L'Italo-Americano

italoamericano-digital-10-17-2013

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4 www.italoamericano.com L'Italo-Americano GIOVEDÌ 17 OTTOBRE 2013 Le famiglie italiane hanno risparmi in banca? Dipende a chi lo si chiede e da chi legge dati e statistiche YuRI seRAFINI Si sente dire spesso che gli italiani sono grandi risparmiatori. Da decenni ormai, ad ogni crisi finanziaria del Paese, la prima paura è quella del prelievo forzoso, poiché il governo pensa di trovare nei risparmi degli italiani un ricco bottino. Poi, a non rassicurare gli italiani sono gli economisti del nord Europa, in primis Peter Jungen, economista-imprenditore tedesco e membro del consiglio d'amministrazione della Deutsche Bank, che da tempo supplica i Paesi del sud Europa di utilizzare i loro dei risparmiatori, perché le aziende italiane non trovano credito? Alle banche conviene davvero tenere questi soldi sotto chiave? Si potrebbe pensare che i soldi gravitino verso i titoli di Stato, visto che il loro tasso d'interesse è più alto di quanto viene applicato alle aziende con simili rischi. Ma se questa spiegazione fosse accurata, le banche correrebbero a comperare titoli di Stato e l'aumentata richiesta stabilizzerebbe i tassi d'interesse dei medesimi titoli senza biso- È dal 2003 che i risparmi degli italiani diminuiscono di anno in anno risparmi per salvare i loro governi in crisi. Ma se le cassaforti delle banche italiane sono piene di soldi gno di una manovra fiscale. La spiegazione è più semplice di quanto si creda, seppur sia preoccupante. I Paesi del sud Europa, Italia compresa, hanno visto una riduzione drastica dei risparmi durante la crisi. Tempo fa i risparmi erano cospicui, ma oggi molta gente deve spendere i propri risparmi per poter andare avanti. L'unica distinzione dell'Italia in questo contesto, è che i risparmi dei suoi cittadini non sono ancora esauriti. Ma visto che il nostro è l'unico Paese dell'eurozona in cui la ripresa non è già cominciata, chissà quanto questi risparmi dureranno ancora. I dati preoccupanti sono facili da trovare. Solo alcuni esperti stranieri sembrano interessati a documentare il declino degli italiani "risparmiatori," mentre i giornali italiani si limitano a commentare come se la situazione fosse sempre sotto controllo. Il "Wall Street Journal" ad esempio, commentava il declino dei risparmi italiani giá nell'ottobre 2012. Ancora prima, uno studio rilasciato nel marzo 2012 dal fondo d'investimento francese Natixis, documentava con precisione le variazioni nel risparmio dei Paesi europei. Ebbene, l'ultimo anno in cui l'Italia è stata prima in Europa per il risparmio in proporzione al Pil era nel lontano 2006. Ed è dal 2003 che la porzione di soldi messi da parte dagli italiani diminuisce di anno in anno, fino al 2010, quando si registra l'impennata verso il basso. Oggi Dal 1999 l'investimento complessivo in Italia è fermo al 25% del Pil solo le famiglie spagnole risparmiano meno. Anzi, guardando i risparmi in proporzione al Pil, la Spagna ci supera addirittura. E qui ritorniamo alla critica del settimanale "Economist": sono vent'anni che l'Italia è in una specie di stasi. Dal 1999, l'investimento complessivo in Italia è fermo al 25% del Pil. È cresciuto quasi impercettibilmente di anno in anno fino al 2007, e poi è di nuovo calato, ma sempre stabiliz- La crisi cambia le 'buone' abitudini: meno pasticcini La crisi cambia le abitudini. Un esempio? Per risparmiare moltiitaliani hanno cominciato a tagliare i tradizionali acquisti di pasticceria e dolciumi del fine settimane. Secondo Coldiretti tra il 2007 e il 2012 i consumi sono calati del 10% e nell'ultimo anno le famiglie hanno speso solo 147 euro per comperare bignè, babà, cannoli, sfogliatelle o dolciumi. Si taglia sui dolci per risparmiare Il dato emerge anche dalla fotografia scattata dalla Confcommercio in una indagine sul 'paniere di spesa' delle famiglie tra il 1992 e il 2012. In 20 anni sono radicalmente cambiate le abitudini di acquisto e consumo: gli italiani spendono sempre di più per la tecnologia e i telefonini e sempre meno per automobili, vestiti e persino per i pasti in casa. Anche per i pasti fuori casa c'è stato un calo dal 6,3% al 7,4%. Gli acquisti di beni per la telefonia viceversa sono aumentati del 77%, quelli per computer, televisori, hi-fi e accessori sono saliti di quasi il 21%. Anche sulla base delle elaborazioni Ismea-Gfk-Eurisko, nei primi 5 mesi del 2013, la spesa agroalimentare delle famiglie italiane è diminuita del 3,5% su base annua, con i volumi di acquisto in calo dell'1,5%. Tre le tendenze generali riscontrate che riportano alla strategia di risparmio delle famiglie: l'abbandono dell'acquisto di alcuni prodotti, soprattutto freschi, l'orientamento verso prodotti in promozione o più economici, infine il fenomeno dell'accumulo di scorte, soprattutto per i prodotti da dispensa o a media conservazione. Flessione generalizzata sul fronte della spesa, ad eccezione del lattiero caseario e del segmento del vino. zandosi al 25%. Quello che si avverte adesso non è un "blocco" del credito, ma un'invariazione del credito. In passato, le aziende campavano senza dover fare tanti debiti e il nostro livello di investimenti era sufficente, se non stimolato addirittura da capitali provenienti dall'estero, soprattutto dall'eurozona. A quei tempi il livello di investimenti in Italia era superiore a quello francese e tedesco, poiché agli investitori stranieri conveniva investire qui, dove i tassi d'interesse sono storicamente più alti. Gli investimenti in Italia sono quindi più determinati dalla fiducia che ispiriamo che dal reinvestimento di risparmi. Nel febbraio 2013 la Banca d'Italia ha pubblicato uno studio sull'effetto della crisi sui risparmi italiani, confermando che, al giorno d'oggi, la propensione al risparmio in Italia è inferiore a tutti tranne Usa e Gran Bretagna. E gli spendaccioni anglofoni hanno incrementato il loro risparmio durante la crisi. Gli italiani invece no, proprio perché chi ha perso il lavoro o ha subito una diminuzione dello stipendo si trova ad andare a pescare sempre più frequentemente nei risparmi, tanto che al giorno d'oggi, tante famiglie non riescono a risparmiare più nulla. L'Italia, però, supera gli altri Paesi nel vago indice della "ricchezza netta," che è misurata in rapporto al reddito disponibile. Il numero è alto semplicemente perché in Italia, il reddito disponibile è bassissimo. Infatti, questa non è una statistica di cui vantarsi, però, per il suo nome attraente, viene spesso strombettata trionfalmente, senza afferrarne il vero significato. Meno prominenti, ma comunque preoccupanti, sono i punti in cui il documento della Banca d'Italia nota che varie agenzie dello Stato forniscono dati contraddittori, poiché i metodi di analisi adottati sono diversi tra di loro. Insomma, è possibile che le caratteristiche del risparmio in Italia non si capiscano bene solo perché non c'è qualcuno in grado di spiegarle adeguatamente.

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