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GIOVEDÌ 31 MARZO 2016 www.italoamericano.org 35 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | LA BUONA TAVOLA RICETTE PIATTI TIPICI STORIE DI CUCINA La castagna, da cibo dei poveri a custode della tradizione m o d e l l a f i n e d e l ' 5 0 0 , descrivendo i costumi e le dure condizioni di vita degli abitanti dell'Appennino toscano, afferma che lassù "il pan è di castagne". Nel XVIII secolo l'emiliano Giacomo Castelvetro avverte che "migliaia de' nostri montanari di questo frutto si cibano in luogo del pane, il quale o non mai, overo di rado, veggono". Anche sul piano dietetico, si notava già all'epoca, una certa s o m i g l i a n z a f r a c a s t a g n a e grano. Pier de' Crescenzi, il più importante agronomo italiano del Medioevo, riprende opinioni espresse nei trattati di medicina e di dietetica: la castagna "è di buono nutrimento" e "proxima granegli del pane". Il castagno, così, diventa ben presto la risorsa primaria di tante comunità montane, vera pianta di civiltà attorno a cui ruotano la vita e la cultura locale. Il sapere tecnico per l'impianto e l'alleva- mento dei castagni si trasmette con l'esempio e con la pratica, ma viene anche messo per iscrit- to. I contratti con i coltivatori talvolta indicano con estrema precisione le operazioni da svol- gere. Grandi attenzioni sono dedi- cate al castagneto e alle castagne n e g l i S t a t u t i d e l l e c o m u n i t à rurali, collettivamente impegnate nella difesa e valorizzazione di questa preziosa risorsa. Appositi funzionari, talvolta compensati in natura, ossia in misure di c a s t a g n e , s o n o i n c a r i c a t i d i sorvegliare le selve e di pro- teggerle dai danneggiamenti che uomini o animali potrebbero arrecare. Inoltre, il pascolo sotto gli alberi è rigorosamente disci- plinato e, in certi periodi dell'an- no, proibito. Per operazioni di raccolta ci si deve attenere alle date stabilite dal governo comu- nale, che debbono valere per tutti; idem per i divieti, severissi- m i , a i q u a l i b i s o g n a v a d a r e ascolto. G l i S t a t u t i c o m u n a l i d i Sambuca, siamo nell'Appennino tosco-emiliano, vietavano ai por- cari di farsi trovare con i loro animali nei castagneti o nei vici- ni querceti finchè il comune non avesse proclamato ufficialmente la fine della raccolta - abandona- mentum: dopo, si poteva pasco- lare e ruspare, ossia spigolare sotto gli alberi. Lungo la strada che scendeva a valle, i porcari potevano condurre gli animali solamente dieci giorni dopo la caduta delle castagne, tenendoli bene in branco ed evitando che uscissero dal tracciato viario oltre dieci braccia. A loro volta, i p r o p r i e t a r i d e i c a s t a g n e t i s i impegnavano a raccogliere le castagne prima che transitassero i porci. Le date di accesso e di transito degli animali cambia- vano da luogo a luogo, secondo i tempi di raccolta, che in certi casi si prolungavano fino a tutto dicembre. Sul piano strettamente ali- mentare, dai tempi più remoti, i p o v e r i a v e v a n o i m p a r a t o a macinare le castagne secche ed a trarne sfarinati da impiegare in aggiunta alle più pregiate e mag- giormente costose farine di cere- ali, nelle preparazioni di zuppe, f a r i n a t e , p o l e n t e , f o c a c c e e castagnacci, con il risultato alta- mente utilitario di riempire di massa lo stomaco: rimedio senza dubbio efficace a calmare i morsi della fame ma non abbas- tanza ad assicurare il necessario apporto proteico. Le castagne intere o fresche o relativamente fresche, considera- ta la loro notevole conservabil- ità, solo raramente si mangiano crude e quasi sempre arrostite, le "caldarroste", o bollite di norma aromatizzandole, durante la cot- tura, con foglie di alloro o semi di finocchio o rametti di mirto. Oggi, lasciati i tempi cupi e bui della fame e della carestia, la castagna non ha più la funzione originaria di cibo integratore del- l'alimentazione quotidiana, in qualche caso, addirittura sostitu- tivo del pane. Oggi rimane l'in- grediente principale di moltissi- mi piatti della tradizione locale, la sposa umile di tanti piatti rus- tici, accompagnati a buon vino rosso, da gustarsi nelle serate fredde, davanti al fuoco di un camino. Ricordiamo, fra le numerose ricette popolari che hanno come ingrediente, la farina di castagne: i "necci" che sono frittelle dolci accompagnate spesso da formag- gi molli come ricotta o stracchi- no; la "pattona" che non è altro c h e u n a p o l e n t a s o d a d i castagne; il "castagnaccio", una torta molto gustosa di farina di castagne tipica delle zone appen- niniche di Piemonte, Liguria, Toscana, Emilia e Romagna. Frequente era l'utilizzo della c a s t a g n a a n c h e n e l l a preparazione di zuppe nutrienti, prima dell'avvento della patata. U n a z u p p a d i f r e q u e n t e preparazione era quella veniva preparata al monastero toscano di Camaldoli, con lo scopo di saziare bisognosi e pellegrini in viaggio. Oggi, oltre ai piatti più squisi- tamente tradizionali, si possono g u s t a r e i p r e l i b a t i " m a r r o n s glacés" e moltissimi tipi di pasta, fatta con la farina di castagne, ideali anche per chi è intollerante al glutine, ma non vuole rinun- ciare ad un primo piatto gustoso. C A S T A G N A C C I O TOSCANO Ingredienti: • farina di castagne (350 gr); • uvetta (80 gr); • zucchero (30 gr); • acqua fredda (500 ml); • acqua tiepida (1 tazza); • pinoli (100 gr); • olio extravergine di oliva (8 cucchiai); • rosmarino fresco (1 ramet- to); • noci (2); • sale (1 presa). Procedimento: Mettere in ammollo, in una ciotola, l'uvetta nell'acqua tiepi- da e, in una tazzina, mettere ad aromatizzare 4 cucchiai di olio con aghi di rosmarino. I n u n p e n t o l i n o , s u f u o c o bassissimo, aromatizzare gli altri 4 cucchiai di olio con gli aghi di rosmarino per qualche minuto. In una pirofila versare l'acqua fredda e unire una presa di sale, i 4 cucchiai d'olio aromatizzati a caldo, la farina di castagne setac- ciata a poco alla volta. Ora, sbattere con la frusta f i n o a d e l i m i n a r e e v e n t u a l i g r u m i d i f a r i n a . L ' i m p a s t o o t t e n u t o d e v e e s s e r e l i s c i o , denso, omogeneo e senza grumi. Unire all'impasto gli aghi di rosmarino, i gherigli di noci finemente tritati e amalgamare il tutto, versando altra acqua se necessario. Aggiungere 80 gr di pinoli, 70 gr di uvetta strizzata e asciugata, e amalgamare bene. U n g e r e u n ' a m p i a t e g l i a quadrata con un po' dell'olio messo nella tazzina e aromatiz- zato al rosmarino, versarvi den- tro il composto, distribuendolo uniformemente. Spolverare la superficie con gli aghi di rosmarino, l'uvetta e i pinoli avanzati e condire con la parte di olio ancora disponibile. Tradizionalmente, il compos- to non dovrebbe essere alto più di 1 centimetro. R i s c a l d a r e i l f o r n o a 1 8 0 g r a d i e i n f o r n a r e p e r 4 0 - 4 5 minuti. Togliere dal forno quando si sarà formata una "crosticina" sulla superficie. S in dai tempi più remoti, la castagna, ha rappresentato uno dei frutti più preziosi, cibo "privilegiato" di sostenta- mento e di sopravvivenza, per intere generazioni. Nell'antica Roma, il primo a menzionarla, fu Varrone (I° sec. avanti Cristo), mentre nel secolo successivo, Plinio il Vecchio, mostra già di conoscerne sette varietà coltivate anche se si con- tinuava a considerarla un "frutto selvatico", di scarso utilizzo. D o p o u n a l t r o s e c o l o , i l medico Galeno riferisce che "sono le principali fra tutte le specie di ghiande: esse sole, tra tutte le specie di frutti selvatici, danno al corpo un nutrimento degno di memoria". Soltanto nel periodo medioe- vale comincia ad essere conosci- uto l'albero di castagno come fornitore di "cibus suavissimus", t a n t o d a e s s e r e p r e v i s t a u n a ammenda in caso di danneggia- mento del prezioso arbusto. Si nota, nella legge stilata nel 643, d a i L o n g o b a r d i , l ' E d i t t o d i Rotari: "Se qualcuno taglia un castagno, un noce, un pero o un melo, paghi un soldo di multa". In effetti, sarà solo nei secoli centrali del Medioevo che la coltivazione del castagno si dif- fonderà su ampia scala, su vaste a r e e t e r r i t o r i a l i , d i v e n e n d o importante fonte di sussistenza. Tra l'XI ed il XIII secolo, l'espansione dei castagneti da frutto non cessa di avanzare in t u t t a l ' a r e a a p p e n n i n i c a , d a l l ' E m i l i a a l l a T o s c a n a , d a l l ' U m b r i a a l L a z i o a l l a Campania. L'economia silvo- pastorale, che nei primi secoli medioevali aveva visto prevalere forme d'uso naturale del bosco, ossia attività di caccia e di alle- vamento brado, lascia il posto ad u n t i p o n u o v o d i e c o n o m i a boschiva sempre più simile a vere attività agricole, date le c u r e c o s t a n t i r i c h i e s t e p e r l'impianto e la manutenzione dei castagneti. Ciò comporterà, sul piano ali- mentare, una crescita esponen- ziale dell'utilizzo della castagna ed una sua costante "riutiliz- zazione" con la trasformazione del frutto intero, in farina ed in p a n e . L a c a s t a g n a , a q u e s t o punto, diventerà il vero rimpiaz- zo del pane, laddove questo non si riesca ad ottenere, meritandosi l'appellativo di "pane d'albero". Bonvesin da la Riva, siamo nel 1288, scrive a riguardo agli usi alimentari dei contadini lom- bardi: "molte volte [le castagne] si masticano senza pane, o anzi, al posto del pane". Così pure in uno statuto toscano del XV° sec. si legge che "le castagne sono il pane della povera gente". Attestazioni come queste si fanno sempre più frequenti nei secoli successivi con l'aggravar- si delle condizioni alimentari dei ceti poveri. Un poemetto anoni- PAOLA ORRICO Da Nord a Sud, l'Italia è ricca di castagneti. Molte coltivazioni hanno il riconoscimento Igp o Dop a livello europeo. Photo by StockPhotoAstur