L'Italo-Americano

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6 www.italoamericano.com L'Italo-Americano GIOVEDÌ 14 NOVEMBRE 2013 Aspettando gli Oscar: incontro con Paolo Sorrentino, candidato al miglior film straniero 2013 LuCA DeLL'AQuILA Ci sono delle somiglianze tra Paolo Sorrentino e Jep Gambardella? Entrambi siete napoletani, vivete a Roma, avete scritto un solo romanzo... Sì, mi ci ritrovo molto, ho lo stesso sguardo disincantato e un po' cinico. Ho scritto un solo romanzo però ho fatto sei film nel frattempo. Sono abbastanza attivo, per fortuna, a dispetto del personaggio che non fa niente senso di vuoto e di solitudine. Più lo scintillio si fa continuo e feroce, più il nostro protagonista perde l'attaccamento al terreno. Per ritrovare la terra sotto i piedi deve recuperare una semplicità che aveva smarrito. Ha un'immagine, un ricordo che le fa tornare la voglia di fare le cose, come per Jep Gambardella quello di un amore adolescenziale? No, non ho questo meccani- Il regista Paolo Sorrentino dal mattino alla sera. Almeno in questo siamo diversi. Come mai nella Grande Bellezza ha scelto di raccontare un ambiente mondano e superficiale? Volevo raccontare le difficoltà di un uomo, e questo si può fare in maniera molto agevole se si immerge il personaggio in un contesto che per definizione è bello, scintillante e sognato da molti. Sono proprio questi mondi che sottendono un grande smo. Quella è un'immagine cinematografica inventata, sarebbe anche patologico se fossi rimasto inchiodato al primo amore. In un film è possibile perché la forzatura della realtà lo consente. La forza per fare le cose la trovo altrove, dove non lo so... Perché ha scelto di ambientare il film a Roma? Avrebbe potuto girarlo anche a Milano? La Grande Bellezza può essere ambientato in qualsiasi grande capitale perché presenta tutti i problemi e le caratteristiche tipiche delle grandi città. Ma forse lo immagino più a New York che a Milano. Roma ha un'aria caciarona e sa tenere meglio insieme mondi diversi, il sacro e il profano. Milano è più raffinata, Roma ha una volgarità che si prestava a far prendere coscienza al protagonista, un uomo elegante nel vestire e nel pensare, del fatto che si trova di fronte ad una voragine di decadenza e volgarità. Questo lo diverte, un po' ne fa parte e un po', essendo uno scrittore, lo mette in una condizione di osservatore, con un piede dentro e uno fuori, senza mai essere capace veramente di vivere. I suoi film ruotano spesso attorno ad un personaggio principale, è una scelta ben precisa? Mi ci trovo bene, faccio un po' fatica ad allontanarmi da questo schema. Di solito c'è un protagonista maschile, adulto, fermo attorno al quale il mondo si muove molto. È stato lo stesso con Il Divo, la storia di Andreotti, un uomo immobile al centro di un universo che gira vorticosamente su se stesso. Ha mai pensato di mettere in scena una protagonista femminile? Mi piacerebbe molto. Ogni volta mi areno perché non è facile per un uomo avere quella confidenza un po' cameratesca che si ha tra uomini con una donna. Lavorare con un personaggio maschile, che magari ha le mie stesse deficienze, mi rende il personaggio più familiare. Da uomo tendo ad avere un'idolatria delle donne che me le rende distanti. Alcuni pensano che sono un misogino, invece è esattamente l'opposto, è l'eccesso di rispetto e devozione che ho nei confronti della donna che mi inibisce nel raccontarla. È stato detto che La Grande Bellezza è un film molto felliniano. Secondo lei qual è "la grande bellezza" dei film di Federico Fellini? Se ne potrebbe parlare per ore. Per me è il più grande di tutti, il regista che più di tutti incarna la parola "cinema". I suoi film sono grandi ritratti dell'uomo, delle sue nevrosi, dei suoi problemi, del suo squallore, ma anche della sua gioia. Grandi ritratti di uomini e donne fatti col massimo della grazia, della leggerezza e della genialità. Il "bravo ragazzo" del Rinascimento riceve il MIFF Award alla carriera sILVIA sIMONeTTI Se ottobre è stato il mese dell'Italian Heritage, novembre è senz'altro quello del Cinema. Proprio oggi prende avvio il festival Cinema Italian Style, che presenta una selezione di alcuni tra i migliori film italiani del 2013, incluso il candidato Paul Sorvino premiato con il MIFF Award alla carriera all'Oscar La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino (intervistato da L'Italo-Americano), e ha portato a Los Angeles celebri attori e registi del Belpaese. Ma già la scorsa settimana l'atmosfera da red carpet era stata anticipata da un altro evento che ha avuto luogo all'Istituto Italiano di Cultura, il Best of MIFF Awards, un format innovativo, prodotto da Made in Milan International Film Society con l'intento di promuovere e supportare il cinema indipendente internazionale. Giunto alla tredicesima edizione, quest'anno il prestigioso premio Il Cavallo di Leonardo è stato conferito all'attore di origini italo-americane Paul Sorvino, noto soprattutto per la sua interpretazione nel capolavoro di Martin Scorsese Quei Bravi Ragazzi (Goodfellas, 1990). Accanto alla carriera cinematografica, con oltre 140 film all'attivo, ma anche serie tv, opere liriche e musical, il talento artistico di Sorvino si esprime in diversi campi, dalla scultura alla musica lirica, come ha dimostrato anche in quest'occasione intonando 'O Sole Mio. Come sottolineato da Andrea Galante, Presidente di Made in Milan International Film Society, "Paul è un autentico uomo del Rinascimento che impegna il suo talento e la sua passione in molteplici aspetti della vita, producendo tali risultati in campi così diversi che non potevamo pensare ad una scelta miglior per il nostro award alla carriera". E il premio gli è stato consegnato, a sorpresa, dalla figlia Mira Sorvino, vincitrice dell'Oscar come attrice non protagonista nel 1995 per La dea dell'amore (Mighty Aphrodite) di Woody Allen. Il pubblico in sala ha condiviso e apprezzato la sincera emozione di padre e figlia, chiaramente uniti da un grande affetto, ma soprattutto da una profonda stima reciproca. Nel corso della serata, altri riconoscimenti sono andati a Lou Diamond Phillips, miglior attore non protagonista in Filly Brown, alla regista Megan Griffith e al produttore Jacob Mosler per il miglior film, Eden, premiati dal Console Generale d'Italia a Los Angeles, Giuseppe Perrone, e a Joe Bini per il miglior montaggio per il documentario Manhunt. Dopo le premiazioni, intervallate da spezzoni dei film vincitori, i protagonisti hanno partecipato al rinfresco prestandosi ad autografi e fotografie con gli ospiti.

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