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GIOVEDÌ 9 LUGLIO 2015 www.italoamericano.org 32 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | PAOLA ORRICO Impossibile non averlo mai as s aggiato, il limoncello (o limoncino), è uno dei liquori home made (la ricetta è facilissi- ma, da eseguirsi comodamente anche a casa con tempi di prepa- razione piuttosto rapidi, circa 80 giorni), più conosciuti in Italia. Le origini, però, del liquore, sono oltremodo misteriose e come sempre accade le scuole di pensiero, sono tante. Alcuni ricordano l'uso dei pescatori contadini di bere un po' di liquore di limone al mattino per combattere il freddo, altri parlano di mo naci laborios i intenti a conservare, nelle segre- te delle loro celle meditative, il "buono" del succo di limone, abbinato allo s pirito, un po' meno santo, di quello pregato. Cosicché, oltre ai dolci, le conserve e quant'altro di buono circolava nei secoli bui, anche gli infusi più diversi, ottenuti con le fragole, il mirto, il man- darino, la noce, il limone appun- to, erano produzione comune nei conventi costruiti tra le rocce e il mare, preparati con certosina pazienza. Sia come sia, nelle case è sempre stata diffusa l'abitudine di conservare nella credenza Immancabile, a fine pasto, un sorso di buon limoncello luce del sole mediterraneo: sba- ragliò tutti i concorrenti grazie all'idea di distillare mono vitigni e trasformare le bottiglie creando piccoli capolavori. Fu così che il fuoco contadino del Nord con- quistò le ambite ed eleganti tavo- le meridionali. E dunque, come è nato il suc- cesso del limoncello, quale il suo segreto? Semplice, il frigorifero. Provate a bere un rosso freddo o un bianco a temperatura ambien- te, degustateli poi a temperatura di servizio ed ecco come lo stes- so vino cambia completamente i profumi e il sapore. Poco più di dieci anni fa qual- cuno, non sappiamo bene chi ma abbiamo fondati sospetti, infila una bottiglia di liquore di limone nel frigo del suo ristorante e la offre alla fine del pasto. Il suc- cesso è immediato perché si ha la sensazione di bere in un sorso tutto il territorio più bello del mondo. È, insomma, tutta questione di gradi e il liquore di limone diventa limoncello. A bassa tem- peratura la sensazione dolce Scorza di limone, zucchero e alcol: in meno di tre mesi è pronto Lo chef Ciro Salatiello e il Kepurp, la torre di polpo da affettare, la cui ricetta si trova nel libro di ricette "Gli ingredienti di una vita" qualche bottiglia di fragolino, nocillo e limoncello, anche se il suo successo, non può che dirsi recente. Non dimentichiamo come il fine pasto, fosse costituito dalla sambuca o da qualche amaro, poi negli anni '80 la grappa è stata capace di allontanare i pro- fumi del mare e di oscurare la viene avvolta dalla freschezza che esalta l'aroma agrumato e che costituisce proprio la tipicità irripetibile. Nessuna aggressiva e sofisti- cata campagna di marketing, solo il passaparola che comincia nei primi anni '90. Da Capri e dalla Costiera dove a contendersi la paternità del liquore fresco e intenso sono i Sorrentini, gli Amalfitani ed i Capresi, la moda arriva ben presto Milano, dove lo chiamavano limoncino, poi scen- de a Roma (er limonello) e infi- ne, poco dopo rieccolo a Napoli dove i bar del centro cominciano ad esibire orgogliosamente le allegre bottiglie piene di oro giallo liquido. Così l'Italia è di nuovo unita alla fine del pasto: il whisky torna in discoteca, l'amaro in convento e la grappa si ritira al Nord, povere nuove minoranze alcoliche. Addirittura, nel 2000, l'Istat inserisce il limoncello nel panie- re usato per calcolare l'incremen- to mensile dell'inflazione: una specie di consacrazione per la sua diffusione. Tutti lo bevono, ma sicura- mente un intenditore non ha dif- ficoltà a distinguere la qualità, il prodotto artigianale da quello industriale. La regola vale per tutti i prodotti tipici, limoncello compreso: la differenza è fatta dal limone. U n "dis tinguo" molto importante anche per la salute perché, per fare questo liquore, ottenuto appunto dalle scorze del limone, è indispensa- bile essere sicuri della prove- nienza degli agrumi che in alcun modo devono essere trattati con prodotti chimici antiparassitari. Non solo. La differenza sta nel gusto, determinato dall'agru- me utilizzato: di Massa Lubrense (forma ovale, buccia lis cia, molto succoso), di Sorrento (con buccia a punti in rilievo), di Amalfi (forma affusolata, grandi dimensioni, buccia gialla e spes- sa, quasi privo di semi). Molte sono le varietà di limoni utilizza- te per la produzione del liquore e ciascuna si caratterizza per l'in- tenso aroma degli oli essenziali, ereditati dall'ambiente, che porta con sè la buccia gialla. L'unicità di questi agrumi, infatti, è determinata dal micro- clima, dalla vicinanza al mare e dalla protezione dai venti freddi grazie all'impiego delle tradizio- nali poste a copertura su pergola- ti di pali di castagno. Per indicarlo sulle etichette delle bottiglie si usano infinite denominazioni, visto che quella originaria, Limoncello, è un mar- chio registrato dall'imprenditore Massimo Canale a Capri che nel 1988 ne iniziò la produzione arti- gianale: nettare o infuso di limo- ni, limonino, limonello e mille altre. Nome a parte, la sostanza non cambia a patto che si usi la materia prima proveniente della Terra delle S irene, e ques to (acquirenti ricordatevene leggen- do l'etichetta) è garantito unica- mente dalla Indicazione Geografica Tipica riconosciuta alle coltivazioni della Penisola Sorrentina. Lo chef napoletano Salatiello inventa il Kepurp, versione marinara del Kebab Come idea, forse, non poteva c h e v e n i r e a u n n a p o l e t a n o , nato, cresciuto e vissuto in una metropoli multiculturale dove non solo non manca l'inventiva, la creatività e l'innovazione ma dove abbondano le contamina- zioni culturali, si mescolano gli ingredienti delle cucine etniche e soprattutto dove si è capaci, meglio e prima di qualsiasi altro luogo, di cogliere l'aria che tira e adattarvisi con ironia e intelli- genza. Ciro Salatiello, cuoco uffi- c i a l e d e l N a p o l i C a l c i o , h a inventato il "kepurp". In realtà sarebbe meglio dire che ha rein- ventato la classica e popolaris- sima insalata di polpo, il tradi- zionale antipasto marinaro che un po' in tutt'Italia viene servi- t o i n i n s a l a t a e c o n d i t o c o n limone. Ma la novità in cucina c'è tutta e il guizzo d'ingenio che ha fatto la differenza sta nella presentazione e nella fonte d'i- spirazione. Il kepurp è la risposta tutta partenopea al kebab, il piatto a base di carne tipico della cucina turca divenuto popolare in tutto i l m o n d o g r a z i e a l l e g r o s s e ondate migratorie provenienti dal Medio Oriente e che negli u l t i m i a n n i h a s p o p o l a t o i n I t a l i a , d i f f o n d e n d o s i a n c h e Il tradizionale liquore italiano a base di limone si gusta come aperitivo o come digestivo dopo i pasti come cibo da asporto in alterna- tiva a pizza, piadina o focaccia. Questa rielaborazione del nazionalpopolare polpo in insa- lata, 'o purp in dialetto napole- tano, rispetto alla ricetta vec- chio stile cambia poco nella sostanza. A fare la differenza, in questa edizione 2.0 della por- tata di mare, è la forma, l'appa- renza, che però non inganna nè il gusto classico nè il piacere di un sapore nostrano. Proprio come il kebab, il polpo viene composto in forma cilindrica dopo la bollitura e pressato in gelatina per almeno 20 ore dopo essere stato condito e aromatizzato. Non viene più s e r v i t o i n p i a t t o m a v i e n e t a g l i a t o a l m o m e n t o p e r g l i acquirenti, che possono così gustarlo anche passeggiando. Un modo nuovo per riproporre, anche come cibo da strada, un must della cucina italiana e non solo partenopea. BARBARA MINAFRA