Since 1908 the n.1 source of all things Italian featuring Italian news, culture, business and travel
Issue link: https://italoamericanodigital.uberflip.com/i/289563
GIOVEDÌ 3 APRILE 2014 www.italoamericano.com 19 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | TERESA dI FRESCO Deve il suo nome Trapani, dal latino Drepanum, falce, alla for- ma del suo territorio. Eppure no- nostante ciò, nonostante la sua struttura geografica possa ispira- re sentimenti georgici di virgilia- na memoria, possa far pensare a un popolo dedito all'agricoltura, Il corallo fu scoperto da alcuni pescatori che, rimaste impigliate le loro reti in qualche rametto, lo portarono a bordo. Poi alcuni artigiani cominciarono a lavorar- lo. Per secoli è stato il simbolo della città ed è stato considerato e usato come amuleto contro disgrazie e malattie. Alcuni pic- Nell'Ottocento la crisi della pe- sca vide scemare la produzione di opere in corallo e prese, inve- ce, il sopravvento l'oro. Ma è nel Novecento che il corallo ritorna alla ribalta come una delle eccel- lenze della gioielleria. Era l'epo- ca dell'art déco e Boucheron, Van Cleef e Cartier, prestarono i loro nomi al corallo in forme sti- lizzate e geometriche, tipiche di quel periodo artistico. Anche lungo le coste francesi, oltre che quelle italiane, riprese fiorente la pesca del corallo e Trapani, ancora una volta, si affermò come importante centro di produzione e di lavorazione. Così oggi, la fantastica sede del prestigioso Museo Pepoli, con- serva una collezione di opere in corallo, frutto dell'abilità degli artigiani trapanesi dal XVI al XVIII secolo. Vi si trovano esposte sculture, gioielli e altre opere. Tra le più pregiate e importanti fanno bella mostra di sé presepi realizzati non soltanto in corallo, ma in cui veniva usato anche alabastro, conchiglie e madreperle. Da ricordare il pregevole Crocifisso, opera di Matteo Bavera, realizza- to in un unico blocco di corallo. Una delle tecniche più raffinate per la sua lavorazione era quella del "retroincastro" che consiste nell'applicare piccole gocce di corallo su lamine di metallo sagomate, ma fu abbandonata perché poco economica e di dif- ficile applicazione. Un'altra tecnica altrettanto pre- gevole era quella barocca, pre- sente nella collezione della fa- miglia Pepoli che comprende gioielli provenienti in parte dal Tesoro della Madonna di Tra- pani e costituito dalle donazioni e dagli omaggi fatti da re, prela- ti, nobili e semplici fedeli. Risale al 1300 quello che fu il convento dei Padri Carmelitani, rimaneggiato poi tra il XVI e il XVIII secolo ed è diventato il Museo del corallo, ed è contiguo al Santuario della Santissima Annunziata. Vi sono esposte le collezioni private del conte Agostino Pepoli, promotore ai primi del Novecento dell'istitu- zione. Non vi sono raccolte soltanto le collezioni del Pepoli ma anche quelle giunte dalle corporazioni religiose soppresse e dalla pina- coteca Fardelliana che consta di dipinti della scuola napoletana e che furono donate dal Generale Giovan Battista Fardella alla città natale. Si aggiunsero a que- ste, altre donazioni allargando così il patrimonio artistico del Museo e della città. All'interno del Pepoli sono, dunque, conservati dipinti risa- lenti alla produzione artistica siciliana tra il XIII e il XIX seco- lo, sculture da cui traspare la scuola del Gagini, presepi arti- gianali trapanesi realizzati in legno, tela e colla e, infine, pro- dotti di oreficeria tra cui argenti e opere in corallo, paramenti sacri, abiti d'epoca della nobiltà locale, maioliche le cui pregiate piastrelle da pavimentazione raf- figurano la pesca del tonno e la mattanza, tipiche della zona. Infine, una più recente sezione racchiude cimeli del Risorgi- mento. Oltre alla donazione del Gene- rale Fardella del 1830, a quella del Conte Hernandez, anche comuni cittadini donarono opere acquistate sul mercato. Non mancarono donazioni da parte del Museo Nazionale di Paler- mo, della Biblioteca Fardelliana e dell'Ospizio Marino "Sieri Pepoli" di Trapani. Il Museo, fondato dal conte Agostino Sieri Pepoli come Mu- seo Civico tra il 1906 e il 1908 e inaugurato nell'attuale sede nel 1914, nel 1925, data la ricchezza del suo patrimonio storico e arti- stico e l'importanza che assunse, divenne Regio Museo. Prese il nome di Museo Nazionale nel 1946. Subì un consistente restau- ro e un riordino delle collezioni nel 1965 e, in seguito alla regio- nalizzazione dei Beni Culturali, è divenuto Istituto Regionale. La sua architettura è magnifi- ca, come magnifico è lo scalone in marmo policromo che porta al vero e proprio percorso museale, al primo piano e che risale al metà del XVII secolo. La raccolta delle arti decorati- ve e applicate è la documenta- zione della creativa attività degli artigiani trapanesi nel XVII e XVIII secolo maestri incompara- bili nella lavorazione del corallo, dell'avorio, dell'oro, delle pietre dure, delle conchiglie, dell'ar- la maggiore ricchezza e fama le è venuta dal mare. Ed è un discorso antico che af- fonda le sue radici nella mitolo- gia. Già, perché il prodotto più importante e conosciuto e che ha reso famosa Trapani nel mondo, è il corallo. Questo strano animale marino che si pietrifica rapidamente e che è difficile da lavorare, per la mitologia, invece, è formato dal- le gocce di sangue della testa di Medusa, che Perseo, riuscendo ad evitare il suo sguardo assassi- no, riuscì a mozzare. Narra, infatti, la leggenda che Medusa si vantava di essere più bella di Minerva per via dei suoi capelli lunghi e folti e di essere irresistibile. La dea, per vendi- carsi, trasformò la sua bella chio- ma in tanti serpentelli e rese il suo sguardo micidiale, tanto da uccidere chiunque incrociasse i suoi occhi. Perseo fu l'unico a non lasciarsi incantare e, usando come spec- chio lo scudo che la dea Mi- nerva gli donò, riuscì a vedere il volto riflesso della Gonade e a staccarle la testa con un colpo di spada. Ma la scienza ha potuto scopri- re che si tratta di un animaletto marino che vive in colonie ci- bandosi attraverso i suoi tentacoli urticanti. La sua capacità di velo- ce pietrificazione, il colore rosso, la sua strana forma che lo fa assomigliare a rami di cespugli acquatici, ha sviluppato spesso fantasie e nel tempo lo ha fatto apprezzare sempre di più. Trapani ovvero la falce gento. Negli ultimi venti anni il Mu- seo ha ospitato mostre d'arte de- corativa che hanno valorizzato oltre che fare conoscere l'arte tra- panese e oggetti artistici prove- nienti da altre strutture museali pubbliche e private. È importante sottolineare che ancora oggi si possono ammirare botteghe artigiane che lavorano con tecniche antiche e artistiche quei meravigliosi "animaletti" che rispondono ancora oggi e finché il mare non le nasconderà per salvaguardarli dall'estinzione al nome di corallo, simbolo di una natura passionale come il rosso del suo colore. Capezzale Madonna di Trapani in corallo coli rami lavorati in modo primi- tivo, sono stati trovati in alcune sepolture del Paleolitico. Al banco di Skerki, al largo dell'arcipelago delle Egadi, al confine con la Tunisia, la pesca del corallo era abbondantissima e le barche specializzate, le "co- ralline" a vela latina e i marinai che si tuffavano in apnea, porta- vano in superficie grandi quantità di corallo. I primi a lavorarlo, già nella prima metà del XV secolo, furo- no degli artigiani ebrei e alla fine del XVII erano molte le botteghe artigiane di corallari. Statuine di santi, crocifissi e vari oggetti di culto erano prodotti in collabora- zione con orafi ed erano realizza- ti su supporti di rame dorato con incastri di piccole sfere, mezzelu- ne, che costituivano la cifra degli artigiani trapanesi. Una "Montagna di corallo", si dice, fosse l'opera più bella mai realizzata in corallo dagli artisti della città siciliana ed era compo- sta da novanta figure che descri- vevano la vita di Cristo e della Madonna. L'opera dono del Vi- cerè di Sicilia per il sovrano Fi- lippo II di Spagna, non giunse mai a destinazione perché af- fondò insieme alla nave che la trasportava, a causa di una vio- lenta tempesta. Anche a Napoli si lavorava il corallo già dall'epoca della do- minazione normanna, ma soltan- to nel Quattrocento, grazie all'ar- rivo di artigiani trapanesi, conob- be una produzione di grande rilievo. Lavorazione manuale del corallo marino Scalone del Museo Pepoli a Trapani