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GIOVEDÌ 27 FEBBRAIO 2014 www.italoamericano.com L'Italo-Americano 5 27 Febbraio: centododici anni fa nasceva a Salinas John Stein- beck, uno dei più grandi scrittori californiani ed uno dei giganti della letteratura statunitense, maestro di realismo e testimone e cantore di un'epoca di cambia- menti profondi Steinbeck, considerato uno dei principali esponenti della cosid- detta "Generazione perduta", fu uno di quegli artisti dal tempera- mento caldo; uno di quelli senza paura di sporcarsi le mani, e con la voglia viva sempre in corpo di scendere in strada a toccare e vedere il mondo in prima per- sona, senza mediazione alcuna. In gioventù lesse molto, sì, ma senza farsi dominare dai libri: frequentò l'università di Stanford con un po' di indolenza, lavorò come bracciante, come operaio nella costruzione di strade e sudò sette camicie in una fabbrica di zucchero da barbabietola. Poco più che ventenne si tras- ferì a New York per sbarcare il lunario come giornalista e scrit- tore, e si ritrovò a vivere di espe- dienti… poi, anche quando il successo lo colse (e mai lo tra- volse), continuò a viaggiare in giro per il mondo, finendo ad- dirittura a fare il corrispondente di guerra. Un uomo d'azione dunque, ma a differenza dell'altro grande californiano della letteratura, Jack London, per il quale l'a- zione era il nocciolo, il fonda- mento di tutta l'esistenza, Stein- beck la sottopose al suo deside- rio di diventare scrittore di suc- cesso. La letteratura fu sempre l'o- biettivo ultimo, il traguardo da raggiungere, e tutto il suo briga- re, il suo impegnarsi in mille attività su e giù per gli States, potrebbe certo esser letto come conseguenza diretta della sua bramosia, della sua corsa verso il successo. Scrivere dunque; scrivere è l'ambizione prima del giovane Steinbeck, che arriva a New York a fare il giro delle sette chiese, tra case editrici e riviste letterarie, ricevendo soddisfa- zioni (pochissime) e porte in fac- cia (una marea). Almeno fin quando il talento, purissimo, cristallino, non inizia immancabilmente a sgorgare e, come poteva essere altrimenti, racconto dopo racconto, le case editrici si accorgono di lui. Dopo l'esordio romanzesco con "La Santa Rossa", Steinbeck pubblica "I pascoli del cielo", ricevendo i primi diffusi consen- si di critica e pubblico. Nel '35 esce "Pian della Tortilla", che viene acquistato da Hollywood per qualcosa come quattromila dollari. Da qui in poi la fortuna del californiano di Salinas è fatta: premi letterari nazionali come se piovesse; migliaia di copie vendute, soprattutto con "Furore" e "Uomini e topi", a far la fortuna di case editrici (la Vi- king Press di New York su tutte, che si accaparrò il fruttuosissimo autore nel '39, sbancando il mer- che le trasforma e innalza su un piano superiore. Attraverso un gioco letterario raffinatissimo, a tratti, finiscono per diventare ca- ricature delle gesta dei nobili ca- valieri delle letterature europee. Steinbeck descriveva così la crisi economica che gli Stati Uniti stavano attraversando in quegli anni. Molti vollero leg- gere, sbagliando, in "Pian della Tortilla" un elogio della povertà e della nullafacenza. In realtà lo scrittore di Salinas andava deli- neando uno dei suoi motivi più importanti e frequenti: l'odio e il disprezzo per la mediocrità della cato editoriale dell'epoca), tante collaborazioni con Hollywood (tra cui la stesura del copione per "Hitchcock Lifeboat"), fino al- l'apoteosi del Nobel nel 1962, con la motivazione: "Per le sue scritture realistiche ed immagina- tive, unendo l'umore sensibile e la percezione sociale acuta". E proprio dalla motivazione per il Nobel si potrebbe partire per un rapido, rapidissimo sguar- do, un poco più a fondo nella produzione steinbeckiana: umore sensibile e percezione sociale. "Pian della Tortilla" racconta le tragicomiche vicende di un gruppo di "paisanos" di Monte- rey, California. Gente che viveva sull'orlo dell'indigenza più asso- luta, di una povertà profondissi- ma, estrema, descritta da Stein- beck con un gusto umoristico, una scanzonata leggerezza pret- tamente tipica (anche grazie a lui, e soprattutto a Twain) della letteratura statunitense. Le vicende spesso grottesche, infime quasi, dei protagonisti, Danny e i suoi amici - che con- servano nel sangue dei barlumi di nobiltà che, a dir loro, discen- derebbero dagli illustri antenati spagnoli, i colonizzatori - sono raccontate con un piglio tanto realistico quanto divertito. Sono ammantate di un'aura picaresca classe borghese. "Uomini e topi", tradotto in italiano l'anno successivo alla pubblicazione del 1937 a New York dallo scrittore Cesare Pavese, tra i grandi del Nove- cento italiano, racconta la storia di due braccianti, Lenny e Geor- ge, che girano il Midwest per affittare schiena e braccia nei ranch. Coltivano il sogno ameri- cano di possedere una piccola proprietà, e finiscono bruciati da un destino malevolo che non gli lascia scampo fin dalla prima pagina. In quest'opera l'autore prende posizione sulla spinosa questione dello sfruttamento del lavoro agricolo, affinando la sua vena sociale e firmando uno dei più grandi capolavori della narrativa americana. Altra grande prova di critica della società borghese e benpen- sante a stelle e strisce è data in "L'inverno del nostro sconten- to", del 1961. Vi si narra la pa- rabola esistenziale di un botte- gaio di Long Island che, insod- disfatto della propria condizione sociale ed ottenebrato dal mito del successo, ordisce una sicura ed intricata trama di inganni e sotterfugi, fino a raggiungere il suo obiettivo, ma a costo di per- dere la propria coscienza. La consegna del nobel ha re- galato a John Steinbeck il sogno che aveva cominciato ad inse- DARIO MARcuccI guire fin da ragazzo, scrittore al- le prime armi e figlio del "Gol- den State". Entrare nell'olimpo della letteratura e diventare uno dei capisaldi della narrativa a- mericana è stato il traguardo, raggiunto dopo una battaglia e una rincorsa durate una vita. E forse proprio per questo, Steinbeck, grande narratore di uomini sempre in lotta contro le ingiustizie sociali, contro un des- tino beffardo e contro le proprie irrefrenabili passioni, rappresen- ta perfettamente il mito del- l'uomo di successo americano. Spencer Tracy, Hedy Lamarr e John Garfield nella prima versione cine- matografica di "Pian della Tortilla" di Steinbeck Lo scrittore John Steinbeck John Malkovich e Gary Sinise in "Uomini e topi", versione cinematografica del 1992 del romanzo dello scrittore californiano John Steinbeck pubblicato a New York nel 1937 e tradotto in italiano dallo scrittore Cesare Pavese l'anno successivo Dalla 'Generazione perduta' a oggi: il californiano John Steinbeck (tradotto in Italia da Pavese) nasceva a Salinas 112 anni fa Mentre si avvicina il centenario della Prima Guerra Mondiale (1914-1918), a Chieti una nuova esposizione dal titolo "Sironi e la Grande Guerra. L'arte e la Prima Guerra Mondiale dai futuristi a Grosz e Dix". Curata da Elena Pontiggia e con il patrocinio della Soprin- tendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici dell'Abruzzo, della Presidenza del Consiglio della Regione Abruzzo e della Provincia di Chieti, la mostra, che apre in Italia le riflessioni sul centenario della Prima Guerra Mondiale (1914-1918), comprende oltre cinquanta opere e documenta come gli artisti, da Balla a Carrà, Cuore della mostra è la figura di Sironi, di cui per la prima volta vengono analizzate organi- camente la stagione degli anni 1915-1918 e la tematica della guerra, che ricorre nella sua pit- tura ben oltre quegli anni. Le sale sironiane iniziano con le vignette satiriche contro gli Austro-tedeschi realizzate nel 1915-1918, tra cui quelle per la rivista "Il Montello", diretta da Bontempelli. Di rilevante inte- resse, è l'ultimo numero della rivista, uscito nel novembre 1918 per celebrare la vittoria e finora quasi sconosciuto (ne esistono in Italia solo cinque copie). Tra le opere esposte si segna- lano i commoventi ritratti che Sironi esegue a soldati e ufficiali, e il drammatico paesaggio urba- no Città e aereo, 1921. Di enorme suggestione due opere monumentali: la grande tela della Vittoria alata, dipinta nel 1935, e i giganteschi Soldati, del 1936. La prima è il cartone per l'affresco L'Italia fra le scienze e le arti, realizzato per l'Aula Magna dell'Università La Sapienza a Roma, ed è oggi il più importante documento del- l'idea sironiana perché l'affresco è stato pesantemente ridipinto. Il secondo è un'imponente compo- sizione con due soldati della Prima Guerra Mondiale, evocati visionariamente a vent'anni di distanza dal confitto (1936). da Léger a Grosz e Dix, da Pre- viati a Nomellini, hanno rappre- sentato la drammatica esperienza del conflitto. Con il futurismo di Sironi, Chieti rilegge i cento anni dall'inizio della Grande Guerra