L'Italo-Americano

italoamericano-digital-6-23-2016

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GIOVEDÌ 23 GIUGNO 2016 www.italoamericano.org 30 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | C hi sceglie di andare a Faenza nei prossimi giorni troverà un centro storico decorato con gli stendardi dei rioni che delineano i confini di quattro dei cinque rioni che fanno parte del Palio del Niballo che si terrà il 26 giugno. Il centro è divi- so in quattro e ciascun rione prende il nome da un colore: il Rosso, il Nero, il Verde e il Giallo. Però, come succede spes- so in molte città italiane, soprat- tutto quelle risalenti a molto prima del Medioevo, il quinto rione non si considera parte della città storica. Fuori delle antiche mura della città della ceramica si trova il Borgo che fino a due anni fa, durante il periodo del Palio si chiamava il Rione Bianco, ma che ora ha ripreso il suo nome storico: Borgo Durbecco. Una scelta compiuta per ufficializzare la propria identità indipendente. Infatti, molti borghigiani non dicono che vanno "in centro" quando vogliono andare al mer- cato o a fare la spesa, bensì dico- no di "andare a Faenza" e nel corso del Palio, questo atteggia- mento indipendentista, è motivo di una rivalità spietata tra il Borgo e gli altri quattro rioni cit- tadini, in modo particolare con il Rosso e il Nero. L'astio tra il Borgo e i concit- tadini non è nuovo e fu l'origine di un incidente molto particolare nella città all'epoca papalina. Nel 1824 il Cardinale Rivarola, governatore della Romagna per lo Stato Pontificio, cercò un rimedio alla violenza tra i faenti- ni anticlericali (i cosiddetti sanfe- disti) e i borghigiani papali (i cosiddetti papaloni). Perciò deci- se di sposare dodici faentini con dodici borghigiani, scrivendo persino la musica della cerimonia nuziale. Come descrive Salvatore Balzola nel sito www.historia- faentina.it l'iniziativa del Cardinale non finì bene e sentia- mo ancora in questa città gli echi degli scontri secolari durante il Palio. Dobbiamo riconoscere che le rivalità faentine non sono niente in confronto a quelle tra le con- trade di Siena e altre città italiane che riflettono una Storia italiana segnata da scontri tra uno o più gruppi che hanno macchiato il Paese con sangue e fuoco sin da prima dell'epoca romana. Basterebbe leggere qualsiasi libro scolastico per vedere le guerre degli Etruschi, le lotte tra Orazi e Curiazi, come anche tra Dal Palio del Niballo di Faenza alle rivalità storiche che non riusciamo a superare monarchici e repubblicani nella Roma antica, per proseguire poi con le lotte micidiali tra Guelfi e Ghibellini che ispirarono la Divina Commedia di Dante e che continueranno poi fino ai nostri giorni. Da questi conflitti tragici e divisivi nacque un detto tanto famoso quanto triste perché spie- ga in poche parole l'incapacità nazionale di sapere agire in modo unitario e decisivo: "Con Franza o Spagna purché se magna". E' attribuito al politico e scrit- tore del primo Cinquecento Francesco Guicciardini (che era stato prima ambasciatore di Firenze in Spagna, presso la corte di Ferdinando il Cattolico e poi, tornato in patria, aveva sostenuto un'alleanza con i fran- cesi per fermare lo strapotere dello spagnolo Carlo V e salva- guardare un po' di indipendenza della Penisola italiana) e dice in otto parole il motivo per cui l'Italia non riesce ancora oggi a creare una vera identità naziona- le. Non solo ci ostiniamo a pen- sare ai nostri affari personali prima di quelli del Paese, ma siamo così ossessionati dal nemi- co in casa che siamo pronti a fare accordi con gli stranieri pur di bloccare il nostro rivale domesti- co. In questo modo, in quasi ogni decennio di ogni secolo della nostra Storia scopriamo che il nostro amico nuovo è peggio del nostro nemico della porta accan- to. Peggio ancora, non ci limitia- mo solo al campo politico, ma lo facciamo persino nei campi spor- tivi e non semplicemente nelle tifoserie calcistiche. Sarebbe facile dire la Juventus contro tutte la altre società di calcio, ma in quel modo scordiamo come per anni l'Italia sportiva era divi- sa tra chi faceva il tifo per Bartali o Coppi, oppure Saronni e Moser tre decenni dopo. Sarebbe bello se questo "tifa- re contro" si limitasse solo alle gare domestiche, ma siamo così convinti dei difetti dei nostri rivali che siamo pronti a festeg- giare sconfitte internazionali di squadre italiane. Non scorderò mai la notte del 1998 durante una vacanza in Italia quando non dor- mii dopo la sconfitta della Juventus contro il Real Madrid in Champions League, non per la sconfitta di per sè, ma per i clien- ti del bar sotto la finestra della mia stanza da letto che festeggia- rono la sconfitta fino alle ore pic- cole. Nessuno si sognerebbe mai di proporre di abolire le rivalità interne: non sarebbe normale. Però dovremmo cominciare a chiederci per quanto tempo dob- biamo continuare ad esportare le nostre rivalità domestiche sui palchi internazionali perché non facciamo male ai nostri rivali internazionali, ma facciamo danno a noi stessi perdendo trop- po spesso occasioni importanti sia per il prestigio del nostro Paese, che per la nostra capacità di dare al Belpaese un posto che la nostra Storia, la nostra Cultura e i nostri grandi personaggi di talento potrebbero dare a tutto il mondo. GIANNI PEZZANO Il Palio del Niballo di Faenza è una delle più antiche giostre medioevali ed è preceduto da un corteo storico a cui prendono parte oltre 400 figuranti SOCIETÀ & CULTURA COSTUMI PATRIMONIO TERRITORIO Nel Palio del Niballo, ogni 4° domenica di giugno, si sfidano i cavalieri dei 5 rioni di Faenza (Ph Paolo Genovesi)

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