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GIOVEDÌ 26 FEBBRAIO 2015 www.italoamericano.com 13 L'uccellino non vuol lasciare il nido La Vignetta della Settimana di Renzo Badolisani L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | CASA, DOLCE CASA Due giovani su tre italiani – compresi nella fascia tra i 18 e i 35 anni – vivono nella casa dei propri genitori. Una percentuale volu- minosa se rapportata a ciò che accade nel resto della vecchia Europa: è il doppio, ad esempio, rispetto a Francia e Regno Unito, superiore addirittura di diciassette punti rispetto alla media dell'Unione Europea. In sostanza, semplificando numeri e concetti, i giovani che ancora vivono a casa in Italia sono quasi il 66%. Un esercito sconfinato di oltre sette milioni di persone. Un confronto con alcuni altri paesi europei? Meglio non farlo, l'etichetta di "ita- liani mammoni" emergerebbe in modo ancora più deflagrante. Basti pensare che in Danimarca le ragazze tra i 25 e i 34 anni che restano tra le mura domestiche sono appena lo 0,4% del totale. Confronto meno problematico con la Germania (qui il dato si attesta a poco meno dell'11%) e con la Francia (poco più dell'8%). I motivi? Riconducibili, in larga parte, alla drammatica fase di recessione economica. Gli italiani under 35 che lavorano, entrano in azienda quasi alla soglia dei trent'anni. Prima – se partecipi a con- corsi pubblici e/o selezioni, rispondendo a offerte di lavoro – è diffi- cile che sfondi, a meno di un clamoroso colpo di fortuna. Il resto è una ruota: se non hai un lavoro stabile e uno stipendio accettabile inutile che varchi la soglia di una banca per accendere (o provare a farlo…) un mutuo, necessario per comprarti casa. I matrimoni ritar- dano (la media delle unioni registra un'età media oltre i trent'anni, ormai, per entrambi i futuri sposi). Vivere da soli è troppo oneroso. Da stipendi-medi che a stento oltrepassano i 1200-1300 euro (rap- portati a quella fascia di età) devi togliere ciò che serve per mutui o affitti. E poi le bollette, le spese di condominio, la spesa al super- mercato e quant'altro. Meglio, invece che fare debiti, restare a casa, alimentare un discreto gruzzolo in banca e rinviare discorsi di "fuga". Aggiungete che gli italiani (ma pure le italiane) sono poco inclini, spesso, a lasciare le mura domestiche, poco attratti dalla vita solitaria. A casa, inutile negarlo, hai tutte le comodità. Risparmi, eccome, perché non hai spese "vive". Le camicie? Te le stira mamma. La spesa al super- mercato? Magari dividi il conto con papà. Il telefono? La bolletta è intestata a uno dei genitori. Idem la tv, la luce e l'acqua. Non paghi, due volte all'anno, la tassa per la casa. Lo stesso per quella relativa alla nettezza urbana. La macchina? Usi, per andare a mangiare una pizza con gli amici, l'utilitaria della famiglia. Insomma, dire che gli italiani sono "mammoni" è in parte veritiero, ma l'affermazione sarebbe corretta se l'Italia di adesso fosse un Paese felice dove, ulti- mata l'Università, fosse possibile trovare lavoro in un anno al mas- simo, pagato dignitosamente e non ingiustamente sottopagato. Un Paese non soggetto all'inflazione, in cui la disoccupazione è feno- meno isolato e non, al contrario, come accade oggi, uno spettro certo non virtuale. Mille attenuanti, insomma. Gli italiani Under 35, in larghissima parte, magari un po' "mammoni" lo sono davvero, ma non lasciano casa perché non possono ancora mantenersi da soli. Chi non vede nulla di buono in Italia deve cambiare occhiali (o Paese) essere la patria della moda e del cibo di qualità, perché piccole imprese, grazie alla loro fantasia e creatività sono riuscite a fare cose straordinarie. A sottolineare l'importanza del tema culinario è la giornalista americana Monica Larner che cita il vino italiano come primato assoluto nel mondo, con le 3mila diverse qualità di uva sul territo- rio italiano, che lo rendono unico e prezioso. L'incapacità degli italiani di giudicare oggettivamente il pro- prio Paese è un altro tratto distin- tivo del Bel Paese. L'israeliana Sivan Kotler, ad mente: ogni anno più di mille studenti iraniani vengono nel Belpaese per studiare l'italiano. Si potrebbe andare avanti a lungo con i commenti, tutti posi- tivi, espressi nel libro di Maarten van Aalderen, ma il concetto è chiaro e definito. Il ritratto fatto dai giornalisti stranieri interpel- lati vede un Paese pieno di risor- se positive e pronte per essere sfruttate al meglio, nonostante per ora si continui a faticare molto. Ma forse, come ricorda il giornalista olandese: "A volte loro (i giornalisti stranieri, nda) vedono delle cose che gli italiani non vedono". La bellezza non va dimentica- ta. E non importa se l'italia è oggi una nazione impegnata soprattutto a far fronte alla grave crisi economica, politica e socia- le in cui versa ormai da anni. Osservare, custodire e valorizza- re le meraviglie di un Paese è prerogativa di chi quel Paese lo ama, e vorrebbe vederlo sempre impossibili. Difatti Gumpel con- tinua: "L'Italia ha perso pesante- mente la S econda G uerra Mondiale, ma gli italiani hanno convinto il mondo di aver vinto e il mondo ci ha creduto. È una grande qualità quella di convin- cere tutti che hai vinto, mentre non è così". Questa caratteristica permetterebbe all'Italia, secondo il corrispondente tedesco, di esempio, ci ricorda che, sebbene molto criticata, l'istruzione italia- na sta migliorando molto. Oltre il 90 per cento dei bambini di tre anni sono iscritti alla scuola d'in- fanzia, su una media del 70 per cento delle altre nazioni. E inol- tre il numero di persone che stu- dia l'italiano, ricorda il corri- s pondende iraniano H amid Masoumi Nejad, cresce notevol- LUCA AVETA al meglio. Questa volta, a ricor- dare quanto l'Italia non sia sol- tanto disoccupazione e debito pubblico, è un giornalista olan- dese di cinquant'anni: Maarten van Aalderen. È il presidente dell'Associazione della Stampa Estera in Italia e ha pubblicato un libro dall'eloquente titolo "Il Bello dell' Italia" , nel quale, facendosi aiutare da venticinque colleghi, ha ricordato agli italiani che devono essere orgogliosi della propria appartenenza. "Il Bello dell'Italia" (Albeggi Edizioni) è più di un libro. Ogni pagina è un'istantanea del Paese, e la soggettività di chi è chiama- to a descriverlo sembra incro- ciarsi inevitabilmente con un dato oggettivo che mette d'accor- do tutti: nonostante i difetti (che ci sono e che nel libro vengono ampiamente citati), l'Italia è padrona di una bellezza inconfondibile e unica al mondo. Tant'è vero che, al termine del- l'introduzione, l'autore chiosa: "Sono convinto che chi non vede nulla di buono nell'Italia deve cambiare occhiali, oppure Paese". P er la s tes ura del libro, Maarten van Aalderen si è fatto aiutare da alcuni colleghi, non italiani, che hanno dato il loro contributo esprimendo pensieri, riesumando ricordi nostalgici, raccontando esperienze. Uno dei commenti più significativi è del giornalista tedesco Udo Gumpel, il quale riflette positivamente sulla straordinaria capacità degli italiani di risollevarsi con creati- vità e fantasia dalle situazioni più disastrose. "Mi fanno pensa- re al Barone di Mü nchhausen e alle sue innumerevoli incredibili avventure. Come quando riuscì a liberars i dalle s abbie mobili tirandos i fuori da s olo per i capelli. Ovviamente dal punto di vista fisico non è possibile, ma il Barone riuscì comunque a con- vincere tutti che aveva fatto pro- prio così". L'aspetto su cui si concentra il giornalista tedesco Gum̈ pel è l'innata capacità degli italiani di tirarsi fuori dai guai e adattars i alle s ituazioni più Maarten van Aalderen, presidente dell'Associazione della Stampa Estera in Italia, è autore di "Il Bello dell'Italia"