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GIOVEDÌ 10 NOVEMBRE 2016 www.italoamericano.org 34 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | Angelo J. Di Fusco, CPA Tax preparation & planning Financial statements & accounting Financial planning & budgeting Quickbooks professional advisor & small business consulting Let's team up to cut your taxes 25 years experience Parliamo italiano 818/248-9779 www.difusco.com HERITAGE MEMORIA IDENTITÀ STORIA RADICI Pennica, pisolino, siesta o riposino: l'importante è farlo dopo Mezzogiorno LUIGI CASALE P erché il riposo pomeridia- no si chiama siesta? La "s ies ta" è il "ripos o di dopo mezzogiorno". Evidentemente è una parola della lingua spagnola, derivante dalla parola latina "sexta" ( cioè la sesta: numerale femminile; nell'ordine viene dopo la quinta e prima della settima). Oggi, però, in spagnolo per dire sesta si dice sexta, essendosi mantenuta la forma dotta, quella del latino. Mentre in Italia la sie- sesta siamo intorno a mezzogior- no. Nella lingua portoghese, inve- ce, i giorni della settimana si chiamano col numerale ordinale apposto al sostantivo "feria" (cioè festa), secondo la tradizio- ne ebraico-cristiana che fa inizia- re la settimana "il giorno dopo il s abato" poi chiamato "dies dominica" (cioè il giorno del Signore: la domenica). Così, continuando la conta, il lunedì è il secondo, e via di seguito. E come le comunità cristiane contavano le giornate con l'ag- gettivo numerale (in linea con la cultura ebraica), così i Romani contavano le ore del giorno. Quindi l'hora sexta corrisponde, grosso modo, al periodo di tempo appena passato il mezzogiorno. Perché dico grosso modo? Perché i Romani non avendo la necessità di pagare il lavoro ad ore, né avevano treni o aerei da prendere, e neppure avevano il segnale orario, o facevano uso di orologi di precisione (pur avendo strumenti di una certa precisione che in maniera empirica erano molto affidabili nella misura di segmenti temporali), per la scan- sione della giornata si regolavano sta (a Roma, la pènnica; altrove, il pisolino) si chiama proprio "siesta". E il pensiero corre allo stereotipo del messicano seduto per terra, appoggiato al muro col s ombrero calato s ugli occhi, mentre nella calura pomeridiana fa la sua "siesta", il riposino. I Romani chiamavano le ore del giorno con il numerale: hora prima, hora tertia, hora sexta, ecc. fino alla dodicesima, dal sorgere del sole fino al suo tra- monto. Ciò comportava che le ore durassero di più d'estate e fosse- ro più corte d'inverno. All'ora solo con la luce del sole, quando compariva; se no con l'esperien- za del vissuto giornaliero. La giornata iniziava all'alba e termi- nava al calar del sole. Perciò nel contare le ore ave- vano questa convenzione: da quando sorgeva il sole fino a quando tramontava erano 12 periodi di tempo che chiamavano horae, quelle che noi oggi chia- miamo ore. A metà di questo arco di tempo (dall'alba al tra- monto) terminava la sesta ora (praticamente, mezzogiorno). Quindi la siesta era il riposo che cadeva dopo mezzogiorno.