L'Italo-Americano

italoamericano-digital-6-6-2013

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L'Italo-Americano GIOVEDÌ  6  GIUGNO  2013 PAGINA  5 Il talento scientifico di Enrico Fermi e la rivoluzionaria teoria della radioattività artificiale da cui nacque la bomba atomica ENRICA CORSELLI "La professione del ricercatore deve tornare alla sua tradizione di ricerca per l'amore di scoprire nuove verità, poiché in tutte le direzioni siamo circondati dall'ignoto e la vocazione dell'uomo di scienza è di spostare in avanti le frontiere della nostra conoscenza in tutte le direzioni, non solo in quelle che promettono più immediati compensi o applausi". Queste parole di Enrico Fermi, pronunciate durante un discorso nel 1947, rispecchiano alla perfezione lo spirito dello scienziato, ma anche dell'uomo inventore del primo reattore nucleare a fis- altri fisici quali Max Born e Paul Ehrenfest (del quale dimostrò la non validità del principio da lui studiato), Albert Einstein, Lorentz, Samuel Goudsmit e Niko Tinberg, fa fruttare le sue conoscenze. Nel 1927, anno in cui ottiene la cattedra di fisica teorica all'Università di Roma, dà il via al gruppo che poi fu noto con il nome di "I ragazzi di via Panisperna" (dal nome della via nella quale si trovavano i laboratori) al quale partecipano Franco Rasetti, Emilio Segrè, Edoardo Amaldi, Ettore Majorana, Bruno Pontecorvo e il chimico Oscar d'Agostino. Il gruppo prosegue con i suoi famosi esperimenti Precursore dei suoi tempi, lasciò l'Italia per la Columbia University di N.Y. sione. Nato a Roma il 29 settembre nel 1901, dall'ispettore capo al Ministero delle Comunicazioni Alberto Fermi e dall'insegnante di scuola elementare Ida De Gattis, fin dai primi anni di vita dimostra spiccata intelligenza e attitudine nello studio delle ma-terie scientifiche tanto che, an-che a causa della prematura mor-te del fratello in un incidente ae-reo, terminerà il liceo con un an-no di anticipo. Ed è proprio durante il liceo che Enrico Fermi entra in contatto con l'ingegnere Adolfo Ami-deo il quale lo indirizza verso la Scuola Normale di Pisa, tutt'ora una delle più prestigiose in Ita-lia. Per accedervi, dopo un difficile concorso su temi fisici e matematici, Enrico, a soli diciassette anni ottiene il primo posto in graduatoria e la conseguente ammissione alla facoltà. Nel 1921, colui che sarebbe presto diventato uno dei più grandi scienziati a livello mondiale, pubblica i suoi primi due lavori sulla rivista "Nuovo Ci-mento" dal titolo "Sulla dinamica di un sistema rigido di cariche elettriche in modo transitorio" e "Sull'elettrostatica di un campo gravitazionale uniforme e sul peso delle masse elettromagnetiche". Fermi si laurea a soli ventuno anni il 4 luglio del 1922 e tre giorni dopo, il 7 luglio, ottiene il diploma della Scuola Normale di Pisa. Inutile dire che, in entrambi i casi, raggiunge il massimo dei voti cum laude. I mesi successivi alla laurea li trascorre tra Germania e Olanda, precisamente a Gottinga e Leida, dove, grazie all'interazione con fino al 1933, quando Rasetti lascia l'Italia per il Canada e poi per gli Stati Uniti, Pontecorvo va in Francia e Segrè preferisce andare a insegnare a Palermo. Appena un anno dopo, nel 1934, grazie a un'intuizione dell'ultimo minuto, mentre aspettava i suoi studenti in laboratorio per un esperimento, Enrico Fermi giunge alla scoperta che quattro anni dopo, nel 1938, gli fa vincere il Premio Nobel: l'esperimento consisteva nel bombardare con neutroni un bersa-glio costituito da un campione di argento, inserendo tra la fonte ed il bersaglio un cuneo non di piombo come era stato fatto fino ad allora ma di paraffina (ecco l'intuizione!) allo scopo di distinguere i neutroni "assorbiti" da quelli "diffusi". La mattina del 20 ottobre nasce così la radioattività artificiale indotta dai neutroni: l'anticamera della bomba atomica. Un mese dopo la consegna del Premio Nobel, attribuitogli per "l'identificazione di nuovi elementi della radioattività e la scoperta delle reazioni nucleari mediante neutroni lenti", conscio dell'esperienza che il suo collega Rasetti stava facendo a Pasadena, in California, Fermi decide di trasferirsi a New York dove la Columbia University lo invita a tenere alcune lezioni, e dove prima verifica gli esperimenti di Hahn e Strassmann sulla fissione nucleare, con l'aiuto di Dunning e Booth, e dove poi comincia la costruzione della prima pila nucleare Chicago Pile-1. A seguito della lettera di Einstein del 1939 al Presidente Usa Roosvelt nella quale, di fronte alla minaccia rappresentata dal regime nazista, veniva sottolineata la possibilità di realizzare una bomba atomica, la Marina Di Enrico Fermi il famoso studio fisico sul "decadimento beta" americana stabilisce un fondo di seimila dollari per la Columbia University, fondo che fu incrementato per il Progetto Manhattan e per il lavoro di Fermi. A Chigago, nei giorni seguenti alla fine della guerra in Europa, Arthur Compton, collega di Fermi, nomina un comitato al fine di prendere decisioni sull'utilizzo della bomba atomica. La decisione fu presa al massimo livello politico, ma Fermi e gli altri leader scientifici del Progetto Manhattan, svolsero un ruolo importante nel processo decisionale: due mesi prima, nel maggio del 1945, Truman aveva creato un'apposita commissione, nota come "Interim Committee" per affrontare la questione dell'eventuale uso della bomba atomica che era stata messa a punto nei laboratori di Los Alamos. L'Interim Committee fu affiancato da una commissione scientifica composta da quattro scienziati di primo piano del Progetto Manhattan: Oppenheimer, Fermi, Lawrence e Compton, che avevano la responsabilità delicatissima di dare consigli tecnici sull'uso dell'arma nucleare contro il Giappone. Con l'attacco nucleare, si conclude l'avventura americana di Fermi che, nel 1949 e poi nel 1954 già gravemente malato torna a Como, per tenere alcune lezioni. Il fisico italiano naturalizzato statunitense e presidente della Società Americana di fisica, muore ad appena 53 anni il 29 novembre del 1954 a Chicago ed è sepolto all'Oak Woods Cemetery. L'astronauta Parmitano a 400 km dalla Terra: con la missione 'Volare' la prima passeggiata cosmica italiana DANIEL NOZZA Ore 6.17 del 29 maggio. La capsula Soyuz, con a bordo il 36enne pilota collaudatore dell'Aeronautica italiana e ingegnere di volo Luca Parmitano, siciliano di Paternò, il russo Fyodor Yurchikhin e Karen Nyberg, ingegnere e astronauta 44enne del Minnesota, ha puntualmente raggiunto la casa orbitante, sulla Stazione Spaziale Internazionale, a 400 km da Terra. Luca Parmitano L'equipaggio, partito dal cosmodromo di Baikonur in Kazakistan, ha raggiunto la meta in meno di 6 ore, un tempo record. La missione "Volare", italiana già nel nome, fino a novembre prevede molteplici esperimenti scientifici: studi sull'inquinamento (Operazione "Diapason"); analisi su un biocombustibile ("Ice"); monitoraggio dei ritmi circadiani, dell'invecchiamento dell'epidermide ("Skin-B") e del dispendio energetico, influenzati dalla lunga permanenza nello Spazio; rilevamento di radiazioni del sole ed elettromagnetiche ("Solar") e di studi sulle radiazioni nello Spazio e altri ancora, non meno importanti. Luca Parmitano resterà ben sei mesi nello spazio, battendo il record di durata in orbita degli astronauti italiani e sarà anche il primo spacewalker italiano, il primo connazionale a compiere una passeggiata cosmica. "Volare" rientra tra le tante collaborazioni tra la Nasa e l'Agenzia Spaziale Italiana Asi, partnership che, per il presidente dell'ente spaziale Enrico Saggese, in un momento di grossa crisi come questo, porta una ventata di ottimismo. La cooperazione tra la Nasa e il Belpaese è di lungo corso. Gli esperimenti e i test spaziali ebbero inizio nel 1964, con la messa in orbita del satellite San Marco 1. È sempre grazie alla prestigiosa agenzia governativa civile americana che il 31 luglio 1992, Franco Malerba, primo astronauta italiano in orbita, decollerà sullo shuttle Atlantis, per la missione Sts-46. Il 22 febbraio del 1996, sono, invece, Maurizio Cheli e Umberto Guidoni, durante la missione Sts-75, dello shuttle Columbia, a sperimentare il satellite Tss-1R. Negli anni '90, l'Asi raggiunge un accordo con la Nasa per la costruzione dei moduli che saranno utilizzati per il trasporto da e per la base di rifornimenti all'interno della stiva degli shuttle. Non sorprende, perciò, che il primo astronauta europeo sulla Stazione Spaziale Internazionale sia proprio un italiano: Umberto Guidoni, che arriverà a destinazione il 21 aprile 2001, al secondo volo. Sempre dalla base di Baikonour, il 25 aprile 2002 parte la missione "Marco Polo", con il lancio della Soyuz Tm-34; a bordo c'è Roberto Vittori. La missione Sts-120, dello shuttle Discovery, parte dal Kennedy Space Center il 23 ottobre 2007 e vede protagonisti Paolo Nespoli e 5 astronauti Nasa. Quest'operazione fu necessaria per l'evoluzione della Iss, con l'installazione del modulo Harmony, alla quale contribuì l'astronauta milanese. Lo stesso Nespoli è protagonista della missione Magis-stra, del 15 dicembre 2010, con la Soyuz Tma-22, che ci regala le foto e i video della Stazione Spaziale Internazionale con uno shuttle attraccato, l'Endeavour. Proprio a bordo di quest'ultimo c'è Roberto Vittori al suo ultimo volo nello Spazio. Sono, dunque, Nespoli e Vittori a regalarci un altro momento storico: due astronauti italiani s'incontrano sulla Iss. L'Italia, oltre a far già parte a pieno titolo della storia, è in prima linea in questo prezioso e futuristico settore scientifico. E poiché il futuro non aspetta, un'altra importante avventura è in cantiere: Samantha Cristoforetti sarà la prima donna italiana nello Spazio a fine 2014, quando la Soyuz Tma-15M parteciperà alle Expedition 42 e 43.

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