L'Italo-Americano

italoamericano-digital-10-27-2016

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GIOVEDÌ 27 OTTOBRE 2016 www.italoamericano.org 41 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | RED CARPET PROTAGONISTI RECENSIONI FESTIVAL all'estero la mia professionalità e la mia esperienza e sono sempre stato bene perché ho sempre voluto provare nuove esperienze. L'Italo-Americano parla a una comunità composta da emigranti e dai loro discendenti che hanno un legame affettuoso con il territorio d'origine. Dino De Laurentiis, grande italiano che si trasferì a Los Angeles per produrre film, mi chiamava proprio perché voleva tenere insieme la professionalità italiana, valorizzare l'eccellenza italiana fatta di operatori del cine- ma e di sceneggiatori italiani, per tenere vicino a sé l'italianità. Proprio a Los Angeles, e con La Bibbia di John Huston (1966), ha raggiunto il suo primo grande traguardo con il suo manifesto affisso sul Sunset Boulevard di Hollywood. In quella occasione si è sentito arrivato? Arrivato no ma importante sì. La Bibbia prodotta da De Laurentiis fu il primo, sì. Essere sul Sunset con 20 metri quadri di manifesto portati dall'Italia direi che è davvero molto emozionan- te. Uno si sente importante più che arrivato. Ha vissuto a lungo a Los Angeles. Come la disegnerebbe oggi, con quale colore la dipin- gerebbe? Disegnerei proprio il Sunset Boulevard con lo scorcio di tutte le palme e lo Chateau Marmont, il famoso hotel che sta sul Sunset e soprattutto quei cartelloni giganti che identificano Los Angeles. Sceglierei la notte, con punti luce sulle spettacolarità che Los Angeles offre. e mi ha sorpreso soprattutto per i tanti giovani che l'hanno visitata. L'ho portata qui perché mi è stata data questa opportunità. All'inizio ero un po' perplesso ma bisogna cominciare da inizia- tive come queste per incentivare i giovani, per coltivare la loro creatività. In fondo Giovinazzo, un legame con il cinema di Hollywood, ce l'ha in casa visto che John Turturro ha origini qui. Sì e a suo tempo ho anche realizzato un bozzetto per "Il siciliano" di Michael Cimino, con Turturro e Christopher Lambert. C'è anche qui in mostra. Per caso. Nel sua carriera lunghissima ha visto cambiare molto il cine- ma e ha conosciuto sia quello di Hollywood sia quello della grande Cinecittà. Come giudi- ca il cinema oggi? Direi che oggi in Italia, a parte certe eccezioni, e sono veramente eccezioni, il cinema si è un po' appiattito. Considero invece l'e- stero, l'America, fonte di film buoni, interessanti. Hollywood resta una meta, grazie a buoni sceneggiatori che qui in Italia mancano. Lei è stato quando, ancora non si usava questa definizione, un cervello in fuga. Ritiene importante per un giovane creativo, un talento italiano, fare un percorso di arricchi- mento personale e di formazio- ne all'estero? Sicuramente. All'estero s'im- para e si fanno esperienze che non si possono fare in una dimensione provinciale, ed è assolutamente impensabile in un mondo globale come quello di oggi. Lei è di Treviso e il Veneto è storicamente una terra di emi- grazione. Si è mai sentito un emigrante? Assolutamente no perché sono sempre stato richiesto. Non sono mai emigrato ma ho portato Il cinema che ha reso grande Renato Casaro: nei suoi cartelloni la memoria visiva mondiale dei film Continua da pagina 40 indietro? No, tornare indietro no, però direi che si potrebbero combinare le due cose. Non usufruirei solo della tecnologia ma inviterei a sfruttare meglio la creatività per produrre cose importanti. Anche in questo l'America è un passo avanti rispetto all'Italia e all'Europa in genere. Con la computergrafica si perde anche la manualità, la tattilità dell'opera, il contatto fisico ed emotivo con la carta, con il disegno. Sì, e poi è evidente che biso- gna conoscere il prodotto cine- ma, devi essere innanzitutto un grande amante del cinema. Se lavori in un'agenzia dove oggi produci il lancio di un sapone da lavatrice e domani crei immagini per un film non puoi viverne lo spirito. Non si possono fare le due cose: per lavorare bene per il cinema devi fare solo cinema. Lei rappresenta la storia contemporanea dell'illustrazio- ne made in Italy, soprattutto quella legata al cinema. A New York l'hanno messa tra i "big 5", i migliori del settore. Lo sente come una conquista e un riconoscimento alla sua carrie- ra lunghissima o c'è la possibi- lità di evolversi ancora, cioè lo sente non un punto di arrivo ma una tappa del percorso? Io ho sempre cercato di fare il massimo finchè ho potuto, dando sempre il meglio. Oggi credo di avere smesso perché, data anche l'età, ho pensato che è giusto fer- marsi all'apice della carriera. Oggi comunque potrei fare anco- ra qualcosa. Se mi proponessero una sfida la accetterei. Anche con la tecnologia moderna del graphic computer. Aspetto l'oc- casione. Da chi se la aspetta? Mah… aspetto una commis- sione importante. Più un regista americano o italiano? Le è rimasto un sogno nel cassetto? No, ma se oggi ci fosse Fellini prenderei Fellini come simbolo di questa sfida, come protagoni- sta della richiesta, come incenti- vo a fare. Fellini, che mi manca nella carriera, sarebbe l'esempio perfetto. La personale che ha portato a Giovinazzo, in Puglia, è una delle più complete e importanti con una cartellonistica che va dal 1955 al 1999. Come mai ha scelto di farla? Cosa ha voluto comunicare attraverso questa mostra? Mi ha commosso la partecipa- zione. Mi ha entusiasmato molto Casaro è considerato l'ultimo llustratore del cinema italiano ed è fra i 'big 5' del mondo (Ph Nadine Minafra) L'Italo-Americano ringrazia il maestro Renato Casaro che ha gentilmente autografato una copia del nostro giornale per salutarne i lettori e la "sua" L.A.

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