L'Italo-Americano

italoamericano-digital-6-9-2016

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GIOVEDÌ 9 GIUGNO 2016 www.italoamericano.org 36 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | GRAND TOUR VIAGGI ITINERARI TERRITORIO Sulle rive del Lago d'Orta tra i misteri dell'Isola di San Giulio P rima di trasferirmi in Alto Adige, paesaggio di mon- tagne e regione ricca di varia vegetazione, ero solito por- tare la famiglia in vacanza dalle parti del Lago Maggiore. Nella Valle Strona, tra il Lago d'Orta, il Lago Maggiore e il piccolo Lago di Mergozzo, andavo in una cittadina a mezza costa del monte Cerano, con di fronte il Mottarone: Casale Corte Cerro. Nei dintorni ci sono Arona, Stresa, Intra, Pallanza, Verbania; poi Domodossola, e, nella Val Vigezzo (Centovalli), Druogno, Re, S. Maria Maggiore; Verdasio, Ascona e Locarno nella Svizzera italiana. Ad ovest, Crusinallo, Omegna e Orta. L'ultima volta che abbiamo soggiornato a Casale Corte Cerro fu a luglio del 1979, l'anno suc- cessivo alla pubblicazione del romanzo-racconto di Gianni Rodari: "C'era due volte il baro- ne Lamberto, ovvero i misteri dell'isola di San Giulio" (1978). Di Gianni Rodari, i miei figli avevano ascoltato i racconti e le poesie, alcune delle "filastrocche in cielo e in terra" o delle "favole al telefono", dei ricercati e vivaci limerick o dei dissacranti e acuti componimenti del "libro degli errori". Sicché per la vacanza di quell'estate del 1979 sembrò un obbligo, oltre che visitare Omegna, città natale di Rodari, fare anche un'escursione sull'i- sola di San Giulio, al centro del lago d'Orta, sede di quei "miste- ri" di cui si narravano le meravi- glie nel romanzo di Rodari. Tra le stranezze che ci capitò LUIGI CASALE ci accorgemmo che quell'albero era della stessa specie di quelli che avevamo conosciuto quella stessa estate nell'isola di San Giulio. A Bolzano, dove fui trasferito per motivi di lavoro, imparai a notare che tutti gli alberi dei par- chi pubblici, e i filari che costeg- giano le strade, erano contrasse- di elencare sull'Isola (come il piccolo approdo nelle prossimità della chiesa; la brevità della pas- seggiata per percorrere l'intera isola; la bellissima chiesa roma- nica col pulpito in pietra nera locale; la foresteria della piccola comunità di suore di clausura che dava direttamente sul lago, di fronte all'imbarcadero di Orta; tuati alla macchia mediterranea. Ci colpì in particolare una pian- ta: un albero massiccio che pre- sentava dei frutti a grappolo dalla forma di mandorle essiccate, un po' più bruni, più gonfi, più appuntiti, e, data la stagione, più secchi. Nel raccoglierne da terra qualche esemplare ci accorgem- mo che si trattava di gusci legno- vacanza in Piemonte, sul finire della stagione estiva trovammo mia madre alle prese con un pro- blema. I rami di un albero molto rigoglioso le occupavano il vano della finestra, impedendo alla serranda di srotolarsi. Per la verità quella non era la prima volta che vedevo mia madre costretta a potare l'estremità di gnati da una targhetta col nome volgare e il corrispondente nome scientifico della pianta. In quel tipo di costumanza non pensavo tanto alla correttezza ammini- strativa o al senso civico, ma evi- denziai solo la funzione pedago- gica verso i ragazzi della scuola, e più ancora verso la popolazio- ne in genere. Dopo qualche mese, provai emozione quando in visita al Museo (ex palazzo vescovile) di Bressanone, lungo l'antico fossa- to mi accorsi che un magnifico, colossale, albero secolare, identi- co sia a quelli che avevo visto nell'isola di San Giulio sia a quello del cortile dell'abitazione di mia madre a Pompei, portava la sua brava targhetta dove, insieme alla data da cui se ne documentava la presenza in quel sito, c'era anche il nome della pianta: Paulownia Tomentosa. Così ho conosciuto la Paulonia. Oggi quella pianta la rivedo lungo gli argini del fiume Isarco che attraversa la città, e in qualche prato condominiale, in tutte le stagioni, con le sue gran- dissime foglie a forma di cuore, con la sua infiorescenza di cam- panelli azzurri, con i suoi grap- poli di frutti essiccati. l'esiguità del numero di costru- zioni; la stessa mancanza di per- sone circolanti che facevano sembrare l'isola disabitata), notammo una curiosa vegetazio- ne, ancora più strana per noi abi- si, leggermente aperti verso la punta. E per il fatto che ci fossero estranei e sconosciuti, ne dedu- cemmo che si trattasse di una vegetazione lacustre. Quell'anno di ritorno dalla quei rami che oltre ad ostacolarle la vista, bloccavano l'uso dell'in- fisso. Era costretta a strappare foglie e frasche per liberarsi dall'invadenza della pianta. Grande fu lo stupore quando La Paulownia tomentosa dalle fioriture molto decorative adorna in primavera il lungolago. Orta San Giulio fa parte del circuito dei borghi più belli d'Italia L'Isola di San Giulio è l'unica del lago d'Orta è abitata sin dal Neolitico. Ha un perimetro di 650 metri ed è quasi tutta occupata dall'abbazia Mater Ecclesiae

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