L'Italo-Americano

italoamericano-digital-4-16-2015

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GIOVEDÌ 16 APRILE 2015 www.italoamericano.org 11 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | Cantieri in movimento: vera speranza de L'Aquila Ecco sì, una speranza per la città sono i cantieri in movimento, gli operai che sciamano per il corso nella pausa pranzo, la con- fusione delle lingue e dei dialetti, tutti e caratterizza, anche per il futuro, l'identità dell'aquilano nella memoria di una catastrofe che ha segnato in modo profondo la storia della città. Via Sallustio di notte, illumi- nata nella parte centrale, bui i vicoletti laterali, è oggi una immagine eloquente della desola- zione del centro storico della città de L'Aquila. I suoi grossi fabbri- cati, cresciuti negli anni settanta, pulsanti di vita, negozi e abitazio- ni allora, ora abbandonati e deser- ti. Sopravvivono i lecci, circonda- ti da erbacce cresciute indisturba- te. È la via perpendicolare al corso dei portici e dello struscio, qui si vedono parecchi cantieri all'opera, alcuni palazzi storici finalmente scoperti e pronti per l'uso. Ma chi li userà, e come? Anche qui, all'Aquila, le diffi- coltà sono molte. Ma quello che abbiamo e che altre città non hanno è il movimento, il fermen- to, dato dalla ricostruzione in atto… Tutto questo trasferisce un senso di continuità, di speranza nel 'domani', prospettive senza le quali l'essere umano si deprime- rebbe...Un fermento positivo che genera una creatività che non ha eguali rispetto a prima del terre- moto". La selva di gru che si vede entrando in città da ovest, è segno tangibile di speranza per il futuro, soprattutto quando esse sono in movimento. originale e nuova per orecchie aquilane, nate e cresciute entro le mura. Inoltre i cantieri all'opera indicano che flussi di danaro scorrono per muoverli. Ovviamente l'augurio di tutti è che non si fermino per beghe locali, truffe, raggiri, infiltrazioni delinquenziali di varia provenien- za, difficoltà, rivalità, invidie e competizioni dannose. Una breve osservazione in relazione alla fiaccolata della memoria di quest'anno, sei anni dopo il terremoto devastante. Partecipata e silenziosa, appare sempre più un momento di soli- darietà cittadina, che oggi unisce In questa zona i cartelli vende- si o affittasi sono segno tangibile della dispersione di persone ed attività, che hanno trovato miglio- re sistemazione altrove, nella vasta periferia post sisma. Professionisti e commercianti, che prima lavoravano in centro, non tornano, almeno per ora. Insieme, il corso e via Sallustio, immagini eloquenti dello stato della città, oggi. Qualcosa è stato fatto, di più, molto di più resta da fare. La stampa e le televisioni ancora si interessano allo stato della città. Prevalgono gli articoli che descrivono in toni patetici lo stato di abbandono del centro sto- rico. Ci sono anche iniziative valide, cito ad esempio il conve- gno su "L'Aquila, post-cata- strophic town", tenuto di recente a Firenze da professori di Storia dell'Arte, e da Salvatore Settis sulla tutela e conservazione dei beni ambientali. Ricordo anche l'inchiesta di Repubblica.it, cen- trata sulle conseguenze della improvvisa ed eccessiva espan- sione del territorio dovuta alla realizzazione delle new towns, che hanno esteso eccessivamente un territorio dove vivono solo 60.000 abitanti. Cito come voce fuori dal coro quella di Enrica Strippoli, psicote- rapeuta che lavora a L'Aquila, che lei considera una delle città d'Italia dove si si vive meglio, perché ricca di spunti di vitalità e capacità di rinnovamento non comuni. "La situazione in Italia è dram- matica: la crisi economica ha bloccato qualsiasi processo di cre- scita ed è difficile per gli italiani avere speranza nel futuro… Sei anni dopo il devastante terremoto la ricostruzione de L'Aquila continua tra speranze e difficoltà EMANUELA MEDORO L'arzillo parroco di Filettino La Vignetta della Settimana di Renzo Badolisani IL PARROCO DEI RECORD Eccola, in un periodo storico in cui è palpabile la crisi delle voca- zioni, una bella storia da raccontare. Il protagonista è Don Alessandro, classe 1918, novantasette anni da compiere il prossimo giorno di Santo Stefano, parroco di Filettino, il paese più alto del Lazio con i suoi 1075 metri, appollaiato in provincia di Frosinone, appena sotto Campo Staffi, una delle località sciistiche più battute della zona. Don Alessandro, nato a Vallepietra, vicino Subiaco, aveva frequen- tato nel paese natio le scuole fino alla terza elementare. Poi, per conti- nuare gli studi, raggiunse lo zio, Don Filippo, proprio a Filettino. Qui completò le elementari, preparandosi successivamente all'entrata in seminario. Ormai Don Alessandro è diventato il parroco dei record: non c'è nessuno, su e giù per lo Stivale, che vanti la sua militanza. Settant'anni come parroco di Filettino: un primato di longevità e di fedeltà a Dio. Nel corso della sua vita Don Alessandro, che vive in un modesto ma dignitoso appartamento sopra la Parrocchia di Filettino - raggiunta da una ventina di scalini ripidi - ha officiato quarantaseimila messe, celebrando (purtroppo, anche se la vita è anche questa) quasi millequattrocento funerali. Non ha mai voluto prendere la patente di guida: per il paese, fino a qualche anno fa, si muoveva a piedi, nono- stante le faticose salite. Poi l'età incipiente, qualche acciacco, l'hanno convinto a muoversi per il paese (composto, d'inverno, da quasi cin- quecento abitanti che diventano dodicimila in concomitanza con le ferie estive), ovviamente accompagnato da un guidatore. Anche nelle ultime festività pasquali, Don Alessandro ha officiato la messa, divertendosi anche a suonare il pianoforte, senza manifesta- re il minimo disagio. Un formidabile elisir di giovinezza e di entusia- smo, uno dei segreti autentici di questa comunità montana. E uno dei punti di riferimento del paese se è vero che, un paio di anni fa, quando il Governo, in un'ottica di spending review, pensava di accorpare, uni- ficando le funzioni, i comuni (adiacenti) di Trevi nel Lazio e Filettino, Don Alessandro insorse, difendendo l'autonomia del paese che porta nel cuore. Ovviamente, una storia così strutturata non poteva non arrivare anche in Vaticano, provocando echi profondi. E così tre anni fa, nel corso di un'udienza nella residenza estiva di Castel Gandolfo, l'attuale Papa emerito Ratzinger ha ricevuto Don Alessandro, estendendogli il senso di riconoscenza dell'intero Vaticano. Sempre nel 2012, Filettino, nell'ambito di una bella festa svoltasi nel mese di luglio, ha omaggiato il suo parroco prediletto. Con la musica della banda, il saluto delle Autorità, l'affetto della gente. I ricordi di una vita infinita sono struggenti: Don Alessandro ancora ricorda quando - la guerra stava finalmente finendo - diede ospitalità a Filettino a un gruppo di partigiani, inseguiti dai nazisti. Da allora ha unito in matrimonio centinaia di coppie, officiato battesimi, comunio- ni e cresime. Accompagnato al cimitero, che si volge verso la catena dei monti Simbruini, centinaia di paesani. Fisico asciutto, qualche malanno curato nel vicino ospedale di Subiaco. Il timbro di voce ora un po' sofferto per via dell'età da record. Ma Don Alessandro non abdica: settant'anni da parroco. Con la comunità di Filettino nel cuore.

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