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GIOVEDÌ 27 LUGLIO 2017 www.italoamericano.org L'Italo-Americano IN ITALIANO | G li antichi Romani e Greci prediligevano il corpo umano, scolpendolo e dipingendolo in tutta la sua nuda gloria. Gli artisti rinascimentali secoli più tardi furono affascinati dalla purezza delle forme antiche ideali, facendo rivivere i valori classici per riempire palazzi con- temporanei con affreschi e statue che rappresentavano soggetti in posa adamitica. Perché allora molte di queste statue sono ora coperte di foglie di fico o di vesti- ti di lana strategicamente posizionati, e chi ha deciso di vestire ogni maschio nudo in Vaticano? La visione antica della nudità Se si visitano le antiche rovine romane di Pompei, c'è una cosa che colpisce e imbarazza il visita- tore: il gran numero di peni pre- senti negli affreschi e nelle statue. Sono letteralmente ovunque: nei graffiti sulle pareti, scolpiti sui segnali in strada, dipinti in affres- chi, modellati in statue, come simboli sulle case e perfino incas- tonati nei marciapiedi. E la nudità non è limitata solo agli uomini né all'arte nella città di Pompei. In quanto società pagana, quella romana adorava diverse divinità, spesso ritratte nude. Le gare di atletica si svol- gevano spesso tra uomini nudi perché i vestiti o le tuniche non ostacolassero i movimenti. E i bagni pubblici erano un elemento fondamentale della cultura romana come luoghi in cui chi- unque poteva rilassarsi, parlare e lavarsi senza ostacolo di classe sociale o di vestiti. Le civiltà clas- siche consideravano lo stare nudi in modo molto differente da noi, ed erano in genere molto più rilassati verso la nudità e il corpo in generale. Visti attraverso la lente delle odierne norme sociali, di libri poco informati o di guide turis- tiche maliziose, i Romani sem- brano edonisti erotomani fissati con la nudità. Ma la verità sembr- erebbe essere molto meno salace: i Romani consideravano sedu- cente una caviglia sottile, un fisi- co atletico e snello e un mento forte e volitivo. E diversamente da oggi, il membro maschile era visto come un portafortuna e un simbolo di fertilità a prescindere dalle dimensioni. Anzi, un pene di dimensioni più piccole presup- poneva che il suo possessore avesse soddisfatto le esigenze "di base". Proprio come i loro antichi "vicini", i Greci, i Romani cele- bravano la nudità per la sua potenza, per l'equilibrio e la purezza. Ma allora, quando siamo diventati così pudici alla vista di seni, peni e sederi? I valori medievali europei Per rispondere dobbiamo spostarci in avanti di qualche sec- olo. Mentre l'Impero Romano si dissolveva, una nuova religione cominciava a prendere piede in Europa portando con sé nuove credenze e modi di vivere molto diversi dai precedenti. Gli dei pagani erano solo un ricordo, come la nudità e I bagni pubblici, a favore di castità, celibato e corpi coperti. Era arrivato il Cristianesimo, e con una metaforica boccata di frutto proibitola vicenda biblica di Adamo ed Eva spazzò via il con- cetto classic dell'eroe nudo. La divinità non era più nuda e il corpo umano era diventato il vei- colo del peccato. Di conseguenza gli artisti specchiarono il proprio lavoro nella nuova filosofia dipingendo, scolpendo e model- lando foglie di fico in corrispon- denza delle zone erogene per evitare di rappresentare il peccato carnale. E la nudità, E la nudità, invece di rappresentare purezza o divinità, cominciò a connotare i meno fortunati, i deboli, i dannati e i condannati all'inferno. Nudità equivaleva a peccato, propen- sione alla carnalità, e non poteva avere alcuno spazio nel "nuovo mondo cristiano" tranne che in lavori come "La Cacciata dal Paradiso" di Giovanni di Paolo o nell'inferno dantesco dipinto nel tardo Medioevo da Botticelli. Non c'era più ragione di studiare il nudo, e le figure vestite diven- nero la nuova norma nell'arte medievale. Ma se qualcuno di voi ha fatto un giro nei corridoi della Galleria degli Uffizi saprà che questa par- ticolare storia non finisce qui. Il revival rinascimentale del nudo classico Dopo l'oscurantismo del Medioevo, il Rinascimento ital- iano segnò l'inizio di una nuova era di ricerca, scoperta e risveg- lio. Le rovine dell'antichità, che punteggiavano da secoli Roma e i dintorni, ora catturava l'immagi- nazione degli artisti moderni, curiosi di esaminare, emulare e ricreare il lavoro dei loro antenati culturali. I mecenati e i collezion- isti dell'epoca seguirono la moda, commissionando pezzi che riflet- tevano il sentimento artistico antico, riassegnando al nudo la sua gloria antica come simbolo di bellezza. Le immagini in stile classico tornarono ad apparire a partire dalla metà del Duecento e nel giro di un paio di secoli divenne la norma per molti artisti. Donatello ritrasse l'eroe biblico David usando le proporzioni atletiche classiche nel 1440. E il suo successore Michelangelo andò oltre studiando di persona il complesso del Laocoonte e dei suoi figli, uno dei lavori classici più famosi mai scavati. Il Laocoonte era stato abban- donato indisturbato in una vigna sul Colle Esquilino vicino al complesso della Domus Aurea di Nerone e al Colosseo fino a che non fu scavato nel 1506. Non si sapeva niente sulla scultura, così il giovane Michelangelo venne incaricato da Papa Giulio II di capirne di più. Il maestro riconobbe immediatamente l'aut- enticità dell'opera e il suo valore, spingendo il Papa ad acquistarla per la sua collezione che di lì a poco avrebbe messo in mostra e che avrebbe rappresentato il primo nucleo dei Musei Vaticani. In molti pensano che la riscoperta del Laocoonte ispirò Michelangelo e in seguito il Giambologna nella realizzazione del suo Ratto delle Sabine, insieme ad altri artisti del Rinascimento con le loro eroiche, e nude, statue. A Venezia il nudo femminile fece il suo ritorno con la Venere con il suonatore di liuto di Tiziano, che mostra una dea chi- nata con Cupido alle sue spalle che le mette una ghirlanda di fiori in testa mentre un musicista suona il liuto ai suoi piedi. Rappresentando il suonatore in abiti contemporanei, Tiziano magicamente lega il mito alla realtà, il fatto al racconto, e radicò l'antico amore per il corpo nudo nell'ethos del Rinascimento italiano. E tale fu il rinnovato entusias- mo per il nudo che gli artisti lo reintrodussero persino nell'arte religiosa. La nudità non era più associata con la dannazione o il demoniaco: i nudi una volta ancora furono santi, devoti e stra- ordinari. Tanto da adornare le pareti del Vaticano nel Giudizio Universale di Michelangelo nella Cappella Sistina, un affresco famoso per i suoi giganteschi e muscolari nudi umani, dipinti in netto contrasto con i deboli e magri nudi del Medioevo Ma mentre le traiettorie gemelle della carriera di Michelangelo e della popolarità del nudo classico raggiungevano insieme il loro zenit, gli atteggia- menti della Chiesa verso la nudità si stavano irrigidendo. La campagna italiana della foglia di fico Per decenni il Rinascimento aveva rappresentato libertà dal- l'oscurantismo, ma parte del clero più tradizionalista pensava che alcuni artisti avessero oltrepassato il limite della morale portando la nudità nelle cappelle e nelle chiese. Biagio da Cesena, il cerimoniere del Papa, fu così scandalizzato dalla violazione della Cappella Sistina operata da Michelangelo da definirla "più adatta a un bagno pubblico o a una taverna", che l'artista Daniele da Volterra venne ingag- giato per coprire i nudi della Cappella Sistina dipingendo foglie e mutandoni, tanto da essere definito "Il Braghettone". Nel frattempo il Concilio di Trento stabilì, in Piena Controriforma, che numerosi lavori fossero coperti con mutan- doni strategicamente piazzati o con foglie di fico ispirate dai rac- conti della Bibbia. La campagna delle foglie di fico era comincia- ta, ma non colpì solo dipinti o affreschi. Anche statue e sculture dovet- tero affrontare la censura, ma per queste opere tridimensionali ser- vivano nuove soluzioni. Foglie di fico di ogni forma e dimensione vennero scolpite apposta per le statue più famose del Rinascimento. Alcune vennero applicate con dei ganci, in modo da rimuoverle se fosse stato nec- essario. Altre vennero modellate sulle sculture, altre vennero attac- cate definitivamente alle opere, danneggiandole irrimediabil- mente. I materiali variavano dal gesso al bronzo. Alcune statue vennero addirittura private dei genitali, negando la stessa neces- sità della foglia di fico e renden- dole impotenti per sempre. Alcuni artisti cercarono di ribellarsi a questa imposizione. Michelangelo ritrasse per vendet- ta Biagio da Cesena come Minosse, giudice dell'aldilà, con le orecchie da asino e collocan- dolo in un angolo del Giudizio Universale in modo che tutti potessero vederlo. Alcune opere vennero semplicemente ridipinte sopra, coperte o persino sostituite come nei pannelli dedicati ad Adamo ed Eva nella pala d'altare di Gent dipinta da Jan van Eyck, rimpiazzate nell'800 con pannelli che mostravano figure vestite. Altri videro i loro lavori perma- nentemente sfigurati con mutan- doni di ottone o foglie di fico impossibili da rimuovere. Oggi, nonostante i cambia- menti sociali degli ultimi secoli, la campagna delle foglie di fico continua: musei e Papi hanno spesso rifiutato di rimuovere le coperture. Alcune opere sono tor- nate alla loro nuda gloria origi- nale grazie ai restauratori che sono riusciti a cancellare le foglie di fico dipinte. Ma ironicamente proprio il fatto che le coperture del Giudizio Universale fatte da Volterra siano state lasciate intat- te nel recente restauro della Cappella Sistina ha provocato una controversia: le foglie erano diventate parte della storia della Cappella. E' stato anche suggeri- to che l'aggiunta delle foglie di fico potrebbe aver salvato alcuni dei massimi capolavori mondiali dalla furia distruttiva del Concilio di Trento. Altri hanno fatto notare che la forma poco fortuna- ta delle foglie alla fine convoglia lo sguardo dell'osservatore pro- prio sugli scarsamente velati membri maschili, trasformando corpi puri e naturali in figure sen- suali, proibite e persino erotiche. In entrambi i casi il fogliame di fico sembra destinato a restare lì, almeno fino a un nuovo Rinascimento… spetta all'osser- vatore decidere se preserva il nostro pudore o macchia immor- tali capolavori. Per decenni il Rinascimento aveva rappresentato libertà dall'oscurantismo, ma parte del clero più tradizionalista pen- sava che alcuni artisti avessero oltrepassato il limite della morale portando la nudità nelle cappelle e nelle chiese 19 Foglie di fico: la grande copertura italiana LA VITA ITALIANA TRADIZIONI STORIA CULTURA