati. In totale si stima che le società espositrici italiane abbiano inve- stito a Mipcom circa 2 milioni di e u r o , g e n e r a n d o v e n d i t e p e r 700.000 euro. Un investimento pari a quello di un solo studio americano, come la Disney, che però ha generato centinaia di milioni di dollari di vendite. Mentre la stampa internazio- nale ha curato in particolare la presenza di numerose società m e s s i c a n e ( i l M e s s i c o e r a i l "Paese d'Onore"), gli espositori italiani sono stati completamente ignorati. Buona anche la presen- za e risultati da parte di società inglesi (tra cui Zodiak, di pro- prietà dell'italiana De Agostini), canadesi e dell'America Latina, oltre, naturalmente, alla domi- nante presenza dei grandi studio americani. Richard Gere nei panni del barbone invisibile in "Time out of mind" A Roma Richard Gere aveva già presentato nel 2009 "Hachiko" L'industria audiovisiva italia- na potrebbe essere raffigurata con l'elettrocardiogramma di un malato in fase di rianimazione, con un andamento per lo più p i a t t o e d a t t i m i d i p i c c h i . Durante il Mipcom, la fiera prin- cipale per il settore audiovisivo mondiale di Cannes, l'Italia era nella fase piatta: nessun nuovo prodotto di respiro internaziona- le da mostrare e nulla di nuovo da far riportare dalla stampa, se non alcuni eccessi ed insuccessi. Ad un certo punto l'elettro- cardiogramma ha segnalato due piccoli picchi: quando la società marchigiana Rainbow ha orga- n i z z a t o u n ' e l e g a n t e c e n a a l Grand Hotel e grazie all'interes- se suscitato da Dbw, l'espositore romano che promuoveva i suoi d r o n i p e r l e r i p r e s e a e r e e i n sostituzione dei costosi elicotte- ri. L'Italia ha visto un numero record di espositori (61) e parte- cipanti, purtroppo con pochi risultati visto che molti program- mi italiani non hanno un appeal internazionale e quei pochi che l o h a n n o , v e n g o n o p r o m o s s i poco e male. La Rai, ora sul mercato inter- nazionale per la vendita di pro- grammi con il fuorviante nome di RaiCom (dando l'impressione di essere una società Internet), a Mipcom ha investito una somma stimata a 700.000 euro (200.000 per lo spazio nella fiera, 350.000 DOM SERAFINI Nulla di nuovo sotto il sole per l'industria italiana dell'audiovisivo