L'Italo-Americano

italoamericano-digital-6-1-2017

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GIOVEDÌ 1 GIUGNO 2017 www.italoamericano.org 40 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | Deportazioni e lavori forzati. A tu per tu con i ricordi veneziani dell'internato militare Mario Pozzana I l 25 aprile è stata, come tutti gli anni dal 1945, una giornata sto- rica per l'Italia. Si festeggia la Liberazione dal Nazifascismo. Ogni anno la memoria palpita orgogliosa nelle vene di vecchie e nuove generazioni, unendole in un ideale fronte uman(itari)o nella condanna alla brutale dittatura perpetrata da Mussolini e Hitler. In molte case ancora, da nord a sud della Repubblica, si tramanda- no le storie dei "propri vecchi". Uomini, donne e bambini che guardarono in faccia l'orrore, riu- scendo a sopravvivere nelle condi- zioni più estreme. Fra loro ci fu anche il venezia- no Mario Pozzana, scomparso pochi anni or sono, la cui eredità e memoria continua a rivivere nel figlio Roberto e nei tre nipoti. Mario Pozzana era un giovane di appena 21 anni quando venne arruolato e spedito in guerra, nel- l'attuale Croazia, distaccato nella caserma di presidio e lontano dalla prima linea. Con l'Armistizio di Cassibile dell'8 settembre 1943 siglato dal neo-governo Badoglio che ratifi- cava il cessate il fuoco contro le forze anglo-americane, le cose non migliorarono. Per i nazisti quella dichiarazione trasformò gli Italiani in nemici, o comunque in non-alleati che pertanto ne dove- vano subire le conseguenze, Mario incluso. "La caserma venne subito occupata dai tedeschi" rac- conta Roberto Pozzana, figlio di Mario. "Per sua fortuna, in quanto ufficiale, godé di un trattamento di favore. Venne a ogni modo cari- cato su di un convoglio verso quei famigerati campi di lavoro ma LUCA FERRARI Partigiani garibaldini in piazza San Marco a Venezia nei giorni della Liberazione dai nazi-fascisti no mai violenze. Aveva imparato il tedesco. Credo che ciò lo avesse messo di buon occhio con il capo contadino". Una storia finita bene ma non si può dire lo stesso per tutti colo- ro passati sotto la graticola nazi- sta. Furono decine di migliaia i cosiddetti "Imi – Internati Militari Italiani (Italienische Militär- Internierte)". Una condizione molto pericolosa per tutti coloro che vennero etichettati come tali, poiché agli occhi di Hitler non andavano considerati come pri- gionieri bensì come internati mili- tari e dunque non giuridicamente protetti dai diritti della Convenzione di Ginevra. Vennero catturati ovunque, Balcani inclusi, e impiegati coattivamente in vari settori: industria pesante, miniere e via via per lavori specializzati e non, incluso il campo agricolo. Ne morirono moltissimi, in parte per le condizioni e i maltrattamenti, in parte per i bombardamenti alleati. "Se mio padre non è morto e io sono nato, è stato tutto frutto del caso" continua Roberto nel suo racconto dalla propria abitazione a Venezia. "Sebbene i tedeschi fos- sero maniacali nel redigere i rap- porti, la scelta di inviarlo in un posto piuttosto che un altro, fu del tutto casuale. La sua liberazione poi avvenne in modo molto natu- rale, con la progressiva conquista della Germania da parte degli Americani nel maggio-giugno '45". Anche a Venezia, quest'anno, si è celebrato il 72° anniversario della Festa del 25 aprile, o della Liberazione. Nel meno bellicoso terzo millennio, l'Europa sta attra- versando un periodo molto diffici- le e complesso. Spinte secessioni- ste e populiste, terrorismo spaccia- to per guerra religiosa (o di civiltà) e correnti xenofobe sem- pre più minacciose, rischiano di minare le basi della convivenza e della democrazia. Ma 80 anni fa il all'epoca non si conosceva che cosa vi avvenisse (lo si scoprì il 27 gennaio 1945 quando l'Armata Rossa aprì i cancelli di Auschwitz, ndr). La sua destinazione fu il Nord Europa, presso un campo di smistamento in Olanda. Qui le condizioni non furono per niente facili. Si ammalò gravemente ai pol- moni, riuscendo comunque a sopravvivere e fu così che venne spedito a lavorare in una fattoria nel sud della Germania. Lì la situazione cambiò. Lavorava molto, specie d'estate ma il cibo non gli mancava mai, inoltre né lui né un suo commilitone subiro- L'ufficiale veneziano Mario Pozzana fu un internato militare panorama era ancor più drammati- co. Il Vecchio Continente era reduce da conflitti infiniti, una prima devastante Guerra Mondiale e si stava apprestando a viverne una Seconda che avrebbe causato un'autentica ecatombe. "Abbiamo portato i nostri figli in Normandia, sui luoghi storici dello sbarco" racconta ancora Roberto. "Fa davvero impressio- ne. Fin da bambini i miei figli sono sempre stati colpiti dalle sto- rie del nonno. Camminando su quelle spiagge, le parole hanno trovato ancora più sostanza. Al giorno d'oggi tutti viviamo in un'Europa unita e senza confini. Allora non era così e ripensarci fa ancora più impressione". Sono alle ultime battute con Roberto Pozzana quand'ecco pas- sare Ludovica, la figlia maggiore di Roberto e di sua moglie Laura. La vedo uscire mentre si sta recando all'università. Lei, come suo padre, sono la prova esistente di come la Vita abbia saputo trionfare sulla guerra. Parole sin- cere e veritiere si, oggi però non bastano più. Agli albori di un'epo- ca confusa e dalle inquietanti similitudini col passato, è tempo di imparare davvero dalla Storia perché le future generazioni non debbano più rischiare di scompari- re dietro il filo spinato o sotto le bombe. SOCIETÀ & CULTURA COSTUMI PATRIMONIO TERRITORIO

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