L'Italo-Americano

italoamericano-digital-10-1-2015

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GIOVEDÌ 1 OTTOBRE 2015 www.italoamericano.org 41 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | CULTURA ARTE LIBRI PERSONAGGI Che fai tu Luna in ciel, dimmi che fai? LAURA BENATTI Il conte Giacomo Leopardi (1798-1837), è considerato il maggior poeta italiano dell'Ottocento C h e f a i t u l u n a i n c i e l , dimmi che fai? Si doman- d a v a i l s o m m o p o e t a Giacomo Leopardi. L a l u n a , n e l l a s u a a l g i d a indifferenza, ci regala, pur nella n o s t r a i n c o n s a p e v o l e z z a , u n legame reale ed insostituibile con i secoli che ci hanno prece- duto, è una ricchissima eredità che tutti noi abbiamo ricevuto in dono. La mitologia lunare, come il calendario lunare, sembra prece- dere quelli solari e la luna pare essere l'elemento che, in mag- gior misura e da più antica data, d e t e r m i n a l a f o r m a z i o n e d e i miti. Questo astro, il più osservabi- le, è divenuto con le sue fasi, con il suo moto, con l'influenza eser- citata sulle maree, sulla vegeta- zione, sulla psiche umana, con le sue eclissi, estremamente signifi- cativo in ogni esperienza arcaica ed antica. Il suo carattere fonda- mentale è quello dell'eternità, perché riappare sempre, dopo essere momentaneamente scom- parsa e simboleggia una vittoria sulla morte. La luna per gli Indoeuropei, per i Greci e i Romani è quasi sempre divinità femminile, sorel- la del Sole. Tra i popoli germani- ci era una cacciatrice che di notte a cavallo attraversava la foresta e d a b i t a v a d i g i o r n o l u o g h i abbandonati con le vesti di una splendida fanciulla. I documenti medioevali germanici le danno il nome di 'Holda' oppure ' Holle', la benevola. Sappiamo che anco- ra oggi in Africa la tribù dei Tutsi venera la luna. In Latino il suo volto lumino- so è rappresentato dal termine 'luna' che deriva dalla radice indoeuropea *leuk-/louk da cui derivano i sostantivi latini 'lux', la luce, 'lucus' il bosco sacro e poi in Italiano, 'Liceo' cioè pro- prio del dio Apollo, lucerna. L a r a d i c e i n d o e u r o p e a *men(e)s- *me(n)s esprime in molte lingue sia il mese sia la luna; da qui il Gotico ' Menoths' ( I n g l e s e ' m o o n ' , ' m o n t h ' , Tedesco 'mond', 'monat'). Il carisma lunare ha ammalia- to la mente umana fino a tutto il S e i c e n t o q u a n d o l e d e n u n c e della magia e della stregoneria erano una moda e la luna era ritenuta sinonimo di male, pro- babilmente per il mistero e l'o- s c u r i t à c h e l ' h a n n o s e m p r e avvolta. Il suo fascino ha ripreso a sedurre le menti nell'Ottocento, probabilmente per il successo del n o t t u r n o , p r o p r i o d e l R o m a n t i c i s m o , p r e s e n t e n e l motivo letterario, artistico ("Due uomini davanti alla luna" del pit- tore Caspar David Friedrich) e musicale ("Sonata al chiaro di luna" di Beethoven). Immergendo con la sua luce la realtà in una dimensione fan- tastica, la luna è in grado di fare emergere, specie negli animi più sensibili, l'interiorità più profon- da, più nascosta, le emozioni più sopite, avvicinando alla dimen- sione del mistero. E così è stato per Giacomo Leopardi nella lirica Alla Luna: "O graziosa luna, io mi ram- mento Che, or volge l'anno, sovra questo colle Io venia pien d' angoscia a rimirarti: E tu pendevi allor su quella selva Siccome or fai, che tutta la rischiari. Ma nebuloso e tremulo dal pianto Che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci Il tuo volto apparia, che tra- vagliosa Era mia vita: ed è, nè cangia stile, O mia diletta luna. E pur mi giova La ricordanza, e il noverar l'etate D e l m i o d o l o r e . O h c o m e grato occorre Nel tempo giovanil, quando ancor lungo L a s p e m e e b r e v e h a l a memoria il corso, Il rimembrar delle passate cose, Ancor che triste, e che l'affan- no duri!". Il testo è formato da 16 ende- casillabi sciolti (i versi 13-14 non erano presenti nelle edizioni del 1825 e del 1831, ma compar- vero nell'edizione postuma del 1845, curata dall'inseparabile a m i c o n a p o l e t a n o A n t o n i o Ranieri. Molto probabilmente si tratta di un'aggiunta operata dal poeta negli ultimi anni di vita). La straordinarietà, l'unicità dell'opera, è data dall'unione leg- giadra ed impercettibile della dimensione oggettiva del pae- saggio e la dimensione soggetti- va del poeta: la luna perde la sua atavica freddezza ed impassibi- lità per velarsi di lacrime, come se volesse andare incontro al dolore del poeta, per alleviarlo. In questa bellissima lirica si sente vibrare la solitudine di un giovane che, pur avendo a dispo- sizione ricchezze e titolo nobilia- re, pur vivendo in un magnifico palazzo, tuttavia soffriva terribil- mente perchè solo, abbandonato, perchè "travagliosa era la mia vita". Chi lo circondava era con- notato da falsità, mediocrità, inu- t i l e p r u d e n z a , m e n t r e i l s u o animo gridava per essere se stes- so, al di là delle finte convenzio- ni, dei protocolli. La sua salute, già precaria per natura, sarebbe andata peggio- rando perché non sorretta da uno stato d'animo sereno. Lui stesso, nei momenti di peggiore abban- dono, si concedeva cibi dolci in quantità, pur essendogli stato vietato dal medico, quasi con un desiderio autolesionista. A quali danni può condurre la mancanza d'amore... L'uomo, più è sensibile, più è intelligente, più rimane solo, per- chè non è capito, perché legge nella realtà quello che i mediocri non vedono. Questa è la condan- na degli animi nobili...Ed è la condanna peggiore, perchè per natura l'essere umano anela alla vicinanza e alla condivisione. Per questo il poeta arriverà ad invidiare gli animali che ogni giorno riprendono la loro esi- stenza da capo, ignari del futuro, inconsapevoli del passato e per questo...più felici dell' uomo! Leopardi aveva un disperato bisogno di comunicare, il quale, nonostante tutto, riemerge sem- pre nell'essere umano ed ecco che la Natura gli si fa incontro. Ecco la luna, definita al I verso 'graziosa', ovvero com- prensiva, disponibile, come una madre che si addolora nel vedere scendere le lacrime dagli occhi della propria creatura. Il poeta rivive la medesima esperienza dell'anno precedente e questo sta ad indicare che la condizione umana è immutabile: chi soffre, perchè è una persona speciale, soffrirà sempre, non bisogna illudersi, potrà solo avere degli attimi di serenità, ma niente più. 'Questo' del II verso e 'quella' del IV verso, indicano l'abisso che separa l'uomo dalla luna: dovrebbe esserci incomunicabi- lità invece è l'essere più lontano quello più in grado di capirlo. Anche noi a volte troviamo conforto e condivisione, magari più in chi non aveva meritato, fino a quel momento, la nostra considerazione, piuttosto che in coloro che avevamo idealizzato. L'apparenza, la forma più che la sostanza, ecco cosa acceca: basta poco per illudere, per ingannare. "Nel tempo giovanil...quando ancor lungo la speme": con que- ste parole il Leopardi guarda a l l ' e t à g i o v a n i l e c o n o c c h i o disincantato. È, questa, una bella fase dell'esistenza umana, perchè in essa si coltivano sogni, desi- deri, prospettive per il futuro, ma è a n c h e l ' e t à i n c u i v e n i a m o ingannati, perchè tutto avviene come se un velo ci coprisse gli occhi e non vedessimo nulla. "Due uomini davanti alla luna" del pittore tedesco Caspar David Friedrich. Olio su tela del 1819

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