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GIOVEDÌ 31 MARZO 2016 www.italoamericano.org L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | 26 SOCIETÀ & ATTUALITÀ CRONACHE NOVITÀ EVENTI Il 'grande passo' del figlio di emigrati lucani che diresse le missioni Apollo Walter J. Kapryan, direttore del Launch Operations center, discute della missione dell'Apollo 14 con Rocco Petrone, direttore del Programma Apollo del Marshall Space Flight Center. Il terzo allunaggio realizzò una serie di esperimenti scientifici e raccolse 43 kg di rocce lunari (Ph. Nasa) vinti che mai e poi mai un missi- le avrebbe potuto portare l'uomo sulla Luna, io per primo" avreb- be commentato in seguito l'ita- liano. Divenuto maggiore, fu asse- g n a t o a l l o S t a t o M a g g i o r e a Washington per essere assegnato dal presidente John Kennedy al progetto lunare. Per portare un americano sulla Luna entro il 1969, nella squadra di "menti" c'era bisogno di Petrone! L'ingegnere iniziò la carriera bisognava rispondere con altret- tante risposte o con il completo riesame del problema. "Lo chiamavano 'Tigre' per i suoi interrogatori - ricorda Tony R e i c h a r d t d i A i r & S p a c e Magazine - ma erano indispensa- bili. La lista delle operazioni che b i s o g n a v a e s e g u i r e s u l s o l o Modulo lunare per essere sicuri che tutto funzionasse a dovere, era grande quanto il libro della Bibbia e ogni riga di questo libro significava una giornata di lavo- Nasa nel 1960 lavorando al pro- getto Saturn presso il Kennedy Space Center. Progettò le rampe di lancio, mise in orbita satelliti e astronavi per migliaia di ton- nellate, dirigendo il lancio di tutti i Saturno e gli Apollo e gua- d a g n a n d o s i l a f a m a d i d u r o . Tutti gli anziani tecnici della N a s a l o a v r e b b e r o r i c o r d a t o intento a interrogare, uno per uno i suoi 150 tecnici addetti alle manovre, con domande formula- te con meticolosa precisione cui ro. Non potevano esserci distra- zioni, pena il tragico fallimento dell'intera missione". Un fallimento che Petrone aveva toccato in prima persona durante il lancio di Apollo 1, quando nel 1967 vide bruciare sul proprio schermo a circuito chiuso gli astronauti Grisson, White e Chaffee, che pagarono il prezzo di una incredibile legge- r e z z a t e c n i c a . D a a l l o r a i l "Tigre" non permise più alcuna presunzione da parte di ogni sin- gola pedina del programma. Il 20 luglio del 1969 tutto andò bene: Armstrong toccò per primo la superficie del satellite, regalando all'umanità una frase s t o r i c a : " E ' s o l o u n p i c c o l o passo per un uomo ma un gradne passo per l'umanità". Il successo portò al colonnel- lo di Sasso di Castalda la promo- zione a direttore del programma Apollo (prese il posto del leg- gendario Samuel Philips). Nel 1972, fu nominato codi- rettore Nasa del programma con- g i u n t o A p o l l o - S o y u z T e s t Project. Un anno dopo l'italoa- mericano si trasferì in Alabama per assumere l'incarico di diret- tore del Marshall Space Flight Center. Nel 1974 tornò di nuovo a Washington, per assumere l'in- carico di amministratore associa- to della Nasa. L'anno seguente terminò infine la sua carriera tecnica per divenire presidente e amministratore del "National Center for Resource Recovery". continua a pagina 27 A lla vigilia di un evento che avrebbe cambiato le pagine della storia, Rocco Petrone non tradiva emozioni: per gli amici della Nasa era il "computer con un'anima" e lui, s i l e n z i o s a m e n t e , n e a n d a v a fiero. In Rocco Petrone coabitavano inflessibile tenacia, una memoria p r o d i g i o s a e u n a p p r o c c i o umano verso le grandi imprese dei suoi amici cosmonauti, tutte doti che lo avrebbero portato ai massimi vertici della grandiosa avventura Apollo. E in un caldo giorno di luglio del 1969, le sue doti sarebbero servite tutte, per trasportare a destinazione i primi umani sulla Luna. Era nato il 31 marzo del 1926 ad Amsterdam, vicino a New York, il direttore di lancio del programma Apollo. E non fu solo un semplice comprimario di quei giorni gloriosi dell'era spa- ziale. Petrone rappresenta ancora oggi uno dei "massimi" protago- nisti di una disciplina, la cosmo- nautica, capace di esaltare il pro- gresso umano nelle più ardue sfide con l'Universo. Figlio terzogenito di un cara- biniere nato a Sasso di Castalda (Potenza) emigrato negli Stati Uniti e impiegato nel settore dei t r a s p o r t i , R o c c o c o n o b b e i n realtà pochissimo suo padre, che morì quando lui ebbe soli sei a n n i . F u i l c u g i n o , a r r i v a t o all'incarico di docente universi- tario a soli 30 anni, e che aveva conosciuto quanto lui i patimenti della fame, a intuirne le enormi potenzialità per la matematica e indirizzarlo agli studi tecnici. Sarebbe stata la scelta giusta. Diplomatosi con ottimi voti, Petrone partecipò, grazie a una rinuncia, al concorso per entrare nella prestigiosa accademia mili- tare di West Point vincendo, nonostante il grave handicap delle origini italiane (siamo nel 1943, in piena guerra mondiale), la durissima selezione. Motivato da un orgoglio familiare che vedeva in lui la rivincita della prima generazione in America acquistò così una nuova identità, vestendo la divisa nonostante la sua innata avversione per il mili- tarismo. Dopo il servizio militare in Germania, Petrone si iscrisse al Mit di Boston, per tentare la strada della ricerca spaziale. Affascinato dalle tecnologie aeree e dai missili ma contrario agli impegni militari, Petrone afferrò al volo l'opportunità di poter lavorare su obiettivi spa- ziali e in due anni prese la laurea i n i n g e g n e r i a m e c c a n i c a p e r p o t e r f a r p a r t e d e l p r o g e t t o "Redstone" e della squadra di Von Braun e Debus, scienziati tedeschi riconvertiti alla cosmo- logia. "Furono anni indimenticabili. Eravamo tutti amici e tutti con- GENEROSO D'AGNESE Rocco Petrone, direttore del Programma Apollo (terzo da sinistra) discute con Charles Duke, pilota del modulo lunare, della strumentazione a raggi ultravioletti in dotazione all'Apollo 16 al Kennedy Space Center (Ph Nasa)