L'Italo-Americano

italoamericano-digital-6-11-2015

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GIOVEDÌ 11 GIUGNO 2015 www.italoamericano.org 35 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | La tragedia dimenticata dei 56 italiani emigrati per lavoro e morti sotto il ghiaccio di Mattmark "V olevamo braccia, s ono arrivati uomini", questa l'emble- matica frase di Max Frisch che, a testimonianza del clima che ha accolto gli italiani emigrati all'e- stero tra Otto e Novecento, apre il Catalogo della mostra fotogra- fica "Mattmark, Tragedia nella Montagna", il primo degli eventi legati alle celebrazioni comme- morative per il 50° anniversario della catastrofe avvenuta nel 1965. Un catalogo rigorosamen- te trilingue – tedesca, francese e italiana – per una mostra com- memorativa nella Sala degli Atti Parlamentari della Biblioteca del Senato "Giovanni Spadolini" che ci immerge in una tragica pagina dell'Emigrazione italiana. Scorrono, a richiamare l'ur- genza della Memoria, le immagi- ni di una mostra-racconto che ci riguarda: il progetto della diga, il ghiacciaio dell'Allalin e il sotto- stante lago di Mattmark, la bene- dizione, la conferenza stampa che annuncia l'inizio dei lavori di costruzione, il cantiere al lavoro di notte. Lo struggente racconto per immagini procede con la festa alla fine dei lavori e l'inaugurazione ufficiale, secon- do la liturgia del rito propiziato- rio. Seguono immagini con ope- due, di cui forse cinquantacinque italiani. Dieci si sono salvati fug- gendo s ulle montagne. O ggi bombardamenti con 'bazooka' contro il ghiacciaio superiore. Il pianto dei compagni di lavoro. Impres s ionanti racconti dei superstiti e messaggi degli scam- pati alle famiglie in Italia. 'Erano tre giorni che la monta- gna faceva la mossa'". (Corriere della Sera). Dopo, siamo lì con loro, con i s opravvis s uti. Con i fermo- immagine delle vedove avvolte nei veli neri del lutto, impietrite mentre stringono rosari. Siamo con gli orfani di Mattmark. In giacca nera. Serissimi. Bambini, e già consapevoli. Seguono le fotografie dei processi, inquie- tanti. Sono i dolorosi fotogram- mi di una tragedia annunciata, sequenze della Storia, la nostra. Perché la tragedia di Mattmark del 30 agosto 1965 resta, ancora oggi, a distanza di 50 anni, un ricordo vivo nella popolazione del Vallese, accomunando nello stesso tragico destino lavoratori migranti e svizzeri. Una sciagura in cui perirono 88 lavoratori di diverse nazionalità di cui 56 ita- liani. In questo triste numero era presente l'Italia intera, dalle Alpi alla Sicilia. LA TRAGEDIA - Erano le 17:15 del 30 agosto 1965, quan- in esse riparo furono sepolti sotto oltre 50 metri di ghiaccio, ghiaia e sassi. La fase dei soc- corsi fu complessa ed emotiva- mente molto toccante perché furono gli stessi colleghi di lavo- ro ad effettuare, insieme all'eser- cito, il recupero delle salme, o meglio, di ciò che rimase delle stesse". TIZIANA GRASSI Foto aerea sul luogo della tragedia di MattMark, in Svizzera, dove 50 anni fa morirono 88 operai, di cui 56 italiani, sepolti da 50 metri di ghiaccio (Ph. Médiathèque Valais - Philippe Schmid) Nell'agosto del 1965, due milioni di metri cubi di ghiaccio e detriti si staccarono dalla montagna e coprirono tutto: uomini e macchinari (Ph. Médiathèque Valais - Philippe Schmid) sciagura avvenne circa un'ora prima della fine del turno diurno (il cantiere a Mattmark non si fermava mai), se fosse accaduta verso l'ora di pranzo, i morti sarebbero stati 600 e la tragedia avreb be as s unto dimens ioni abnormi. "Cercavamo di trovare compagni ancora in vita… una des olazione che non pos s o descrivere. Quando vedevo qual- cuno in vita, era un miracolo", dice tra le lacrime N ereo Mazzari, operaio all'epoca impe- gnato nei lavori della diga, in una delle toccanti testimonianze del toccante filmato che ha aper- to i lavori. IL RICORDO - Nel messag- gio inviato al convegno, il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha sottolineato l'importanza di non dimenticare "una delle pagine più drammatiche della storia della nos tra emigrazione", aggiungendo che "oggi come ieri le nostre comunità italiane all'e- stero si sono integrate nei Paesi che le hanno accolte, contribuen- do al loro sviluppo e mantenen- do al tempo stesso un forte lega- me con l'Italia". Il promotore dell'evento, sen. Micheloni, ha detto: "Credo che il nostro dovere sia ricordare e onorare: ricordare è il dovere di cittad ini e politici; la s toria dell'emigrazione è piena di paro- le che non ci piacciono: discri- minazione, xenofobia, stragi, le migrazioni forzate del dopoguer- ra. Ricordare non è onorare. Non basta ricordare per onorare la memoria delle vittime. Come farlo? Come ci comportiamo oggi nei confronti degli immi- grati? Nel processo Mattmark furono rinviati a giudizio 17 imputati: tutti assolti in primo e secondo grado; le spese proces- suali furono a carico delle vitti- me. Una cosa che scandalizzò tutti. E allora mi chiedo: s e voglio onorare le vittime, se con- sidero ingiusta la 'giustizia' di allora, che responsabilità ho dei 300 morti ieri nel Mediterraneo e di tutti gli altri? Le cose sono complicate, certo, ma bisogna fare in modo di non permettere altre tragedie degli immigrati". LA RICERCA - In una pro- spettiva socio-storica, il prof. Sandro Cattacin, ordinario di s ociologia all'U nivers ità di Ginevra e responsabile della ricerca a cui hanno partecipato Rémi Baudoui, Toni Ricciardi, Irina Radu e Blaise Dupuis "sia in Svizzera che in Europa la tra- gedia dà inizio al dibattito sulle condizioni umane e sociali delle migrazioni economiche e sulle condizioni di lavoro dei migran- ti. In Svizzera, al di là della polemica pubblica sugli errori di gestione commessi nel cantiere, le vittime di Mattmark acquista- no lo status di esseri umani, meritevoli di compassione e ristoro. L'obiettivo di questa ricerca è stato duplice: recuperare il ruolo che la catastrofe ha avuto nella storia della costruzione della Svizzera contemporanea e resti- tuire la memoria dei fatti, andan- do oltre la semplice cronaca degli avvenimenti. La prospetti- va socio-storica ha fornito la possibilità di ridare a questo tra- gico avvenimento un posto cen- trale nella storia della Svizzera". La catastrofe di Mattmark, continua Ricciardi, "ebbe la stes- sa risonanza, se non maggiore, di quanto accadde un decennio prima in Belgio a Marcinelle. Come a Charleroi, si recarono sul posto oltre duecento giornali- sti svizzeri e corrispondenti da tutto il mondo. Le immagini delle baracche sepolte sotto oltre 2 milioni di metri cubi di ghiac- cio e detriti fecero il giro del mondo. La catastrofe suscitò scalpore poi però Mattmark è stata rimossa dalla memoria col- lettiva. L'oblìo nel quale è cadu- ta questa tragica pagina dell'e- migrazione italiana, ci fa parlare di M attmark come di una Marcinelle dimenticata". Sulla necessità della memo- ria, Domenico Mesiano, presi- dente del Comitato per le cele- brazioni del 50° Anniversario, ha detto: "Con le celebrazioni di quest'anno, il Comitato intende s congiurare l'oblìo s u fatti importanti, ma anche discutere sull'integrazione degli stranieri". rai che ci guardano, sorridenti, dai loro enormi camion per il tra- sporto pesante. È l'Innocenza contro la Morte, in quei sorrisi di uomini al lavoro. E perciò risulta tanto più stridente e straniante quella didascalia: "La vigilia della catastrofe. Da sinistra a destra: Giancarlo Acquis, Merlin da Meano, Augusto Praloran". Il fotogramma successivo è il silenzio di una distesa infinita di neve. Il Dopo. È il 1° settembre 1965. Le fotografie ci restituiscono uomini al lavoro mentre cercano di sal- vare i compagni sepolti sotto il ghiaccio. Le immagini della mostra/catalogo scorrono: l'im- mensa massa di neve sul cantiere della diga vista dall'aereo lascia sgomenti. Come il Registro dei dispersi, le ricerche dei corpi delle vittime della valanga, gli articoli di giornale: "Non c'è speranza per i sepolti vivi di Mattmark. Solo otto salme disse- polte. Secondo un rapporto delle autorità i 'dispersi' sono ottanta- do il tempo si fermò. A 2.120 metri d'altitudine, un intero cos tone del ghiacciaio dell'A llalin, nelle A lpi del Vallese, si staccò e precipitò a valle travolgendo il cantiere e seppellendo sotto una montagna di ghiaccio gli operai che stava- no lavorando alla costruzione della diga del lago di Mattmark, nella Valle di Saas, una delle infras trutture più importanti d'Europa. 88 i morti, 56 italiani, 23 svizzeri, 4 spagnoli, 2 austria- ci, 2 tedeschi ed un apolide. Gli orfani furono 85. "P ochi is tanti prima che venisse giù parte del ghiacciaio, istintivamente, le vittime corsero verso le baracche nel vano tenta- tivo di cercare rifugio, ignari che quella massa enorme era diretta proprio verso di loro. In pochi secondi - annota Toni Ricciardi, docente all'U nivers ità di Ginevra, uno dei massimi studio- si di storia dell'emigrazione ita- liana in Svizzera - le baracche e quanti sperarono di aver trovato GLI EMIGRANTI - "La gran parte di ques ti operai aveva lasciato la terra natale per far vivere le loro famiglie – annota Stéphane Marti, responsabile del "Progetto Mattmark 1965-2015", curatore del catalogo della mostra -. Questi si erano uniti ai lavoratori svizzeri e con essi ave- vano imposto a questo universo di ghiaccio, neve e roccia, un'o- pera titanica di cui non avrebbe- ro mai visto la realizzazione. L'epopea delle grandi costruzio- ni di dighe deve essere racconta- ta al mondo moderno che ignora a quale prezzo e con quali sacri- fici fu ottenuto il progresso". LE VITTIME - La massa di ghiaccio ricoprì come un mostruoso manto bianco uomini, storie, costruzioni, macchinari. Le vittime provenivano dalla provincia di Belluno e da altri centri veneti, da Friuli, Trentino, Emilia, A bruzzo, M olis e, Campania, P uglia, Calabria (soprattutto da San Giovanni in Fiore), Sicilia e Sardegna. La

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