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GIOVEDÌ 6 MARZO 2014 www.italoamericano.com L'Italo-Americano 13 'La Grande Bellezza' di Sorrentino vince Oscar e rispetto nella mecca del cinema hollywoodiano SIMONE BRAccI Nel momento in cui si vince è giusto lasciare spazio all'euforia. L'aspettativa, l'attesa, poi la gio- ia, il trionfo e quindi il momento di giubilo personale o di gruppo, da ogni angolazione e per ogni livello di professione e profes- sionalità. Puntiamo ora la nostra attenzione sul cinema, mondiale in primis, poi americano, infine italiano, guardiamo alla notte degli Oscar quale manifestazio- ne più importante del settore, ma anche la storicamente più mani- polata. Bene, sapendo questo e aven- do accettato la sfida, possiamo invece concentrarci ed analizza- re il successo dell'anno, almeno per noi, pensando a quello che splende sotto al nostro Tricolore, focalizziamoci sulla figura di Paolo Sorrentino (un talento del cinema), sul suo intero scenario produttivo ed elogiamo "La grande bellezza / The Great Beauty": Oscar come miglior film straniero. Erano 15 anni che l'Italia non trionfava nella categoria, con questo premio il Paese di Fellini, Scorsese e in parte Maradona mantiene il primo posto nella particolare classifica delle nazio- Sono le 3,45 ora italiana quando dal Dolby Theatre di Los Angeles Ewan McGregor e Viola Davis annunciano l'Oscar a "La Grande Bellezza" di Paolo Sorrentino ni che hanno ricevuto il maggior numero di statuette dorate. Il film vuole raccontare la de- cadenza morale di un'umanità re. La dolce vita cafona è stata ribattezzata. Perchè ci riporta indietro nel tempo ad una serie di utopie propri errori e correggere la rotta: ecco il monito, la morale intrinseca che ha elevato il film ad opera d'arte. Con tutti i suoi del 2006 di nuovo al centro del mondo. Ma per quanto? Una conside- razione di cotale prestigio porta alla luce due evidenti situazioni, una dicotomia cinematografica diventato caso più unico che ra- ro. Questa vittoria unisce infatti sia il fascino della madrepatria sullo schermo, almeno agli occhi del resto del mondo, sia i suoi evidenti difetti. Vincere è come un doping na- turale, ti esalta nella conside- razione della bravura personale, ti deprime l'attimo dopo in cui ci si rende conto che l'obiettivo della risalita è complesso e ancora lontano. Il ritorno ad una classe cultu- rale cinematografica di alto livello. Abbiamo imboccato il giusto percorso, ora dobbiamo definitivamente realizzare che non è importante essere sul red carpet (vero Sabrina Ferilli??), ma curare con decisione la nostra indole statica, investendo su nuovi progetti. Dare spazio al talento giovane, arginare il con- sueto e ritemprare attraverso il cinema un Paese in astinenza da euforia. Grazie a Sorrentino ci siamo guadagnati il rispetto per tornare al vertice. effimera, di passaggio, osservata indifferentemente da una città cosmopolita che negli anni si lascia sedurre senza mai afferra- lasciate sospese per troppo tempo, ma allo stesso tempo permette ad un'intera generazio- ne di rivelarsi, fare outing dei meccanismi dietro, naturalmen- te. Poi tutti a bordo del grande carrozzone, media scatenati, Italia come al mondiale di calcio Dai quadri di Eva Fischer alle scenografie del teatro su Levi Sarà l'attore Jacob Olesen, a proporre nelle sale teatrali ita- liane ed europee, il testo di Pri- mo Levi adattato al progetto teatrale "Primo". Olesen, di origine svedese/da- nese, è presente sulle scene ita- liane da oltre 30 anni. L'abilità di parlare cinque lingue (italiano, derà attraverso la memoria della pittrice Eva Fischer ed a fram- menti di quel suo diario tenuto segreto anche ai familiari, sino agli ultimi anni '80. Nata nel 1920 nella ex-Jugo- slavia, ma di famiglia ungherese, dall'immediato dopoguerra Eva sale alla ribalta della cultura mit- teleuropea, ma allo stesso tempo italiana. Colorista ed oggi ultima rappresentante la scuola romana del dopoguerra, fra le sue tema- tiche restano celebri le persona- lizzazioni delle biciclette, i pae- saggi mediterranei, i mercati rionali romani, e quel diario cela- to per quasi 40 anni, con tutta la drammaticità del periodo delle deportazioni. La crudeltà nazista strappò ad Eva oltre trenta paren- ti tra i quali il padre Leopold, rabbino capo e talmudista. Con la sua attività esposta in ogni angolo del mondo, non ulti- mo lo Yad Vashem, il Museo dell'Olocausto di Gerusalemme, Eva funge da trait d'union tra alcune nazioni europee, attraver- so la storia dalla Seconda Guerra Mondiale ad oggi. "Sempre pronta per una nuova esperienza" ha esclamato l'arti- sta novantatreenne quando il pro- duttore teatrale Enrico Carretta, le ha chiesto la possibilità di estrarre dei "brandelli" di ricordi dai suoi quadri. Eva Fischer, Ricordo del padre, 1946 inglese, tedesco, danese e sve- dese) gli ha dato la possibilità di recitare in tutta Europa, in Nord Africa, Sud America, Asia ecc, e in numerosi film e cortometrag- gi. In teatro ha presentato molti spettacoli di successo in cui oltre che attore protagonista o copro- tagonista è stato anche autore e regista. Il cammino di "Primo" si sno-