L'Italo-Americano

italoamericano-digital-2-4-2016

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GIOVEDÌ 4 FEBBRAIO 2016 www.italoamericano.org 36 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | Scuola Romana del dopoguerra. L'estro, le tonalità, un raffinato e appropriato utilizzo dei colori, hanno reso i suoi momenti pitto- rici tra i più apprezzati nell'arte del XX secolo. Nelle sue opere i colori la fanno da padroni. Come in un fotofinish intrappolano una sequenza e la trasmettono, anche v i o l e n t e m e n t e . E v a e r a u n a costante raccoglitrice di vita, le cui espressioni restano testimoni indeformabili; chi visita una per- sonale diventa l'eterno bambino che dal 1946 si nutre dei suoi cromatismi. E v a F i s c h e r e r a n a t a a Daruvar (ex Jugoslavia) il 19 n o v e m b r e 1 9 2 0 . I l p a d r e L e o p o l d o , R a b b i n o C a p o e d e c c e l l e n t e t a l m u d i s t a , v e n n e deportato dai nazisti. Sono più di trenta i familiari di Eva scompar- si nei lager. Insieme alla madre e al fratello minore, venne interna- t a a V a l l e g r a n d e – I s o l a d i Curzola – sotto amministrazione italiana, che non conobbe (Eva era lieta di dirlo) ferocia alla pari di quella nazista. Per una malattia materna ebbe il permesso di assi- sterla insieme al fratello nell'o- spedale di Spalato; quindi si tra- sferì con i suoi cari a Bologna sotto falso nome. Eva ricordava quel tempo infausto in cui i parti- giani, della cui Associazione era membro ad honorem, non rifiuta- vano aiuto e solidarietà ai perse- guitati. A guerra finita, scelse Roma come città d'adozione. A Trastevere, sotto di lei, viveva il compositore Ennio Morricone che le "Eva Fischer Pittore". Le ombre di una sopravvissuta svelate dall'arte di Eva Fischer I sei milioni di racconti della S h o a h p o s s o n o n a r r a r e d i poche ore di vita, oppure rac- contare una lunga esistenza, ma tutte portano allo stesso tragico epilogo, persino per coloro che fisicamente sono usciti da luoghi s p e t t r a l i c o m e A u s h w i t z - B i r k e n a u , D a c h a u , B e r g e n Belsen. Quando verso la fine degli anni '80 mio padre ed io sco- primmo quel diario segreto di Eva, mai avremmo creduto che una persona che tanto amava parlare e circondarsi di colori, tenesse celati tutti i risvolti di quel bieco periodo. Aveva sem- pre parlato della deportazione del padre e di altri 33 parenti diretti e ci aveva raccontato le peripezie per fuggire – assieme alla madre malata ed al fratellino Roberto di dieci anni più piccolo – da una Belgrado martoriata, per consegnarsi agli italiani sulla costa adriatica, perché 'italiani brava gente'. Mai avremmo sup- posto, che nonostante la forza che trasmetteva in tutti coloro che frequentava, la vitale Eva necessitasse di rigettare la cupez- za che invece continuava a tar- tassarla quasi fino al punto di insistere nel volerle togliere l'u- manità e l'amore per la vita stes- sa. Come nei racconti che narra- no della presenza in ognuno di un lato positivo e di uno nefasto. Le ombre raccontate innanzi- tutto a se stessa lungo tutta la vita, e la convinzione di dover mostrarle specialmente a chi non aveva vissuto quei momenti, h a n n o c r e a t o u n p a r t i c o l a r e momento pittorico, parallelo a quelli, come le storie di biciclette o le architetture mediterranee, che avevano portato Eva Fischer ad una certa notorietà. Fra le emozioni più forti, la curatrice Francesca Pietracci ha scelto di mostrarne due in occa- sione del Giorno della Memoria 2016. Il "Talled di mio padre" rappresenta una di quelle imma- gini che si tatuano sul cuore di un bambino. Il Talled è una sorta di scialle da preghiera, per i rituali religiosi ebraici. L'opera esposta è del 1947 e da poco l'uccisione del rabbino-capo Leopold Fischer, padre di Eva, era stata data per certa. "Chi salva una vita, salva il m o n d o i n t e r o " è s c r i t t o n e l Talmud, ma nelle altre cinque opere esposte, sono raffigurati quei sei milioni di esseri cui non riuscendo a togliere la loro uma- nità, il nazismo ha bruciato le identità, una ad una, lasciando solo pile di scarpe ed altrove montagne di denti in oro, valigie, pettini accatastati o occhiali. Le scarpe sono appese ad un chiodo come gli impiccati ai lampioni di Belgrado, oppure sono vecchie, ma vorrebbero ancora calpestare il suolo mentre Eva le immagina nel cielo. La corsa dei bambini viene interrot- ta perché troppo naturale, la vita passata senza un padrone è lon- tana da una tirannia idolatrata da un intero popolo. Queste scarpe si ritrovano in questa mostra per dare assieme forza alle loro punte e calciare ancora oggi coloro che negano la storia, coloro che cercano dei motivi, coloro che chiamano fol- lia un desiderio sanguinario, mentre tutto sembrava normale, dovuto, oppure celato dietro ai "non sapevo". Eva Fischer? Immaginate un bambino che si ferma ad ammi- rare l'arcobaleno, mentre una bicicletta innamorata perde la strada. Dall'oblò si delinea il fascino di una città lungo le sponde del Mediterraneo, e lo sguardo cerca la propria casa, muro dopo muro. Si intravedono figure che lavorano o giocano a carte, ombrelloni che nascondo- no i vecchi banchi dei mercati rionali. L'arcobaleno si propaga lungo le strade della memoria, poi improvvisamente si azzera nel vuoto, e sale l'urlo straziante di milioni di persone alle quali una forza crudele ha strappato l'identità. Resta quel bimbo, superstite fra i colori del cielo, a raccontare il passato e fermare il presente dell'uomo. Eva Fischer può essere anche questo agli occhi di un visitatore impreparato. Una lunga vita pittorica, sug- gellata da 130 mostre personali in giro per il mondo, nella quale l'artista ha raccolto pareri, giudi- zi e impressioni espresse attra- verso varie simbologie, forme e graduazioni coloristiche. Era l'ultima rappresentante della "Taled di mio padre", del 1947: il ricordo paterno nell'arte di Eva Fischer ALAN DAVID BAUMANN CULTURA ARTE LIBRI PERSONAGGI "Corsa interrotta"del 1987. Eva Fischer ha viaggiato molto anche negli Usa, dove le sue opere sono molto apprezzate da collezionisti ed estimatori

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