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www.italoamericano.org 13 L'Italo-Americano IN ITALIANO | GIOVEDÌ 9 MARZO 2017 I l 26 febbraio 1917, il clarinet- tista e bandleader Nick La Rocca (nato a New Orleans, Louisiana, da genitori siciliani) entrò negli annali della storia del jazz. Infatti, quel giorno, a New York City, la sua Original Dixieland Jass (Jazz) Band, che includeva anche il batterista Tony Sbarbaro (di genitori siciliani) – registrava due tracce, Livery Stable Blues (un foxtrot) e Original Dixieland one step. Quel disco 78 giri, in assoluto la prima registrazione jazz, inau- gurò la storia di successo di quel genere musicale che cambiava forma. Col centenario che si avvicina rapidamente, ho avuto l'opportu- nità di parlare col figlio di Nick, Jimmy La Rocca che sta seguen- do i passi di suo padre suonando la tromba e guidando la sua Original Dixieland Jazz Band in giro per il mondo. Ecco la definizione di Jimmy del primo Dixieland jazz style: "Il jazz di Dixieland è la forma originale. Differisce dagli altri stili suonati dopo il 1917, ed è basato sull'opera. Tre corni, con il clarinetto che corrisponde alla voce di soprano, la tromba al tenore, il trombone al basso, che si chiamano e si rispondono l'un l'altro, più tam- buri e pianoforte che giocano nella lingua del jazz. Mio padre fu un innovatore e le sue incisioni mostrano questo. Sono serviti molti anni prima che altri gruppi potessero suonare una simile sincope non ortodossa". Sentiamo Jimmy che ricorda come fu inizialmente affascinato dal jazz e dalle lezioni fondamen- tali del padre: "Mio padre ebbe un'influenza notevole nella mia educazione, segnando il mio modo di essere oggi. 'Sii te stesso, sii onesto, sii rispettoso verso gli altri anche se non sei d'accordo'. Così come per suonare la musica: "Non copiare, suonala alla tua maniera" (qualche volta questo mi ha messo in cattive acque con gli altri musicisti). Lui mi insegnò come suonare la tromba quando ero molto gio- vane, prima che io avessi 12 anni. Poi, mi mandò a prendere lezioni da un insegnante di tromba che poteva leggere precisamente la musica perché lui non poteva leg- gere o scrivere musica'. Io ho imparato da lui come suonare a orecchio. Mi piace il latino così come gli altri tipi di ballate, ma la musica che suonava mio padre è la mia preferita perché è una musica felice, fa venir voglia di battere i piedi, di ballare ecc." Ed ora scaviamo più profonda- mente in questo capitolo affasci- nante di storia musicale, condotti dallo storico di jazz e giornalista, Gigi Razete, da Palermo, Italia. Si è recentemente celebrato (il 26 febbraio) il centenario dei primo singolo di jazz mai regis- trato, Livery Stable Blues e Original Dixieland One Step, suonato dal gruppo Original Dixieland Jass Band, il cui leader e cornettista era un sicil- iano-americano di prima gener- azione, Nick La Rocca. Cosa può dirci sul suo ruolo nella sto- ria del jazz? Nick La Rocca giocò un ruolo essenziale, perché, grazie alla sua incisione jazz - allora un linguag- gio ancora giovane e visto con sospetto - riuscì improvvisamente a farsi aprire le giovani ma già forti porte dell'industria discografica. Il jazz cambiò pro- fondamente il panorama musicale fino ad allora dominato dalla musica classica, particolarmente dall'opera, e dalla musica country. Quello storico 78 giri degli Original Dixieland Jass Band, con due tracce, una per lato - Livery stable blues e Dixieland jass one step – raggiunse un mil- ione e mezzo di copie (venduta a ¢75 ognuno), vincendo sui grandi successi dei concorrenti (come Enrico Caruso e John Filippo Sousa). Questo inaspettato primato riuscì a suscitare l'interesse e l'a- vidità di molte etichette. Nonostante quella musica fosse considerata un prodotto comune "dei selvaggi" Afro-Americani e della creatività degli immigranti, le società discografiche "annusarono" opportunità allet- tanti. Vale a dire, guadagnare nuovi mercati di ascoltatori ed espandere il mercato della musica riprodotta, vincendo definitiva- mente la competizione con i cilin- dri fonografici di Thomas Edison, che ancora minacciavano l'ege- monia del grammofono berlinese e dei dischi fatti di gommalacca in scaglie. Il disco del gruppo di La Rocca, così, scosse il cuore del- l'industria discografica, favorendo molto la diffusione ed il successo del jazz ed abilitando la nuova lin- gua musicale per divenire una apprezzata colonna sonora ai giorni nostri. Lei ha collaborato con il musicista ed esperto di jazz, Claudio Lo Cascio che ha scrit- to il libro, Una storia nel jazz - Nick La Rocca (Edizioni Novecento, 2004). Cosa può dirci delle sue ricerche? Che ruolo ebbero gli immigrati sicil- iani negli Stati Uniti nella nasci- ta e sviluppo del jazz? Nel suo libro, Claudio Lo Cascio finalmente traccia un pro- filo biografico e critico esauriente di Nick La Rocca, giovandosi di un ammontare considerevole di informazioni (ottenuto attraverso studi sul campo negli Stati Uniti) sui principali musicisti che, tra la fine del 1800 e l'inizio del 1900, emigrarono dalla Sicilia alla Louisiana, contribuendo grande- mente allo sviluppo del jazz. La Rocca stesso nasceva nel 1889 a New Orleans, da genitori siciliani recentemente immigrati (suo padre, Girolamo La Rocca era natio di Salaparuta, nella provincia di Trapani, mentre sua madre, Vita De Nina, era di Poggioreale, nella stessa provin- cia). Nel suo studio, Lo Cascio - grazie al suo accesso diretto agli archivi di microfilm immagazzi- nati dai Servizi di Immigrazione degli Stati Uniti - ci dà un rac- conto particolareggiato del- l'enorme flusso migratorio che arrivava in quegli anni dalla Sicilia. Gli studi di Lo Cascio mostra- no come allora c'erano linee di navigazione dirette tra New Orleans e Palermo. Un centinaio fra navi da carico e piroscafi tras- bordavano o scaricavano al porto marittimo di Palermo quale loro destinazione finale. Uno di quelli era il Montebello, piroscafo com- merciale di grande stazza che in 25 giorni, portava agrumi ed emi- granti (approssimativamente mille alla volta) in Louisiana, e balle di cotone dalla Lousiana alla Sicilia. Da lì queste venivano trasportate a Genova, dove erano trasformate in stoffe di jeans, prima di essere nuovamente invi- ate negli Stati Uniti. Verso la fine del diciannovesi- mo secolo, c'erano circa dod- icimila italiani a New Orleans, la maggior parte provenienti da Termini Imerese, Cefalù, Trabia, Agrigento, Sciacca, Monreale, Trapani ed altri villaggi siciliani. Per esempio, nel 1897, Angelina Caravella di Ustica, emigrò bambina a New Orleans a bordo del Montebello. Lei sarà la futura madre di Louis Prima, can- tante italo-americano, attore, compositore, bandleader e trom- bettista che si sarebbe fatto un nome con canzoni come Oh Marie, Just a Gigolo e Sing, Sing, Sing (With a Swing), che nel 1937 divenne una hit per Benny Goodman e il suo gruppo. Perciò, una conclusione scon- tata fu che, come documentato da Claudio Lo Cascio, tale presenza sostanziale di siciliani ebbe un impatto cruciale sull'evoluzione del jazz, non solo per la forzata integrazione tra immigranti e Afro-Americani (giudicati alla pari dalla borghesia degli Stati Uniti) ma anche e soprattutto per l'arte strumentale degli Italiani, soprattutto meridionali, il senso di ritmo, l'attitudine all'im- provvisazione, i suoni aperti, l'in- clinazione alla danza, il gusto per la forma (qualità spesso derivata dall'impegno con le marce ban- distiche), che troveremo poi nel nuovo linguaggio musicale. Non è un caso che, come Lo Cascio allude nel suo libro, molti erano i siciliani che migliorarono il jazz del loro tempo. Pete Rugolo, nato a San Piero Patti divenne un arrangiatore leggendario per Stan Kenton, a capo di uno dei gruppi musicalmente più progressisti dell'epoca. Vido Musso, nato a Carini, suonava come primo sasso- fonista tenore di jazz in rinomati gruppi come quelli di Benny Goodman e Harry James. Il professor Gigi Razete e il leggendario sassofonista Ornette Coleman La prima registrazione della storia del jazz aveva forti radici siciliane SOCIETÀ & CULTURA PERSONAGGI PATRIMONIO TERRITORIO